Non è facile per me commentare un libro di Murakami vista la complessità dell’autore stesso e di conseguenza dei personaggi creati dalla sua penna.
Dopo quattro anni i suoi lettori si sono ritrovati davanti a un dittico intitolato L’assassinio del commendatore di cui ho letto il primo libro. Già dalle prime pagine il lettore viene catapultato in un mondo al confine tra realismo magico e surrealismo. Nel prologo infatti si legge:”Oggi, svegliandomi da un breve sonno pomeridiano, davanti a me ho trovato l’uomo senza volto”. Nei libri di Murakami il mondo fantastico emerge nella vita di tutti i giorni con una tale naturalezza che diventa difficile spiegare il confine tra realtà e immaginazione.
Anche il protagonista di questo libro, come tutti i personaggi creati dall’autore, è stato segnato da un evento traumatico adolescenziale che in questo romanzo è la morte della sorella di dodici anni. L’evento traumatico segna una spaccatura tra il passato e il presente: ”Dopo la morte di mia sorella, molte cose iniziarono ad andare storto. Al fine di mettere la maggior distanza possibile tra me e i miei genitori ridotti in quello stato, mi rifugiai nella pittura, dedicandomici anima e corpo.”
Lo stile è inconfondibile considerata la minuzia di particolari con cui vengono descritti gli ambienti e i personaggi. Quando l’autore ci descrive il quadro intitolato da Amada Tomohiko “L’assassinio del commendatore” è come se lui fosse al tempo stesso pittore e critico del dipinto. Naturalmente a Murakami ciò non basta, così costruisce tutta la trama del romanzo intorno all’omicidio del commendatore facendolo uscire dalla tela.
Come già detto in precedenza sono difficili da spiegare a voce o con la scrittura le sensazioni trasmesse dalla lettura di un autore poliedrico come Murakami, capace di descrivere le sofferenze e i tormenti dell’animo umano senza mai cadere nella banalità.