Il meticcio
Roma, estate 2017. Durante un servizio di routine sulle misure di sicurezza a Fiumicino, la giornalista Amalia Pinter manda a monte un’operazione del suo ex amico Alfredo Pani, poliziotto che ha fatto carriera nel nucleo d’élite contro la criminalità organizzata. Per colpa della ragazza, si perdono le tracce di un corriere dell’Ascia Nera, la più pericolosa e spietata fazione della mafia nigeriana lanciata alla conquista dell’Europa continentale attraverso un patto con i clan siciliani. Nel frattempo, al Vero Investigatore, il piccolo quotidiano in cui lavora Amalia, le cose non vanno bene. Il Capo la spedisce a un’asta di pietre preziose dove un rarissimo diamante rosso viene acquistato da un tycoon brasiliano, Ezequiel Alves, che protegge in modo morboso la propria privacy. Lo chiamano “l’uomo dal tocco magico”, perché in pochi anni ha scalato il settore acquistando giacimenti esauriti e rendendoli di nuovo produttivi. Quando le due piste, inaspettatamente, si incrociano, Amalia si ritrova “arruolata” come agente sotto copertura. Da un cruento Palio di Siena agli antichi palazzi nobiliari di Palermo, però, un dubbio la tormenta: di chi può davvero fidarsi? Chi dice la verità? La giovane giornalista dovrà inerpicarsi fino a una clinica sperduta in mezzo alle Madonie per scoprire cosa ha trasformato un bambino in un sopravvissuto. E per riavvolgere il filo che lega, da molto lontano, i protagonisti di un sogno trasformatosi in sodalizio criminale.
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Recensione a cura di Manuela Fontenova

Capita anche a voi che dettagli dei romanzi in lettura si insinuino nella testa diventando parte integrante delle abitudini giornaliere? A me succede spesso, tanto che in edicola mi sono ritrovata a scorrere i titoli dei quotidiani esposti in bella vista, cercando l’unico che non avrei mai potuto trovare. Perché quel giornale non esiste, o meglio Il vero Investigatore ha una redazione, uno staff, una sede a Fontana di Trevi, ma tutto questo accade solo nelle pagine dei romanzi di Federica Fantozzi: volete conoscerlo anche voi? Allora accomodatevi e siate i benvenuti nel mondo di Amalia Pinter.

Giornalista di cronaca, con la sprizzante capacità di infilarsi in ogni dove come il prezzemolo, Amalia torna con una nuova avventura, ad accompagnarla il suo caschetto nero e le sue forme generose, che sia in sella allo Scarabeo rosso o alla guida di una vecchia Panda sgangherata, la troverete sempre all’inseguimento dello scoop.

L’avevamo lasciata alle prese con un caso di terrorismo, una spinosa vicenda che rischiava di inghiottirla nella sua voragine di morte: un’indagine pericolosa che scandagliava la città eterna da cima a fondo. Ma una cronista non dorme mai sonni tranquilli e in questo nuovo romanzo (ricordiamo che il primo è Il Logista pubblicato nel 2017), scoperchiare il vaso di pandora potrebbe essere ancora più rischioso.

Anche stavolta Amalia si trova casualmente coinvolta: riesce a mandare a monte un’operazione segreta della Dac (Direzione Centrale Anticrimine), guidata, neanche a farlo apposta, da Alfredo Pani il bel poliziotto dai capelli rossi conosciuto nella precedente indagine. All’aeroporto di Fiumicino gli agenti cercano i Nìvuri, nigeriani con i polpastrelli raschiati, pedine di un traffico che mischia gemme preziose e vite umane, un concerto di illegalità orchestrato dalla mafia nigeriana L’Ascia nera e dai clan mafiosi della Sicilia. Un’organizzazione così ben radicata da rendere difficile il compito degli investigatori: da dove iniziare a cercare i bandolo della matassa?

“Amalia maledisse l’estate, il caldo,  l’inerzia. Tutto accadeva altrove. Probabilmente era già accaduto. Affrontavano un gomitolo con entrambi i capi fuori dalla loro portata. In che modo potevano districarlo?”

Il danno è fatto, Amalia ormai è dentro il caso, sarà Alfredo a dover tentare di arginare l’intraprendenza della ragazza (il suo killer instinct) che come un fiume in piena non accetta di essere messa da parte e vola in Sicilia, sicura di poter contribuire alla causa. Ma dietro alla spasmodica ricerca dello scoop non c’è solo la vanità del successo: Il vero Investigatore nuota in cattive acque. I finanziatori svizzeri hanno imposto alla redazione un cambio di rotta: basta con la cronaca nera, il pubblico ha bisogno di articoli di gossip, recensioni di locali alla moda, di eventi mondani. La natura del giornale sta per essere stravolta.

Ecco che Amalia diventa il simbolo della resistenza, quasi una paladina in difesa dei vecchi valori: lotta per la sua professione, affinché la vera missione del giornalismo non venga snaturata per  compiacere i lettori del fine settimana. Resiste nel suo appartamento, un vecchio palazzo nel cuore pulsante della movida romana, Ponte Milvio. Incastonato tra Lounge bar e una backery americana, casa sua stona come il parmigiano sulla carbonara (per restare in tema). Si può cedere a un peccato di gola da Mondi (una delle pasticcerie romane più note e longeve), ma la colazione si fa rigorosamente da Sanji, con il suo piccolo bar obsoleto all’angolo. Ecco, mi piace pensare che Amalia sia il buono che resta in un mondo che troppo velocemente dimentica la bellezza della semplicità.

Ho trovato questo secondo romanzo molto più introspettivo rispetto al precedente: mi piace che l’autrice abbia aperto uno spiraglio sull’Io dei suoi protagonisti. Iniziando da Amalia che lascia trapelare una grande insicurezza dietro all’apparente strafottenza che mostra come biglietto da visita, per finire ad Alfredo. Il fulvo giovane poliziotto che ha fatto carriera nella Dac, che fa battere il cuore alla nostra cronista e che ancora non sa comprendere quale sia la forza che lo attira a lei. Alfredo che sembra camminare sui gusci d’uova cercando di mantenere il suo ruolo istituzionale, senza però escludere Amalia, una giornalista con il fiuto da detective. Una nuova svolta dunque nell’assetto della storia: non più un’unica protagonista, ma una coppia in fase di evoluzione

“Capì una semplice verità: i rapporti umani non restano mai gli stessi. Si evolvono con i loro titolari.”

Mi sembra però che questa sfaccettatura intimista avvolga tutta la vicenda, come se“i cattivi” agissero rincorrendo un fantasma, una vendetta o una rivincita. Ognuno cerca di raggiungere una propria meta attraverso l’illegalità: chi è la pedina sulla scacchiera?

La storia sempre accattivante, e la capacità di Federica Fantozzi di intrecciare con estrema naturalezza argomenti di cronaca a volte scomodi, a volte poco trattati, alle esistenze di personaggi nostrani, vivi e credibili, e la scelta di tematiche forse più “maschili” (comunque approfondite per lo più da uomini), condite però da quel tocco di rosa che non appesantisce, ma anzi arricchisce i contenuti, la rendono a mio parere una delle scrittrici più originali e innovative del panorama italiano.

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