Dopo aver letto “ Mille giorni che non vieni “ si può dire che il noir ha la sua versione più consona a ciò che è, cioè il romanzo sociale. In questo caso non incontriamo investigatori, poliziotti, ,imprenditori, amministratori corrotti o quant’altro del genere. Indagine sì, ma indagine sociale. Tramite Antonio Caruso, Longo ci porta a conoscere il motivo per cui ….; il contesto sociale che fa sì che maturi e prenda piede il sopravvivere in una esistenza sempre più complicata, le contraddizioni che emergono e che fanno sì che ogni giorno sia una scommessa da vincere; una vittoria da mettere nel cassetto. Prima di tutto il mondo della giustizia e di conseguenza il carcere da cui non esci per sbaglio, semmai il contrario; il carcere scandito dal rumore del portone e dal tempo che non passa come un orologio fermo;quindi un luogo dove puoi dimenticarti cos’è la fretta; questo luogo di reclusione è descritto decisamente bene prendendo in considerazione ciò che si prova ad essere reclusi: solo il presente esiste e qualunque aspettativa futura non trova spazio,se non si vuole considerare il “ fine pena mai “ visto che 13 anni non passano mai; mentre il passato non smette di rinnovare la sua ossessiva, presenza. Carcere che come una catena di montaggio produce, produce morte con suicidi a catena, basti pensare che solo nel 2022 sono stati 84 i decessi per suicidio, la tortura, la “ battitura “, un direttore che ispira al Lombroso pensiero: “ non potete fare a meno di essere delinquenti “. Quanto descritto è parte assillante dei pensieri di Antonio.Pensieri che vanno oltre le sbarre per dirigersi nel porsi domande importanti ed esistenziali su cos’è l’amicizia e chi sono gli amici. Pensieri che spesso divengono veri e propri tormenti quando alla mente affiora ciò che si è fatto. Pensieri che non hanno mai aiutato a risolvere alcunché. Antonio che da buon napoletano non può non essere innamorato del mare e della pizza, e che non disdegna di fare a “ mazzate “ con i figli di papà, attività da curriculum vitae, che privilegia la legge della strada, il “ prendere da solo a solo “e perché ha una rabbia in corpo che non è calmabile in alcun modo, se non con l’affetto di Marilù, la moglie da riconquistare con gli occhi che “ scavano da dentro “, e di Rachelina la figlia nata quando Antonio varca l’ingresso del carcere,e che definisce “ quel brutto posto” il luogo che dovrebbe essere utile alla rieducazione. Antonio che rimpiange un passato che non ritorna, quando la vita era vissuta con una voracità incredibile e consumata più in fretta possibile, quando Antonio aveva imparato troppo presto come funziona la vita facendo parte, assieme a “ Tyson “ e “ Polpetta “ di un trio inseparabile tenuto assieme da un’ amicizia senza prezzo. Antonio che tiene in riferimento princìpi inossidabili come l’astio verso gli usurai visto che succhiano il sangue alla povera gente e che non tollera essere comandato, o subire ordini. Oltre al trio sopracitato, incontriamo altri personaggi che caratterizzano queste pagine: Caffeina,Santodomì, Pasqualone, Mezza Recchia. Aspetto secondario, ma non troppo, oltre ad alcune specialità culinarie come la GRAFFA, ciambella di frutta con farina e patate, è la caratteristica parlata che rende bene il famoso contesto: stare atterrare; a pazziare; mi salgo le scale; tutte ‘ste tarantelle, ha pigliato a piovere solo per citarne alcune. Dall’universo carcere Longo/Antonio ci porta a tu per tu con la complessità del mondo del lavoro, con i camionisti, Antonio dovrà inventarsi tale, che sono obbligati ad ingurgitare pasticche per sostenere ritmi impossibili; camionisti all’oscuro di ciò che trasportano, siano essi pomodori od esseri umani. Carcere, lavoro; immigrazione, naturale il porsi il punto interrogativo del perché arrivano qua; i traffici illeciti come l’espianto degli organi con il suo mercato alquanto anomalo:rubare ai poveri per dare ai ricchi; il trasporto di armi e di rifiuti tossici, quest’ultimi seminatori di morte, la madre di Antonio deceduta per quei, tristemente famosi, rifiuti tossici sotterrati. Antonio che, come scritto sopra, è assillato dai pensieri ma che ha anche dei desideri importanti, oltre a quelli verso la moglie e la figlia: la libertà, quella con la l maiuscola, contraddistinta dal correre sul lungomare, fare una passeggiata, vedere il tramonto e perché no? dormire con.; senza più domandine, permessi, orari e regole da rispettare. Un noir che fa capire il senso ed il valore di certe parole, l’andare al di là dell’essere amico: l’essere fratello ed il divenire tale in conseguenza degli accadimenti. Terminata la lettura, non mi non venire in mente la frase attribuita a Voltaire “ Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione “ un libro che ci fa riflettere sulla società in cui viviamo.
Noir
Un appassionato lettore in più fiorentino non può non sentirsi tirato in causa, nel leggere quanto Vichi ci propone attraverso la figura del commissario Bordelli