UNA VOCE DAL PROFONDO
L’autore sente una voce rauca che lo chiama dal fondo di un vulcano spento. Quel suono, simile a un lamento, gli ricorda che c’è una crepa che squarcia l’Italia dalla Sicilia al Friuli: quella dei terremoti. Rumiz decide di seguirla, di entrare “con la lampada di Aladino” nel mondo del Minotauro. Un viaggio, il suo, nelle fondamenta del Paese, in un inferno di linee di faglia, crateri, fiumi sotterranei, miniere, catacombe e fondali marini; in un mondo senza stelle che accende le vibrazioni più intime degli italiani, una Terra Incognita che ci porta dritto negli inferi dell’Umano e apre vertiginosi itinerari in noi stessi. Ne nasce una storia segnata “da incursioni piratesche, litanie, scongiuri, frane, abbandoni e malaffare; un’epopea di naufragi, invasioni, inaudite capacità di rinascita e paure da fine del mondo”. Uno sterminato affresco, dove il Terribile della natura è una normalità contro la quale attrezzarsi e non un’emergenza su cui speculare; una storia visionaria che, da Selinunte al santuario di Oropa sulle Alpi, incontra l’ombra di Grandi Madri, sibille e madonne, e ha per baricentro Napoli, la metropoli più sotterranea, instabile, stratificata, magmatica e contemporaneamente più teatrale d’Europa. È lì che Rumiz, ascoltando scienziati, poeti, musicisti, antropologi e abitanti di quei luoghi, approfondisce un suo approccio “geologico” all’identità nazionale
L’Italia, un Paese che non sta su una linea di faglia, ma è una linea di faglia

Il racconto trae spunto da una serie di viaggi compiuti da Paolo Rumiz fra il 2009 e il 2023, alcuni dei quali raccontati per il quotidiano “La Repubblica”. Fedele compagna una carta strutturale cinematica, sessanta (60) colori per definire cos’è l’Italia. Per chi già conosce la prosa di Rumiz niente di nuovo nel suo scrivere, le parole usate, le visioni riportate consentono a chi legge di vedere i panorami, di odorare i profumi descritti. Animato sempre da una grande curiosità, Paolo Rumiz anche questa volta non si smentisce, il viaggio che propone è di quelli che entrano dentro, che minano le nostre certezze, che ci fanno capire quanto gli esseri umani siano piccoli di fronte alla terra. Un viaggio nel Paese da Sud a Nord seguendo i terremoti, scandagliando il territorio, raccontando un Italia che non è molto conosciuta. A Napoli dedica molto spazio, una città scrive Rumiz … che, nonostante il Vesuvio e i ribollimenti flegrei, ha bruciato duemila e ottocento anni di vita sempre sullo stesso sito di fondazione, e dove il mito e la Storia sono a diretto contatto con la geologia… Nel suo errare cercando la voce dal Profondo, ci porta alla miniera di Brosso in Piemonte, chiusa da quarant’anni, ricca di minerali ma soprattutto di suggestioni.

Ci parla Rumiz della voce antica della Terra, della sua meraviglia, dell’angoscia che provoca nel viaggiatore, dell’incuria nella quale lasciamo le cose, i siti. Ci parla della Madonne nere, di entità femminili, del potere di Madre Terra. Dice che il suo viaggiare, senza averne consapevolezza, si è svolto  in mezzo ai tremori che ben fotografano l’identità nazionale. La parte finale è dedicata al suo Carso dove i fiumi, le acque spariscono improvvisamente per poi riapparire “a piacer loro“.

Consigliato perché camminare con Rumiz arricchisce il cuore e lo spirito.

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Recensione a cura di Manuela Fontenova Mistral è una giovane studentessa di scienze politiche alle prese con la stanchezza di una lunga sessione di esami:

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