Fiori sopra l’inferno
Tra i boschi e le pareti rocciose a strapiombo, giù nell’orrido che conduce al torrente, tra le pozze d’acqua smeraldo che profuma di ghiaccio, qualcosa si nasconde. Me lo dicono le tracce di sangue, me lo dice l’esperienza: è successo, ma potrebbe risuccedere. Questo è solo l’inizio. Qualcosa di sconvolgente è accaduto, tra queste montagne. Qualcosa che richiede tutta la mia abilità investigativa. Sono un commissario di polizia specializzato in profiling, e ogni giorno cammino sopra l’inferno. Non è la pistola, non è la divisa: è la mia mente la vera arma. Ma proprio lei mi sta tradendo. Non il corpo acciaccato dall’età che avanza, non il mio cuore tormentato. La mia lucidità è a rischio, e questo significa che lo è anche l’indagine. Mi chiamo Teresa Battaglia, ho un segreto che non oso confessare nemmeno a me stessa, e per la prima volta nella vita ho paura.
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Recensione a cura di Francesca Mancini

Un omicidio, diverse feroci aggressioni, un rapimento e la “chiusura” di un paese friulano immaginario, Travenì, che non può e non vuole scendere a patti con la realtà, che sente il bisogno atavico di proteggersi costruendo un muro invisibile attorno alla propria comunità, ai segreti e alle montagne che nascondono il mostro.

“Qualcuno prima o poi dovrà spiegarmi che cos’è un mostro. Li chiamiamo così, ma intanto restiamo a guardare, non riusciamo a cambiare canale perché sappiamo che sono come noi: umani. È questo che ci cattura, il riconoscere una parte di loro in noi.”

Un commissario atipico Teresa Battaglia: quasi sessantenne, donna di luce e ombra, caustica, spigolosa, intrattabile, ma infinitamente umana, profonda, sensibile e guerriera. Tanto fragile, a volte, quanto ostinata nel voler nascondere le proprie debolezze fisiche ed emotive. Un personaggio talmente vivo e reale da riuscire a vederla mentre soffia via la frangetta dagli occhi o mordicchia le stanghette degli occhiali o impartisce ordini con la sua voce roca.

Quattro bambini dalle vite non facili si vogliono bene, si proteggono e sembrano essere il perno di questo vortice di orrore che si abbatte sul paese, ma sono anche la speranza, la forza dell’amicizia e il futuro.

Due storie lontane fra loro per spazio e tempo che il commissario Battaglia riuscirà a congiungere lottando con se stessa e con i troppi indizi che le vengono taciuti, fino ad arrivare alla verità e al colpevole.

Eppure a mio avviso “colpevole” è una parola che non si riesce a pronunciare: è la prima volta che arrivo alle ultime pagine di un thriller con le lacrime agli occhi, perché questo libro sa anche commuovere. Ritengo che amore ed empatia siano le parole chiave di questa storia ed è per questo che credo possano nascere i fiori sopra l’inferno.

Per me Ilaria Tuti non è una promessa, è già una conferma. La sua scrittura è pulita, armoniosa, senza sbavature. La descrizione dei paesaggi innevati prima, e risvegliati dalla primavera poi, è di una bellezza stupefacente. I personaggi che ruotano intorno alla protagonista sono autentici e vibranti.

Non mi resta davvero che augurarvi buona lettura!

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