Recensione a cura di Luciana Fredella
Con L’ultima canzone del naviglio, ritorna il commissario De Vincenzi, ribattezzato il poeta del crimine per la sua propensione alla lettura dei classici. Luca Crovi con questo romanzo mostra al lettore delle cartoline ritraenti la Milano degli anni Venti e degli anni Trenta ovvero una città che accoglie ma contemporaneamente subisce la modernità e l’innovazione. Con il pretesto dell’omicidio, l’autore costruisce una trama ben articolata che fonde la realtà con la finzione: vera è circolazione abusiva del vino Mariano, vero è il rifiuto di eseguire gli inni fascisti alla scala da parte del maestro Toscanini così com’è vero il suo forzato allontanamento da Milano, vera è la corsa presso l’autodromo di Monza che vide giungere a Milano oltre 10.000 autovetture, vero è il provvedimento per la chiusura de Navigli per favorire la viabilità delle auto, vero è il clima improvvisamente rigido, conosciuto come il grande freddo, che avvolse Milano nel 1929. Una particolare attenzione merita la copertina. Quella del romanzo è, come nell’Ombra del Campione, un’illustrazione di Jacopo Bruno, che è un ulteriore “cartolina illustrata” di Milano poiché, nonostante la neve del 1929, i tram continuano a girare mettendo in evidenza come la vita non si sia fermata al contrario delle altre grandi città durante quell’inverno. Anche questa volta Luca Crovi costruisce le sue storie dividendole in capitoli, ognuno dei quali può essere letto singolarmente ma che nell’insieme rendono la narrazione unitaria e di scorrevole lettura.