Come mi aveva preannunciato Bruno Morchio nell’intervista a margine del festival “È stato il maggiordomo” di Verbania lo scorso anno, ritroviamo Mariolino Migliaccio in una nuova, amara avventura. Un personaggio che, sin dal suo esordio in “La fine è ignota” (premiato con il prestigioso Premio Scerbanenco nel 2023), ha conquistato i lettori. Nella stessa intervista, descrivendo il suo personaggio, Morchio mi aveva detto che: “Mariolino è un giovane uomo, ha fatto il liceo, ha degli interessi culturali, un po’ anomali per un trentenne, gli piace il cinema americano anni ’40.”
In questa nuova indagine, Mariolino si ritrova a investigare, senza compenso, sulla morte di un giovane immigrato, ufficialmente archiviata come overdose. Nonostante la necessità di trovare un lavoro retribuito, non riesce a dire di no a Milca, la ragazzina albanese che aveva salvato dalla prostituzione minorile. Quello che inizia come un gesto di solidarietà si trasforma presto in una pericolosa inchiesta. La scena del crimine appare contaminata, e attorno a sé Mariolino sente ergersi un muro di silenzi e minacce. Qualcuno gli manda “segnali” molto chiari: sarebbe meglio per tutti, lui per primo, se lasciasse perdere. Anche l’ispettore di polizia che ha seguito il caso sembra aver preferito la versione più comoda: la morte di un tossico straniero, tanto “si sa che straniero fa rima con delinquente”. Ma Mariolino non è tipo da accontentarsi di mezze verità. A sostenerlo, in un rapporto tanto improbabile quanto efficace, c’è l’ispettore Spaggiari: rude e razzista, ma pur sempre disposto a collaborare pur di smascherare l’inerzia di un collega.
Fra i tanti personaggi che ruotano attorno a Mariolino, una menzione particolare la merita Anghel, suonatore di violino che con le sue parole, gli fa comprendere, o lo fa riflettere. …” mi arrivano alle orecchie le note inconfondibili del violino di Anghel. la sua vista mi riempie di speranza, è la persona giusta che può aiutarmi a rimettere insieme i pezzi.” e ancora, dopo che Mariolino gli ha raccontato dell’indagine e dei pericoli per se e per Alina e suo figlio e anche di quanto è successo fra di loro, Anghel gli domanda alla fine di un dialogo molto interessante fra di loro, quasi divertito: “ma felicità per te non sarebbe abbastanza?”
Accanto all’indagine principale, prosegue la ricerca personale di Mariolino sulla morte della madre, Wanda. Nuovi indizi lo portano a indagare su un misterioso cliente di nome Fredo e sull’esistenza di una “sorella” di sua madre, di cui ignorava l’esistenza, ricostruendo pezzo dopo pezzo il puzzle del passato attraverso i ricordi di chi ha frequentato sua madre, Soledad, Gianco e Luigi con il quale la madre ha avuto una lunga storia.
Interessante anche la svolta nella sua sfera affettiva: la sua protetta Milca è innamorata di lui, lui è sempre attratto da Fatima ma Alina gli è entrata in testa. Chissà che nella sua vita non possa avvenire un cambiamento importante.
Scritto in prima persona, il romanzo ci permette di calarci completamente nella storia e di vivere Genova attraverso i suoi carruggi, le sue luci e le sue ombre. “La morte non paga doppio” è un noir che fa della denuncia sociale il suo perno, mettendo a nudo senza ipocrisie lo sfruttamento dei più deboli: dalla prostituzione minorile al lavoro nero in edilizia. È un racconto amaro che ci costringe a guardare in faccia le vite che preferiamo ignorare.
Bruno Morchio si conferma un maestro del noir mediterraneo, in un libro assolutamente da leggere.


