Sto scrivendo questo pezzo il 21 marzo, primo giorno di primavera ma, soprattutto, la data di nascita di Luigi Tenco.
Tutti conoscono almeno approssimativamente la vita ma, soprattutto, la morte di Luigi Tenco.
Esponente della scuola genovese, quella di De André, Gino Paoli, Bruno Lauzi, Umberto Bindi: e questo lo sanno un po’ tutti. La relazione con Dalida, quella con Stefania Sandrelli amata da Gino Paoli, e le canzoni, soprattutto, Lontano lontano, Un giorno dopo l’altro che accompagna Il commissario Maigret, Vedrai vedrai, Mi sono innamorato di te, giusto per citare le più famose.
E tutti ricordano Sanremo 1967. E la famosa lettera di suicidio.
Suicidio?
“Macché suicidio, Luigi fu ammazzato!”, ha detto il musicista Lino Patruno in un’intervista di due anni fa. “Lui lo conoscevo benissimo”, sottolinea Patruno. “Era un giovane allegro e solare; quell’immagine da depresso cronico gli è stata cucita addosso dopo, per giustificare la tesi del suicidio”.
Ma torniamo a Sanremo.
Tenco ci va abbastanza controvoglia, canta Ciao, amore, ciao in coppia con Dalida, versione riscritta di Li vidi tornare, un brano antimilitarista. La canzone viene bocciata subito dalla giuria, e non viene salvata nemmeno nel ripescaggio.
C’è da dire che Tenco la canta in modo molto lento e molto strano, alcuni dicono in polemica con Dalida che la reputava una marcetta, altri dicono per aver assunto alcolici e farmaci.
Il seguito lo sanno tutti: Tenco viene trovato nella stanza 219 dell’hotel Savoy. Si è sparato alla tempia destra, in apparenza.
E tutti conoscono il biglietto d’addio.
«Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.»
“Secondo me Tenco si era ficcato in un brutto giro“, aggiunge ancora Patruni. “Per motivi di marketing lo avevano ‘fidanzato’ con Dalida, un brutto e ambiguo personaggio che andava in giro con un tale ancora più brutto e ambiguo di lei, Lucien Morisse. Morisse era il primo marito di Dalida “da cui aveva divorziato ed era rimasto al suo fianco in qualità di agente e personal manager. Si diceva che questo Morisse fosse addirittura legato al Clan dei marsigliesi… Si diceva anche che Tenco, quella sera, rivela Patruno, “era incavolato nero. Non per l’eliminazione della sua canzone, ma perché aveva scoperto che il Festival era tutto truccato. Forse voleva pubblicamente denunciare anche un giro di scommesse clandestine. Probabilmente qualcuno gli ha chiuso la bocca prima che potesse fare danni.”
Il critico musicale Mario Luzzatto Fegiz, rievocando 70 anni di Festival di Sanremo, scrive così su Luigi Tenco e il suicidio: “Sembrano veramente argomenti da cretino e Tenco cretino non lo era. Eppure la calligrafia era la sua. Pensate, dieci minuti prima di morire, Tenco aveva parlato al telefono con una ragazza. E si erano dati appuntamento all’aeroporto di Genova. È strano per uno che sta per ammazzarsi. Quella notte successe di tutto. Il corpo di Tenco fu spostato dal commissario Molinari senza essere fotografato. Poi fu riportato nella stanza per le foto. In seguito Ugo Zatterin, presidente della giuria e dirigente Rai, fece pressione al commissario Arrigo Molinari per chiudere rapidamente l’inchiesta e non danneggiare l’immagine del Festival. Non seguirono le indagini e il caso venne chiuso in fretta. Troppo in fretta.”
Secondo la versione ufficiale, il corpo di Luigi Tenco fu scoperto da Dalida alle 2 e 10. Ma una telefonata dall’Hotel Savoy dimostrerebbe che la scoperta era già avvenuta (forse dall’amico Lucio Dalla, che era nella stanza accanto). La polizia venne avvisata ben più tardi: alle 2.45.
Il commissario di polizia Molinari comunica di avere rinvenuto nella stanza 219 sia il biglietto d’addio che l’arma, una Walther Ppk 7.65 regolarmente detenuta. Il corpo riporta un foro di proiettile alla testa: l’entrata è sulla tempia destra. Soltanto nel 2006 si scopre anche un foro d’uscita, in un punto alto della calotta cranica.
Non viene eseguita l’autopsia, né alcuna analisi sul bossolo, sull’arma o sulla mano di Luigi Tenco per individuare tracce di sparo.
Il corpo viene fatto portare via. Nel giugno del 1967 il magistrato archivia la morte di Tenco come suicidio.
Negli Anni Novanta, però, i giornalisti Marco Buttazzi e Andrea Pomati scoprono particolari inediti sulla morte del cantautore.
Trovano, intanto, il fascicolo che la polizia aveva redatto nel ‘67 e che si credeva sparito.
Trovano anche le fotografie scattate dalla polizia nella stanza 219. Scoprono così che il corpo di Tenco era stato fotografato con le gambe infilate sotto il cassettone della stanza.
Grazie alla testimonianza dei necrofori, i due giornalisti scoprono che il cadavere è stato portato via prima delle foto ufficiali scattate dalla polizia alle 4.15.
In quelle foto, sotto il corpo, la pistola è diversa: una Bernardelli mod. 60.
Dopo che si era accorto delle foto non scattate – indispensabili per il fascicolo delle indagini – il commissario Molinari aveva ordinato di riportare la salma nell’Hotel Savoy, e di rimetterlo nella posizione in cui era stato trovato. In questo modo, la scena del crimine era stata compromessa.
Arrigo Molinari: personaggio controverso. Piduista, iscritto a Gladio, colpevole di lacune investigative nel caso di Milena Sutter (la figlia di un industriale sequestrata e uccisa), nel 2004 a Domenica In dirà a Paolo Bonolis: “Di sicuro non è stato un suicidio, è stato un omicidio collettivo.”
Un anno dopo verrà ammazzato a coltellate in una stanza d’albergo.
Sapremo mai la verità sulla morte di Luigi Tenco?
I giornalisti Ragone e Guarnieri, nel 2013, affermano che il bossolo repertato dalla polizia è di un’altra pistola ancora, una Beretta 70.
Qual è la verità?
Qualcuno ce la dirà mai?