Bruno – Benvenuto su Giallo e Cucina!
Bruno Morchio ha lavorato come psicologo e psicoterapeuta in un consultorio pubblico, ora si dedica a tempo pieno alla scrittura. Si è laureato prima in Lettere moderne e poi in Psicologia. Ha esordito come scrittore all’inizio degli anni Duemila, creando il personaggio dell’investigatore privato Bacci Pagano, ironico e disincantato, prima con la casa editrice Fratelli Frilli e poi con Garzanti. Ha vinto il Premio Scerbanenco 2023 con il nuovo personaggio Mariolino Migliaccio. È in libreria con “Le ombre della sera – un’indagine senza capo né coda”, Garzanti edizioni.
1.MaBal – Bruno, ti aspettavi di vincere il Premio Scerbanenco per “La fine è ignota”, con il tuo nuovo protagonista Mariolino Migliaccio?
B.M. Mi aspettavo di vincere il Premio Scerbanenco, perché dopo quattro volte che mi selezionano, belin, se non me lo danno sono proprio canaglie (il sostantivo è mio, Morchio ha usato un’espressione più forte nell’intervista) sono andato molto vicino con Bacci nel 2016 con “Fragili verità”, “Il piede in due scarpe” menzione speciale nel 2017, in cinquina con “Dove crollano i sogni”, entrambi per Rizzoli, il libro era molto bello e sono stato molto sfortunato perché c’erano fior di autori e il premio l’ha vinto Avoledo. e quindi dopo che arrivi in finale quattro volte, te lo devono dare. Non so dirti se avrei preferito vincerlo con Bacci. Ho scritto un monologo teatrale dove Bacci mi accusa di 1000 cose, di avergliene fatte di tutti i colori e forse non ha nemmeno tutti i torti e fra le altre dice: vinci il premio Scerbanenco e lo vinci con uno sfigato detective così.
2. MaBal – Che tipo è Mariolino Migliaccio? Ha la stoffa per diventare un personaggio seriale? Ho pensato che avrebbe potuto essere uno dei tuoi pazienti.
B.M. Mariolino è un giovane uomo, ha fatto il liceo, ha degli interessi culturali, un po’ anomali per un trentenne, gli piace il cinema americano anni ’40 (del secolo scorso n.d.r.), gli piace il jazz, però certo è un’altra cosa rispetto a Bacci, un’altra generazione. Mariolino è un traumatizzato. Hai ragione, avrebbe potuto essere uno dei miei pazienti, sia per il trauma dovuto all’uccisione della madre, per come la trova, sia per il fatto che la mamma lavorava in camera mentre lui studiava. È una situazione che se mi fosse capitata in consultorio, avrei subito segnalato al tribunale dei minori.
Sì, ne scriverò ancora. Mariolino è un un picaro, pensa, questa definizione me l’ha data all’ultima presentazione del libro, una professoressa, anche scrittrice, che mi ha fatto notare che il romanzo era picaresco. A questo proposito ho letto il libro “Lazarillo de Tormes” (è il più famoso romanzo picaresco n.d.r.) e in effetti devo darle ragione.
3. MaBal – Bruno, sono convinta che Bacci avrebbe simpatia per Mariolino. Pensi di far conoscere i tuoi due investigatori?
B.M. Sì Bacci avrebbe simpatia per Mariolino, lui è uno che sta dove accadevano le cose sbagliate e nonostante questo riesce ancora a vedere e aiutare gli altri. Veramente no, non ho pensato al crossover. Intanto è difficile far conoscere i due personaggi, tutti e due sono voci narranti e parlano in prima persona, perché intanto dovrei decidere la voce narrante, oppure forse adottare una terza persona che io ho usato pochissimo nei miei romanzi. Sono due voci narranti diversissime, perché Bacci parla esprimendosi in un italiano, abbastanza raffinato mentre Mariolino si esprime in un italiano molto più slang. E quindi quale sarebbe la cifra stilistica per potere fare incontrare questi due? Non so, non ci ho pensato.
4. Ma.Bal – Passiamo a “Le ombre della sera”, già dalla copertina scopriamo che è un’indagine senza capo né coda. Bacci Pagano è un uomo adulto, con una vita travagliata, sembra aver trovato un suo equilibrio e dopo quello che gli è successo ha un approccio diverso alla vita, a tratti sembra osservarla con un certo distacco. In questa “non indagine” lui si trova soprattutto a riflettere sul suo rapporto con Cesare Almansi, un’amicizia importante che però ha avuto una pausa di trent’anni e per caso è ripresa come se nulla fosse successo.
B.M. La domanda di fondo che aleggia nel libro è perché? Il romanzo rappresenta una vera e propria sfida è un’indagine nel proprio animo, che Bacci fa, portando alla luce l’essenza di se stesso. Per me è stato un mettersi alla prova dopo una lunga riflessione sul genere. Senza rivelare nulla, questa non indagine a Bacci svelerà fatti inaspettati. In “Le ombre della sera” Bacci non è stanco ma si pone il problema del futuro.
