Sentenza artificiale
Il futuro è adesso. In un’aula del palazzo di giustizia di Roma, gremita di giornalisti e tecnici ministeriali, il visionario manager Aristotile Damanakis presenta LexIA l’algoritmo di “sentenza artificiale” che rivoluziona il processo penale: a stabilire la colpevolezza di un imputato sarà un programma in grado di considerare ogni aspetto del caso, dalle circostanze alle prove, dalle testimonianze alle attenuanti, rendendo superfluo ogni intervento umano. Basta un algoritmo per decidere se una persona ha commesso o no un delitto. Ma a scombussolare i piani del governo ci pensa l’affascinante e coraggiosa Cassia, che scopre un’anomalia mimetizzata nel codice di LexIA che potrebbe comprometterne l’imparzialità. La ragazza non ha dubbi: qualcuno ha violato la sandbox di protezione del sistema. Chi sta mettendo le mani sulla riforma della magistratura? Chi è disposto a uccidere pur di manipolare le sentenze? Da quel momento Cassia diventa un bersaglio. Come lei è stata in grado di vedere l’anomalia, qualcuno – attraverso l’anomalia – ha visto lei. Qualcuno che è disposto a tutto pur di coprire le proprie tracce. Nel complotto sono implicati gli stessi organismi che dovrebbero garantire l’imparzialità della giustizia e Cassia è determinata a fermarli a qualunque costo.
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Recensione a cura di Manuela Fontenova

Ci sono romanzi che sfuggono alla rigida classificazione di genere: è un thriller? Un giallo? Sono quelli che raccontano storie in modo quasi interdisciplinare, spaziano prendendo in prestito qua e là spunti e momenti topici, alternano attimi di poesia ad azioni al cardiopalma. Sfuggono perché l’etichetta gli va stretta e perché il fine della narrazione travalica la definizione stessa di romanzo. Cos’è un romanzo? Non voglio certo inerpicarmi in questioni letterarie che non mi competono ma Sentenza Artificiale è certamente un’opera sopra le righe che racchiude tra le sue pagine molto più di una storia, è una riflessione sul tema della giustizia che per arrivare al cuore del lettore si avvale di una trama ricca e avvincente.

Barbara Baraldi ci racconta di un futuro non definito, la tecnologia ha fatto grandi passi semplificando anche i semplici gesti quotidiani e sembra finalmente giunto il tempo di metterla al servizio della comunità con un progetto quanto mai ambizioso: velocizzare i tempi della giustizia riducendo gli “errori” di giudizio proprio dell’essere umano. Il compito è assegnato a LexIA l’ algoritmo di sentenza artificiale, un innovativo sistema informatico che rivoluzionerà il corso della storia.

“Se nessun uomo è al di sopra della legge, può esserlo una macchina?”

Ecco il dubbio legittimo che inizia a farsi strada quando Cassia Niro, programmatrice dell’Umaa (Unità ministeriale di analisi degli algoritmi) scopre un’anomalia nel programma. Un errore? O qualcuno sta cercando di sabotare il progetto per controllare le sentenze? Il compito di Cassia, sarà quello di arrivare alla fonte dell’irregolarità per imbattersi in una verità sconvolgente.

La Baraldi ha una variegata produzione alla sue spalle, chi la segue conosce la sua poliedricità, ma con Sentenza artificiale ha dato vita a qualcosa di completamente nuovo perché ha saputo trasmettere al lettore il trasporto verso un tema che le è molto caro, la giustizia, e contemporaneamente la riflessione su quanto la tecnologia sia ormai una costante nella nostre vite.

Ha scelto di regalarci un nuovo personaggio, Cassia Niro, una giovane programmatrice, ufficiosamente un’intrepida hacker, che se a tratti ricorda la nostra amata Aurora Scalviati, ne prende in realtà le distanze riuscendo a brillare di una luce tutta sua che conferma l’incredibile capacità narrativa di una grandissima scrittrice.

Barbara mi ha davvero stupito perché  in un romanzo in cui si parla di tecnologia, di futuro, di algoritmi e programmazione, ogni passo trasuda umanità, valori e sentimento. Non sono un’amante di queste tematiche, preferisco sorvolare sul genere fantascientifico (mi prendo la licenza di definirlo così) ma Sentenza artificiale ha vinto ogni mio resistenza, ha fatto breccia pur sciorinando termini tecnici e procedure che, per me che con il pc ci faccio la guerra un giorno si e l’altro pure, sono difficili da comprendere. Ma i tecnicismi indispensabili per lo svolgimento della trama hanno trovato il modo di amalgamarsi perfettamente alla scrittura fluida e accattivante, alla narrazione che trasporta e accompagna con naturalezza nei meandri di un linguaggio che diventa così accessibile a ogni categoria di lettore.

Un applauso alla mia Barbara che come sempre mi rende orgogliosa di tutto ciò che scrive!

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