Mato Grosso
Jacques Haret, autore francese di un bestseller ambientato in Brasile, arriva a Rio de Janeiro, dove è stato invitato da un editore brasiliano suo ammiratore. Alloggerà a casa sua, a Petropolis. Dormirà nella stessa stanza in cui Stefan Zweig – il suo scrittore di culto – e la moglie Lotte si sono tolti la vita. Ma dietro all’invito c’è un piano ben orchestrato: presto Haret scopre che l’editore non è altri che Figueiras, un ex poliziotto conosciuto trent’anni prima durante un soggiorno di alcuni mesi nel Mato Grosso, soggiorno che, avvenuto al tempo di un’inondazione storica del Pantanal, è l’argomento del suo celebre Romanzo brasiliano, nel quale il protagonista racconta la vicenda che lo ha portato a uccidere un uomo per puro orgoglio. Di mezzo, naturalmente, c’era una donna. Haret è caduto in una trappola: Figueiras vuole solo vendicarsi. La bellezza velenosa della giungla in cui si affonda fino ad annegare; la violenza del cielo e l’umidità delle notti; l’amore che fa impazzire e morire… È per fare pace con se stesso che Haret è tornato dopo trent’anni di esilio? O è percheé sente che è l’ultima volta? Mato Grosso è il nuovo, attesissimo bestseller dell’autore della trilogia di Yeruldelgger. Ian Manook abbandona la Mongolia per portarci in un Brasile lussureggiante e soffocante, popolato da avventurieri, trafficanti e poliziotti corrotti. Un noir di grande qualità, che ammalia e sorprende.
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Recensione a cura di Manuela Fontenova

Dopo la Mongolia del commissario Yeruldelgger, protagonista della fortunata trilogia edita da Fazi, Ian Manook torna ad incantare i lettori con le sue suggestive atmosfere e i personaggi memorabili, scegliendo un‘altra ambientazione che ben si presta alla sua penna. Siamo in Brasile, più precisamente nella regione del Mato Grosso, una scelta che va a braccetto con la storia che ci racconta: Mato Grosso significa infatti “giungla fitta”, e proprio nella giungla si svolge gran parte del romanzo. Ma la giungla non è solo il luogo in cui si consumano passioni, omicidi e vendette; in senso figurato Manook sembra riproporla nel suo intreccio narrativo, quasi ad invitare il lettore ad immergersi nella vegetazione selvaggia e insidiosa creata dalle sue parole, e a venirne ammaliato, quasi rapito.

Uno scrittore francese e un ex commissario di polizia si ritrovano di nuovo dopo trent’anni a discutere dell’omicidio di un uomo; non sarebbe successo se Jacques Haret non avesse deciso di confessare la sua colpevolezza in un romanzo bestseller, il “Romanzo brasiliano”. Figueiras non lo avrebbe invitato nella sua casa con l’inganno, la sua sete di vendetta non si sarebbe mai risvegliata. Ma perché quell’omicidio ha segnato così profondamente le vite dei due uomini? Cosa ha spinto il vecchio poliziotto a cercare vendetta dopo tutti questi anni?

Una narrazione che si articola su due piani temporali accompagna il lettore nella “fitta giungla” di eventi, personaggi e atmosfere che armarono la mano del francese anni prima. Siamo a Petropolis nel 2006 e il racconto procede con dialoghi serrati tra i due protagonisti, e poi siamo nel Mato Grosso nel 1976, ma a raccontarci i fatti non sarà la voce dell’autore bensì le pagine del famoso “Romanzo brasiliano” di Haret. Ed ecco un giovane francese in viaggio in un paese selvaggio ed affascinante, alla scoperta dei meravigliosi panorami del Pantanal, uno degli ecosistemi più affascinanti del mondo, che proprio nel 1976 fu interessato da un grave alluvione. Ripercorriamo le tappe della sua esperienza brasiliana, dai luoghi visitati ai numerosi e pittoreschi incontri. Così Figueiras si trasforma nel personaggio di Santana, c’è Paul il francese impegnato nelle riprese di un documentario, c’è la nostalgica Isabelle e la tanto amata Angèle. In questo vortice di volti e paesaggi, il lettore viene inghiottito da innumerevoli verità, le sue certezze vengono spazzate via ogni qualvolta Manook torna nel presente, e il confine tra la realtà e la finzione letteraria è così labile da non poter capire dove finisca una ed inizi l’altra.

Al centro di tutto un omicidio: un uomo è morto apparentemente per motivi passionali, ma cosa c’è davvero dietro? La storia è sempre è più ingarbugliata e devo dire che la scelta dell’ambientazione non fa che accentuare questa sensazione di confusione. Posti magici, esotici, perfetti scenari per lussuriose avventure amorose e delitti d’onore. Un Brasile colorato e ricco di contrasti, raccontato con la memoria di chi il paese lo ha vissuto e amato, il paese della Saudade…

“La saudade è l’anima del nostro paese, una forza profonda che di solito ci spinge a sopravvivere a ogni prova, a continuare a sperare. Impregna le nostre canzoni, i nostri romanzi, le nostre poesie”.

Mato Grosso ci viene presentato come un romanzo noir, ma io non credo che vada letto come tale; il libro va inteso come un viaggio, un’esperienza di vita e di crescita, una prova per ogni personaggio che incontrerete, alla ricerca di una verità effimera e dalle mille sfaccettature.

L’elemento noir, l’omicidio, è il pretesto che l’autore sfrutta per sondare l’animo umano: facendoci credere che tutto scaturisca da un delitto, si lancia in un’analisi dell’uomo e delle sue pulsioni primitive, che si lega sorprendentemente al tumulto della natura selvaggia che lo circonda.

Paulo Coelho nel suo Cammino di Santiago scrive: “Non è importante la meta, ma il cammino”. Se cercate la suspense o l’adrenalina non le troverete qui, ma se cercate un’esperienza suggestiva, allora lasciatevi prendere per mano dall’autore e fatevi largo nella “giungla fitta” che creerà per voi passo dopo passo.

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