5. MaBal – So che esiste un gioco – “Bacci Pagano il gioco”, sei stato coinvolto nella realizzazione? Cosa ne pensi? Puoi dirci qualcosa in più?
B.M. Sì, sono cinque storie originali scritte per il gioco e sono cinque indagini a difficoltà crescente, è un gioco di ruolo. Una è ambientata in Sardegna, le alte sono ambientate tutte a Genova. Mi ha contattato la Demoela, sono quelli che hanno inventato il gioco Palanche (soldi, in genovese n.d.r.), che è un monopoli che si svolge a Genova. Sono molto bravi.
Pensa ho provato a giocare anche io, non ho mai fatto giochi di ruolo, per cui ho provato a giocarci a distanza di un po’ di tempo dopo che era uscito. Eravamo in campagna, con degli amici e abbiamo provato il primo. Io non mi ricordavo lo svolgimento, dopo due ore che giocavamo abbiamo piantato lì, anche perché si era fatta ora di cena, questo per dirti che non mi ricordavo assolutamente come andavano le cose. I ragazzi, che sono molto più bravi, ci arrivano molto prima.
6.Ma.Bal – Mi hai detto che Bacci verrà trasposto in una graphic novel, cosa mi puoi dire al riguardo?
B.M. Pensa, nel corso degli anni alcuni vignettisti hanno disegnato Bacci e lo hanno rappresentato esteriormente molto sgarruppato. Invece per chi ha letto attentamente le poche descrizioni che ne do sono quelle di un uomo molto attento, porta la Lacoste, molto curato, casual sportivo ma curato e invece no, l’hanno sempre rappresentato sgarruppato, praticamente come Mariolino. La graphic novel sarà basata su Maccaia e dovrebbe uscire a maggio (questo mese, l’intervista è stata realizzata in aprile a Verbania n.d.r.).
7.MaBal – Da un po’ di tempo a questa parte faccio fatica a trovare gialli che mi soddisfino, c’è troppa roba simile in giro, ho spesso la sensazione di un già letto. Devo dire che “Le ombre della sera” è altro rispetto al giallo e i suoi cliché. Tu come vedi il movimento in generale?
B.M. Ho scritto un saggio su questo che è uscito su Nazione indiana e anche un articolo su La Repubblica, credo che il discorso che fai tu sia verissimo, è una sensazione che ho spesso anch’io, prendi un libro nuovo e hai la sensazione di un già letto. Ora, da che parte la possiamo prendere? L’altro giorno ne parlavo con Pulisci. Lui dice: “secondo me, bisogna lavorare sui
contenuti, e non sulla struttura.” Io invece credo che bisogna lavorare sulla struttura, nel senso che il grande limite, a mio parere, di questa enorme produzione di gialli, è il fatto che è sempre più una letteratura di puro intrattenimento, dove l’elemento conoscitivo, che secondo me è fondamentale nella letteratura, tende un po’ a cadere, a disperdersi. Allora, la strada, qual è? Secondo me, le strade sono fondamentalmente due, io una l’ho tentata qui, con questo romanzo, una è quella di dire allo scrittore, mettiti un po’ in gioco, cioè metti della verità che sia tua, che abbia a che fare con la tua vita, cioè non puoi scrivere tutta la vita di morti ammazzati quando non ne hai mai visto uno, mettici qualcosa di tuo, poi puoi metterci il morto ammazzato, però mettici qualcosa che appartenga a te, infatti gli scrittori di valore lo fanno. Quindi l’esperienza personale, questo il primo aspetto. L’altro aspetto, secondo me è, quello del lavorare di più sul movente e un po’ meno sul chi è stato, la struttura enigmistica della ricerca di chi è l’assassino non è la strada maestra, perché ormai è stata più che esperita, la strada maestra è quella di lavorare sul perché, che tra l’altro vuol dire fare un operazione originale, anche perché nemmeno la cronaca riesce a chiarire. C’è un libro molto bello di Paolucci e Ronco, Tu uccidi ( Tu uccidi. Come ci raccontiamo il crimine, Antonio Paolucci, Paola Ronco, effequ,2023) e loro, in effetti dicono una cosa giusta, dicono che nella cronaca si tratta il delitto reale come un giallo, utilizzando tutti i canoni del giallo classico, ma diavolo se si riuscisse a esplorare un po’ la motivazione, invece la motivazione è quella, che va a connettere, la letteratura di genere con la grande letteratura, perché in fondo, nella grande letteratura ci sono alcuni grandi gialli, Karamazov, per dire Delitto e castigo, grandi gialli dove l’esplorazione è tutta sul movente, cioè il lavoro dello scrittore è tutto di scavo sul movente. Credo che quella possa essere strada, ora forse ce ne sono altre poi ciascuno cerca la sua. Anche perché la motivazione, quella che ti va a connettere il delitto come evento individuale con la società, a questo proposito la più brava sociologa dei femminicidi, è stata la sorella di Giulia Cecchettin che ha avuto il coraggio di dire, guardate che quello lì non è un mostro, è uno che porta alle estreme conseguenze i presupposti di una cultura patriarcale, cioè è stata geniale Elena, bravissima, in effetti è quello il punto. D’altra parte se tu leggi Simenon, anche in Maigret ma più ancora negli altri, nonostante lui fosse un uomo di destra, sicuramente forse anche un po’ implicato nel collaborazionismo, ma a livello letterario questo non significa niente, perché in realtà, Simenon quando ti fa l’ anatomia chirurgica del delitto, del crimine, prende un personaggio normale, in genere insoddisfatto e lo porta al crimine, e lo segue passo passo in realtà fa un lavoro ricchissimo di connessione con i valori, la cultura, le aspirazioni, la società, la tira in ballo la società, invece l’idea del giallo, è che il crimine sia uno strappo in un tessuto sano.
