I luoghi del noir
 L’espertissimo Marco Frilli, fin da ragazzino divoratore di volumi e lavorativamente sempre nel settore editoriale, pretendeva dai suoi autori – oltre a una buona capacità di scrittura, trame adeguate e personaggi a ‘tutto tondo’ – una forte caratterizzazione ambientale delle loro storie, scelta vincente che permette ora al catalogo della casa editrice di spaziare dalle Alpi alla Sicilia. Questa antologia porta dunque il lettore a compiere un gran tour dei ‘luoghi del noir’ attraverso quarantotto racconti di autori che, per senso di appartenenza alla propria zona di nascita o di adozione, ne fanno scoprire non soltanto crimini e delitti, ma paesaggi, storia, società, tradizioni, aspetti sconosciuti e finanche cibi e vini locali. Ma non solo. Alcuni brani, ambientati in non-luoghi (come treni, cinema o improbabili ‘aldilà’) da sempre fonti di ispirazione per schiere di autori, creano la sensazione di essere in un posto che vede convivere il tutto e il nulla, dove ci si incrocia senza entrare in relazione o si fanno incontri, più o meno piacevoli, che cambiano la vita. Per finire: i cinquantadue scrittori – alcuni di loro scrivono in coppia – attraverso i loro investigatori “seriali” (spesso in compagnia dell’indimenticabile “gran capo” Frilli) che il pubblico dei lettori qui ritrova o può imparare a conoscere, ci mostrano con i loro racconti, ora spietati ora commoventi, come la linfa vitale assorbita dai propri territori sia indispensabile per creare noir brevi ma dalle righe tanto pulsanti da non poter che coinvolgere. A Marco, con inalterata amicizia. Armando D’Amaro
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Tutta una questione di firme.
Si parte da tre, tutte diverse e tutte importanti: la prima è quella di Armando D’Amaro, la troviamo in alto sulla copertina, che si è preso l’onere di mettere insieme l’enciclopedica bellezza di quarantanove (49! Lo scrivo anche in numeri, per sottolineare il concetto) racconti scritti da cinquantatre (53!) firme diverse, tra cui anche la sua che abbiamo già imparato a conoscere tra le pagine che hanno raccontato il suo Maresciallo Corradi. La seconda firma è quella di Bruno Morchio, che ha scritto una prefazione carica di delicatezza nei confronti di quello che, prima di essere stato il suo editore per anni, considerava un amico prezioso. La terza non si vede sulla copertina, non appare, ma forse è quella che pesa più di tutte le altre: è la firma di Carlo Frilli, editore ma soprattutto figlio innamorato di un padre che ha fatto mille cose e mille altre ancora e che, al momento di quel saluto da cui non si torna più indietro, gli ha lasciato in eredità una delle case editrici più interessanti dello scenario nazionale, quella “Fratelli Frilli” che ormai da vent’anni imperversa sugli scaffali delle librerie con le sue iconiche copertine bardate di giallo.
Così accade che per il quarto anno di fila Carlo decida di dedicare a quel padre appassionato di gialli un’antologia di racconti che vede alternarsi dentro le stesse pagine il meglio che il catalogo Frilli offre, e le firme degne di nota, anche in questo caso, sono tantissime: Mauro Biagini, Fabrizio Borgio, Massimo Fagnoni, Nino Genovese, Enrico Luceri, Achille Maccapani, Maria Masella, Roberto Mistretta, la premiata ditta Novelli&Zarini, Paola Varalli e sono certo di stare facendo un torto nel non citarne altri, perché gli autori che hanno voluto rispondere “presente” alla chiamata di Carlo sono davvero tantissimi e in un elenco così sterminato il rischio di non citare qualcuno talmente amato dal pubblico da meritare una sottolineatura è altissimo e scusatemi in anticipo se ho peccato di disattenzione.
La varietà di voci presenti garantisce varietà di stili, così si scivola lungo tutto lo Stivale una volta in scenari a tinte foschissime, altre volte in atmosfere più rarefatte o più ironiche, per poi ritornare al centro del tempo in cui le cose accadono e vivere le ore di una Genova schiacciata sotto al peso di un ponte che non ha voluto saperne di restare in piedi.
Genova, la città da dove tutto è partito e che ritorna sempre, come fosse un mare sicuro dove poter approdare. Ma nonostante questo, non è lei la protagonista di quest’antologia; con la sua idea di allestire un catalogo strettamente legato al territorio, infatti, il continuo viaggio che si fa tra queste pagine è la vera forza del tributo che Carlo Frilli ha voluto offrire al padre Marco, che rende la firma di quest’ultimo la più significativa di tutte: un’altra firma che non si vede, in absentia, come quella del figlio Carlo, ma di cui non si può fare a meno perché senza quella firma, senza quelle mani e quella faccia che appaiono di tanto in tanto nelle vicende che animano i personaggi, non sarebbe esistita la Fratelli Frilli Editori, non avremmo mai letto di Ispettori e Commissari e Marescialli che prima Marco e adesso Carlo scovano come cani da tartufo, con talento, esperienza e precisione.
Con un menù così ricco e sconfinato diventa difficile parlare dettagliatamente del contenuto, perché ce ne stanno davvero per tutti i gusti: personalmente ho amato in maniera più intensa degli altri la “Lettera a Marco” di Maria Teresa Valle e la sortita siciliana di Marco Frilli scritta da Roberto Mistretta, ma è stato come scegliere un petalo più bello tra quelli di una rosa dai mille petali. Anzi, dai quarantanove petali, quelli che Carlo Frilli ha scelto per ricordare, anche quest’anno, quel padre che gli ha regalato una passione, un mestiere, una platea di amici che ogni giorno scelgono di farsi compagnia con la Frilli Editore. E che a Marco Frilli dicono grazie.

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