Legittima vendetta
Per un ex galeotto, una coppia di poliziotti davanti alla porta di casa non può che significare guai. E quando Ike Randolph viene a sapere che suo figlio Isiah è stato ucciso a sangue freddo insieme al marito Derek, lasciando orfana una bimba piccola, il passato che pensava di essersi messo alle spalle gli crolla addosso. Al dolore si aggiunge la vergogna di non aver mai saputo accettare l’omosessualità del figlio. La stessa vergogna che prova Buddy Lee Jenkins, il padre di Derek, anche lui con un curriculum da delinquente di tutto rispetto. Oltre all’esperienza della prigione, i due uomini hanno poco da spartire: il primo è nero e dopo aver pagato il suo debito con la giustizia ha messo la testa a posto; il secondo è bianco, ha qualche problema con l’alcol e, a volte, con i neri. Buddy Lee e Ike si conosceranno al funerale, e nel giro di poco capiranno di dover fare un’ultima cosa insieme: mettere da parte il colore della pelle e rispolverare i ferri del mestiere per trovare i killer dei loro ragazzi e provare a redimersi, se possibile, dai propri errori. Non sanno che quest’impresa scoperchierà un vaso di Pandora pieno di odio e segreti. Con “Legittima vendetta” S.A. Cosby apre un nuovo capitolo del crime americano e mostra al lettore con realismo la faccia brutale degli Stati Uniti di Trump, dove il seme dell’omofobia e del razzismo è sempre pronto a germogliare.
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Se vogliamo capire le contraddizioni che caratterizzano la società statunitense, non ci resta che leggere S.A:Cosby ed il suo “ Legittima vendetta “. Due ex galeotti, coi i loro pregiudizi ben piantati in testa, vestono i panni degli investigatori, loro malgrado e con i loro metodi. Due investigatori con i quali nessuno vorrebbe avere a che fare. Due investigatori che ben rappresentano le divisioni esistenti: essendo uno nero, ed uno bianco. Due ex galeotti che non avevano nulla a che fare l’uno con l’altro, fino a quando i rispettivi figli vengono uccisi. Due figli gay. Avere il proprio figlio gay non è cosa secondaria in chi vive con i pregiudizi in testa. Da qui parte tutta la vicenda descritta da Cosby. I due “ investigatori “ maturano via via, la consapevolezza di quanto i pregiudizi condizionino, in negativo, la quotidianità, anche nel rapporto padre/figlio con una vita che, dopo quanto accaduto, non sarà più la stessa. Una consapevolezza che matura attraverso l’uccisone dei due figli e che li porta addirittura a giudicare banali i luoghi comuni che si ripetono immancabilmente quando muore qualcuno. Oggi capiscono cosa sono le ingiustizie sociali, cambiano i valori, ciò che prima ritenevano giusto, oggi non lo è più. Non possiamo non descrivere gli aspetti significativi dei due: il primo, Ike, nero e per un nero negli Stati Uniti, non è facile avere a che con gli sbirri; che in carcere ha imparato a leggere il linguaggio del corpo, perché il carcere, come proprio un nero, George Jackson ci ha insegnato, è a tutti gli effetti  scuola di vita, ed a possedere un sesto senso nel percepire una tragedia prima che questa si concretizzi; con il sacco da boxe che in realtà è l’unica cosa che unisce padre e figlio. L’altro bianco, con alle spalle 5 anni di galera capace di bersi 24 birre in un pomeriggio. Due che se sono diffidenti l’uno dell’altro, sono ancor di più diffidenti di una polizia che non fa un passo in avanti nel cercare i colpevoli degli omicidi. Due che hanno come riferimento il proprio passato da galeotto e quindi sanno che non esistono soluzioni non violente dei conflitti e che la violenza quando la vai a cercare la trovi di sicuro. Li unisce il senso di colpa per la perdita di un proprio familiare al quale non sono stati capaci di voler bene, il capire che la sessualità non può essere spiegata ne imposta e che anche quando esci ti senti sempre un detenuto perché la prigione non te la togli di dosso. Arrivare alla fine di queste 362 pagine non significa tanto l’individuare chi sono i colpevoli del doppio omicidio, e ciò avviene; ma ciò che  Ike e Buddy, due vecchi avanzi di galera, ci danno è una lezione ed un ammonimento a futura memoria: lasciare che le persone siano quello che sono e non solo negli USA.

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