Il segreto del vecchio signor Nakamura
Tokyo, 2018.Il vecchio Nakamura sa che il giorno si avvicina, eppure darebbe anche l’anima per dimenticare quella data. Ma è impossibile: nonostante l’apparente svagatezza, la sua mente è più lucida di quanto sembri. E come se non bastasse c’è anche una troupe televisiva che vuole intervistarlo per il cinquantesimo anniversario dell’indagine più drammatica della sua vita, quella sul grande furto del 1968… Tokyo, 1968. Il giovane Nakamura, brillante e infaticabile ispettore della polizia, è pronto ad affrontare una sfida che ritiene si concluderà in breve tempo. Perché certamente l’entità della somma sottratta – trecento milioni di yen – è immensa, ma il furto è stato commesso in modo davvero dilettantesco, ed è solo per puro caso e grazie a una buona dose di fortuna che il colpevole è riuscito a dileguarsi… Pochi giorni e tutto sarà risolto, pensa Nakamura, senza sapere che sta per guidare l’indagine più eclatante ed epocale della storia del Giappone. Un’indagine su un crimine apparentemente senza vittime, ma che porterà a scoprire trame oscure, ossessioni letali, vite invase da incubi e alla fine sacrificate in una Tokyo più noir e struggente che mai. Ispirato a un’incredibile e sconosciuta storia vera, il nuovo romanzo di Tommaso Scotti è un grande affresco carico di tensione e allo stesso tempo un racconto di straordinaria intimità e umanità, che ci accompagna in un Giappone stravolto dai cambiamenti, capace di traboccare luce così come di nascondere un cuore nero e pulsante.
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Quando si ha a che fare con la rapina che ha lasciato esterrefatta l’opinione pubblica per gli effetti che questa ha prodotto, per le modalità in cui si è svolta, per il fatto che l’incolumità è stata salvaguardata, portando simpatia di parte dell’opinione pubblica verso gli autori della rapina, un caso che se verrà risolto può essere volano per scalare i gradini di una carriera in polizia oppure declassato, allora non si può che ringraziare Tommaso Scotti per aver riportato alla luce un evento che si svolse nel 1968, un evento che è restato misterioso per tanto tempo. Misterioso fin ad un certo punto. Leggere “ Il segreto del vecchio signor Nakamura ” fa aprire l’orizzonte di un qualcosa che è rimasto chiuso, per troppo tempo, nella cassetta dei misteri non svelati. Stiamo prendendo in considerazione del più grande, ed inspiegabile, furto nella storia del Giappone, e forse non solo. Quante pagine sono state scritte a proposito dell’arte della rapina, ne cito uno: https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-rapina-in-banca-storia-teoria-pratica, oppure potrei dirla alla Berthold Brecht: “ Cos’è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?”

Nakamura, ormai in pensione, all’epoca dei fatti narrati, ispettore di polizia della sezione rapine divisione investigativa del dipartimento affari criminali, addetto a capire quanto è successo, un vero e proprio filosofo della vita visto nel suo valutare l’uomo, il genere umano,come nient’altro che essere il riflesso della vita stessa, oppure nel dare il suo punto di vista sul significato dell’essere poliziotto nella società giapponese. Ora a distanza di anni, sul perché nessuno è arrivato a sbrogliare una matassa inestricabile, un Nakamura, che ha un desiderio, inappagato, godersi una bella giornata di sole, ed invece ha davanti a sé giornate lunghissime ed una quotidianità priva di senso. Tentato di lasciare un lavoro che non tollera più, nonostante che continui a considerare i dettagli, apparentemente inutili,

importanti. Un noir che si addentra nel descrivere, attraverso idiomi e la proverbiale cortesia orientale con gli inchini come saluto, accompagnata dal tè verde, la società giapponese. Una rapina che ha voluto dire 7 milioni di yen, cioè 300000 euro in valuta di oggi, senza, come detto,far male a nessuno, un colpo che ha fruttato una montagna di soldi, perfetto sotto tanti punti di vista, una rapina che per le forze dell’ordine, ha voluto dire un investimento ed un impiego di risorse umane ed economiche al di là di ogni normale inchiesta investigativa, un’indagine con troppi sospetti ma con pochi elementi di prova che hanno come effetto mille domande che si susseguono, teorie e supposizioni ma non prove, un incredibile furto dai tanti risvolti tutti da scoprire, una indagine che ha di fronte a sé un imperativo categorico: trovare il colpevole il prima possibile, o meglio trovare un colpevole …. uno qualsiasi e per ottenere questo è legittimo anche l’uso delle maniere forti avendo a che fare, anche, con istituzioni maschiliste e patriarcali, e con investigatori che tengono più a non perdere la faccia, la propria carriera, che a risolvere il caso. La ricostruzione di quanto avvenne ci riporta all’ottimismo di una indagine con indizi e testimoni che inducono aspettative positive, ma che però evidenzia, invece, gli errori e l’incompetenza che pregiudicano la possibilità di arrivare ad una soluzione di un caso apparentemente facile da portare alla conclusione, nonostante che alcune cose ritenute scontate sono in realtà essenziali, perché se tutti credono di avere le risposte giuste, è facile capire e rendersi conto di non aver capito le domande, come essere di fronte ad una equazione con troppe variabili che rendono tutto troppo complesso per essere risolto. Nella descrizione che ci viene fatta del Giappone e della sua cultura, non poteva mancare il riferimento alle prelibatezze culinarie come ad esempio i daikon, i ravanelli dell’Asia orientale, oppure la tempura a base di verdura e/o pesce. Una storia irrisolta ma decisamente interessante, con il noir che trae spunto dal reale.

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