Recensione a cura di Federico Adacher
“Un racconto è speciale”, scrisse Stephen King: “un racconto è come un bacio veloce nell’oscurità ricevuto da uno sconosciuto”. Non credo ci sia una definizione migliore per descrivere l’insieme di racconti che compongono la fatica di Stefano Cortese, Dark Explorer.
Dieci racconti a tema horror accumunati dalla vaga quanto precisa descrizione dell’indefinito, del vuoto e dell’oscurità.
Impossibile, in questo senso, non riconoscere l’influenza del maestro H.P. Lovecraft. Uno stile preciso, asettico, ordinato e indefinito accompagnano l’opera congiungendosi con il filo narrativo della ricerca del Nulla e degli orrori che essa contiene. Gli incubi che si affacciano nella fragile psiche dei protagonisti di Dark Explorer si plasmano, infatti, a forme e significati così reali e tremendi da lasciare una velata sfumatura di irrealtà e incomprensione nella mente del lettore.
Ho particolarmente apprezzato il racconto che dà il nome all’intero corpo di questo libro (Dark Explorer): una nave persa nel più profondo abisso delle indefinite tenebre e la sottile salute mentale del suo equipaggio (o ciò che ne resta) che va sempre più ad allontanarsi. Un racconto che mi ha ricordato lo stile e la storia del maestro Lovecraft “Il Tempio” con all’interno una sfumatura descrittiva di Robert W. Chambers e il suo “Il re in Giallo”.
Trame veloci e dal ritmo talmente serrato che, soprattutto nel primo racconto (Là sopra brillavano le stelle), avrebbero potuto beneficiare di un approfondimento più accurato e delineato dalla caratterizzazione dei personaggi. Nonostante ciò, ho grandemente apprezzato le vivide e febbricitanti descrizioni di una dimensione di cui spero non sarò mai un testimone diretto.
Dark Explorer è di sicuro una lettura da tenere in considerazione per tutti coloro che si definiscono amanti del genere horror.