Il gioco del suggeritore
La chiamata al numero della polizia arriva verso sera da una fattoria isolata, a una quindicina di chilometri dalla città. A chiedere aiuto è la voce di una donna, spaventata. Ma sulla zona imperversa un violento temporale, e la prima pattuglia disponibile riesce a giungere soltanto ore dopo. Troppo tardi. Qualcosa di sconvolgente è successo, qualcosa che lascia gli investigatori senza alcuna risposta possibile – soltanto un enigma. C’è un’unica persona in grado di svelare il messaggio celato dentro al male, ma quella persona non è più una poliziotta. Ha lasciato il suo lavoro di cacciatrice di persone scomparse e si è ritirata a vivere un’esistenza isolata in riva a un lago, con la sola compagnia della figlia Alice. Tuttavia, quando viene chiamata direttamente in causa Mila Vasquez non può sottrarsi. Perché questa indagine la riguarda da vicino. Più di quanto lei stessa creda. Ed è così che comincia a prendere forma un disegno oscuro, fatto di incubi abilmente celati e di sfide continue. Il male cambia nome, cambia aspetto, si nasconde nelle pieghe fra il mondo reale e quello virtuale in cui ormai tutti trascorriamo gran parte della nostra vita, lasciando tracce digitali impossibili da cancellare. È un gioco, ed è soltanto iniziato. Perché lui è sempre un passo avanti.
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A cinque anni di distanza dal secondo episodio del ciclo seriale del Suggeritore, Donato Carrisi torna “sul luogo del delitto” e lo fa con questo robusto e inquietante romanzo. Ne “Il gioco del suggeritore” Mila Vasquez si ritrova infatti direttamente coinvolta in un meccanismo infernale, pieno di colpi di scena, di continui rivolgimenti, e dove l’immaginaria località statunitense in cui la sua attività investigativa, svolta suo malgrado, tra mille dubbi, e alla fine animata dall’esigenza di preservare se stessa e la figlia Alice, diventa lo scenario di una trama criminale tra la realtà e il mondo parallelo cibernetico.

Il leitmotiv che contraddistingue appunto la narrazione del terzo episodio è proprio quello della virtualità, degli strumenti telematici, a partire dall’apparentemente innocuo telefonino per giungere fino ai videogiochi, agli avatar, agli scenari paralleli e a prima vista disgiunti rispetto alla quotidianità, ai piccoli e grandi fatti della vita reale. E proprio qui sta il punto: l’esposizione frenetica, dai toni adrenalinici e apparentemente lineari, con cui Carrisi ci conduce è in realtà l’occasione per una riflessione ad alta voce sulle tecnologie e sul loro utilizzo. Lo si capisce da numerosi segnali, come ad esempio la scelta di uno dei personaggi di utilizzare automobili non dotate di sistemi elettronici di collegamento esterno, proprio per evitare di essere rintracciabili da reti telematiche. Ma anche e soprattutto dalle riflessioni disseminate nei dialoghi e nei confronti che si sviluppano nel corso del romanzo dalle quali emerge un’analisi impietosa, quella cioè di una realtà virtuale, fatta di emozioni apparenti, legate all’uso dei social network, alle emozioni che si provano perfino attraverso i videogiochi, gli ambienti del tutto simili a quelli reali, ma nei quali si agisce in modo differente, anche sfogando una rabbia e una pulsione criminale del tutto esistente nella vita reale. Ed è proprio da questi elementi che l’analisi di Carrisi, senza annoiare e scadere nella saggistica di settore, e con lo spirito di chi sa raccontare, intrattenere, e nel contempo far riflettere, colpisce in modo decisivo: perché queste virtualità vissute con la cuffia-casco, isolati al computer, in questi videogiochi e nei rapporti con altre persone nei social network, alla lunga non solo tendono a trasformare le persone, ma paradossalmente a rovinarle. Ed è per questo motivo che i destini e le sorti dei vari personaggi coinvolti nell’ampia e corposa reticolazione narrativa de “Il gioco del suggeritore” vanno proprio ad intersecarsi con questo influsso quasi malefico che esprime la virtualità, in quanto portata alle estreme conseguenze.

Questo thriller, che solo in apparenza sembra un viaggio negli inferi della mente e dell’uso dell’informatica utilizzata in modo malefico, risulta costituire una profonda riflessione sul limite sempre più labile tra il bene e il male che alberga nell’uomo. Fino a che punto, ad esempio, puoi essere sicuro, ci si domanda, della bontà e dell’onestà del tuo interlocutore? E se fosse lui il vero assassino, e ti ha ingannato in tutti gli anni di vita lavorativa passati insieme? Carrisi non sentenzia, non esprime giudizi, ma analizza i caratteri dei personaggi e ci conduce per mano in questa reticolazione narrativa con una grinta e un ritmo vorticoso senza dare un attimo di respiro. E con la consumata abilità maturata in tutti questi anni, riesce a suscitare dubbi, riflessioni, analisi nel lettore, che si ritrova a dover fare i conti con le proprie abitudini quotidiane, e con ciò che la vita di ogni giorno rappresenta per ciascuno di noi, alle prese con pc, tablet, telefonini, e diavolerie varie, tutte collegate tra loro.

E si capisce ulteriormente, alla luce di questa intensa e appassionata lettura, il valore dell’abbraccio tra Mila e sua figlia Alice, sintomo ritrovato di una carnalità vera, di un vissuto reale, di emozioni vissute fino in fondo, di affetti reali, che rivestono il vero senso del nostro vivere quotidiano. E di un significato profondo, quello rappresentato dal romanzo di Donato Carrisi, che riesce a emozionare, coinvolgere il lettore, e soprattutto a farlo riflettere.

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