7. MaBal – Per scrivere un libro o un racconto parti dalla storia e poi pensi al personaggio o viceversa?
B.M. Tendenzialmente, parto da un nucleo drammatico, quindi, da una storia che genera un crimine, o comunque, un crimine che non necessariamente è un omicidio, nel libro di racconti che ho scritto l’unico, il libro di racconti che ho scritto, che hanno chiamato “Bacci cerca giustizia”, non c’è neanche un morto, non ci sono morti. Però la cosa che mi interessa è proprio il nucleo, diciamo, la vicenda su cui poi si va a puntare l’indagine, dopo di che è chiaro che il modo di svolgerla è molto diverso se a è indagare è Bacci, oppure se a indagare è Mariolino, perché Mariolino, parte da una situazione di delegittimazione che Bacci non ha, ha questa fame di riconoscimento, oltre che fame di cibo, fame di amore, di sesso, ha fame di riconoscimento e quindi lì ci devi mettere degli ingredienti che han che fare con questo rovello del personaggio che è un personaggio profondamente infelice.
8.MaBal – Bruno come scegli i libri che leggi?
B.M. A volte leggendo le recensioni che mi ispirano, spesso vado in libreria, a volte per l’autore che conosco, a volte per la problematica, in qualche modo ormai leggo non in funzione della scrittura ma so che se leggo quella roba lì potrebbe servire. Anche libri non crime, se affrontano nodi o temi che in qualche modo mi interessano che possono diventare oggetto di un lavoro. Ho spesso usato la metafora del mare. Se tu vai per mare in barca quando guardi un paesaggio marino non lo fai come il bagnante, è bello gli dà degli stimoli positivi. Se uno va per mare è abituato ad andarci, difficilmente lo guarda con gli stessi occhi, guarda pensarsi là in mezzo e secondo me quando tu scrivi diventi un lettore diverso, se lo fai sempre difficilmente quando leggi non pensi immediatamente a che cosa potrebbe diventare una certa cosa, anche se va detto che, il fatto di recuperare il piacere della lettura, il gusto della lettura, lasciarti portare, che è quello che spesso è difficile fare, io devo fare un sacco di presentazioni di altri autori, alcuni li leggo molto volentieri, altri un po’ meno, diventa un lavoro e sono contento perché invece da giugno mi prenderò una pausa e mi prenderò il tempo di leggere per il piacere di farlo anche per conoscere alcuni autori che non conosco e che ho la curiosità di leggere
9. MaBal – Per il nostro blog “Giallo e Cucina” è d’obbligo chiederti se hai un piatto/cibo preferito?
B.M. Avrei difficoltà a dirti un cibo che non mi piace, perché io sono veramente onnivoro. Quando mi dicono hai delle preferenze? Rispondo: basta che non mi date dei chiodi arrugginiti, se non sono arrugginiti ne possiamo parlare. Non so, ci sono alcuni piatti che sono un po’ i piatti della memoria, i piatti della mamma o del papà, i piatti che ti riportano, dove il sapore è la Madeline che ti riporta, diciamo alle cose belle dell’infanzia e allora questi sono fondamentalmente, diciamo, due piatti che sono la cima, un piatto genovese, è un ripieno molto elaborato, un piatto ricco, che era la specialità di mia madre, che io non mai più mangiato uguale. L’altro era invece la specialità di mio padre, che era un cuoco molto raffinato, molto bravo, che è lo stoccafisso accomodato, era una delle sue specialità, non l’unica, ne faceva anche altre. Un’altra che mi faceva mia madre era un’insalata, russa, con la maionese fatta da lei, straordinaria, che te la dava alla fine del pranzo di Natale, quando eri già strapieno, e lei diceva “questa lava”, figurati, una bomba calorica. Un’altra specialità di mio padre era il coniglio in salmì, perché la lepre non si trovava, lo faceva veramente molto bene. Poi a me piace molto il pesto, carico, nel senso che si deve sentire l’aglio, il pecorino, il pesto solo con il parmigiano non fa per me. Questi sono i miei piatti preferiti, i piatti rifugio.
Bruno Morchio, grazie per il tuo tempo e per le risposte