Il racconto trae spunto da una serie di viaggi compiuti da Paolo Rumiz fra il 2009 e il 2023, alcuni dei quali raccontati per il quotidiano “La Repubblica”. Fedele compagna una carta strutturale cinematica, sessanta (60) colori per definire cos’è l’Italia. Per chi già conosce la prosa di Rumiz niente di nuovo nel suo scrivere, le parole usate, le visioni riportate consentono a chi legge di vedere i panorami, di odorare i profumi descritti. Animato sempre da una grande curiosità, Paolo Rumiz anche questa volta non si smentisce, il viaggio che propone è di quelli che entrano dentro, che minano le nostre certezze, che ci fanno capire quanto gli esseri umani siano piccoli di fronte alla terra. Un viaggio nel Paese da Sud a Nord seguendo i terremoti, scandagliando il territorio, raccontando un Italia che non è molto conosciuta. A Napoli dedica molto spazio, una città scrive Rumiz … che, nonostante il Vesuvio e i ribollimenti flegrei, ha bruciato duemila e ottocento anni di vita sempre sullo stesso sito di fondazione, e dove il mito e la Storia sono a diretto contatto con la geologia… Nel suo errare cercando la voce dal Profondo, ci porta alla miniera di Brosso in Piemonte, chiusa da quarant’anni, ricca di minerali ma soprattutto di suggestioni.
Ci parla Rumiz della voce antica della Terra, della sua meraviglia, dell’angoscia che provoca nel viaggiatore, dell’incuria nella quale lasciamo le cose, i siti. Ci parla della Madonne nere, di entità femminili, del potere di Madre Terra. Dice che il suo viaggiare, senza averne consapevolezza, si è svolto in mezzo ai tremori che ben fotografano l’identità nazionale. La parte finale è dedicata al suo Carso dove i fiumi, le acque spariscono improvvisamente per poi riapparire “a piacer loro“.
Consigliato perché camminare con Rumiz arricchisce il cuore e lo spirito.