Recensione a cura di Edoardo Todaro
E’ grazie, anche, a NERO RIZZOLI se abbiamo tra le mani quanto ha scritto Frederic Dard. Ci ha lasciato a 79 anni, nonostante questo ci ha lasciato con dei libri intensi e degni in assoluto di far parte, a pieno titolo, del noir francese. Amico, il che vuol dire molto nell’ambito letterario, di Simenon, Dard ci conferma, leggendo “ La moglie del becchino “, se mai ne avessimo bisogno, del suo essere ritenuto tra i più importanti esponente del noir francese. Abbiamo letto, piacevolmente, “ Il Montacarichi “, “ I bastardi vanno all’inferno “ ed ora sotto con “ La moglie del becchino “. Tanti i riferimenti messi in campo da Dard in questo noir, Riferimenti che ormai possono essere considerati far parte di un altro tempo, come ad esempio la cabina telefonica. Ma non solo alcune cose superate dal tempo, anche alcuni comportamenti, sempre più rari come il ritrovamento di un portafoglio, ritrovamento sul quale si dipana il noir in questione. Dal portafoglio all’impresa di pompe funebri. Il protagonista di turno è un Blaise donnaiolo, amante della provincia, più che di Parigi, assillato dalla malinconia, dai sogni angoscianti, che si costruisce un proprio piano mentale e che ama l’insonnia in quanto miglior alleato dell’immaginazione, che nutre fiducia in se stesso, nelle proprie idee. Blaise in rapporto di amore/odio con Achille Castain, il becchino del paese, che vive nel rovistare nella propria spazzatura interiore. In tutto questo, risalta quanto Dard ci descrive rispetto alla vita detentiva, alla prigione che fa riflettere sul senso di precarietà della vita in generale, e della felicità in particolare. Una vita che per amore è possibile ammettere anche ciò che non si è compiuto. L’auspicio è che NERO RIZZOLI continui a scavare nei meandri nascosti, a ricercare ed offrirci un altro dei suoi noir sconosciuti ai più ma che possono arricchire gli amanti di questo intramontabile genere letterario.