Recensione a cura di Dario Brunetti
Ritroviamo un veterano del genere noir, il prolifico Maurizio Blini che con il romanzo Torino. La chiusura del cerchio uscito per la Fratelli Frilli editore, ci ripropone l’inossidabile coppia formata da Alessandro Meucci e Maurizio Vivaldi, un ex poliziotto e un investigatore privato.
Colleghi e amici di sempre che questa volta per usare una metafora calcistica sono relegati in panchina, ma pronti a entrare in azione nel momento opportuno, in realtà sono a Cuba e presumibilmente fuori dal loro campo investigativo, ma non è mai presto per dirlo.
Chi ha preso le redini della Questura di Torino è il commissario Federico.
Ma non bisogna dirlo troppo forte, perché in questa nuova avventura dell’autore piemontese si presentano più cold case: Nella periferia di Lucento vi è il ritrovamento di ossa umane appartenenti a un passato molto lontano, intanto la DIGOS è sulle tracce di un terrorista completamente svanito nel nulla, abile a destabilizzare gli inquirenti e a destreggiarsi nella sua fuga, infine c’è Mario Barbero, un uomo che nasconde un segreto inconfessabile che fa parte di una vita precedente, cerca di godersi la pensione ma dei conflitti familiari lo porteranno a un’immediata svolta della sua vita, impensabile e chi se lo sarebbe mai aspettato alla veneranda età di 87 anni.
Un romanzo noir strutturalmente complesso che fa della sua introspezione il vero punto di forza, storie che possono regalare delle emozioni struggenti nella vita dei protagonisti e al tempo stesso così pulsanti e tangibili da toccare le corde del cuore.
Sono le storie che attraversano ciascuno di noi e per come ci vengono presentate come nel caso di questo pregevole testo, risulteranno veritiere ma soprattutto credibili agli occhi dei lettori.
Ci sono situazioni della vita che portano un uomo a divenire la vera essenza del male, rappresentandolo nelle forme più crudeli, per poi tornare alla realtà e alla vita di tutti i giorni, come se non fosse accaduto nulla, ma come ben sappiamo e anche come la cronaca di oggi insegna, si finisce nel cadere nelle maglie della giustizia pronta a far scattare la sua trappola, facendo i conti col proprio passato e soprattutto con se stessi.
Scelta insolita e azzeccata dell’autore di tenere in disparte i protagonisti Meucci e Vivaldi, ma chi avrà avuto occasione di leggere I delitti del dragone ne troverà la spiegazione e chiaramente il filo conduttore che lo lega a questo nuovo romanzo denso e appetibile, un noir che si gusta lentamente perché poi a un certo punto le pagine scorrono in fretta e il lettore non vorrebbe mai chiudere il libro.
Maurizio Blini regala un altro romanzo di indiscussa qualità dalle molteplici chiavi di lettura, non è solo una storia di delitti ma anche una storia di uomini, di scontri tra generazioni, come quella tra un padre e un figlio, dove traspare un desiderio di rabbia unita a frustrazione che sfocia in un sentimento di ribellione e voglia di evadere da una realtà che non sembra più appartenere e finisce col giocare un ruolo quasi scomodo, cosi vengono messi a repentaglio quei valori che mai e poi mai dovrebbero essere in discussione, e che hanno quella necessità impellente di rimanere come qualcosa di indissolubile, da non poter scalfire.
L’autore mette in evidenza quel deterioramento dei rapporti umani, la mancanza di comunicazione nelle famiglie di oggi, che è dovuto a un fallimento della nostra società incapace di educare e formare, che non sa riconoscere più quei valori etici e morali che dovrebbero essere l’essenza della vita per poter crescere e migliorare, ma per farlo bisogna sapersi mettere in discussione cercando di avere la capacità di interrogarsi per focalizzarsi sulle proprie mancanze e sugli errori commessi che spesso ci portano ad avere contrasti col mondo che ci circonda e nei vari ambiti relazionale, sentimentale e lavorativo.
Un romanzo a mio avviso imperdibile, che appartiene al miglior noir-poliziesco made in Italy.
Ancora una volta, chapeau!