Cane mangia cane
Questo romanzo, “Cane mangia cane”, ha tre protagonisti, Diesel, Mad Dog e Troy Cameron, legati tra loro dalla comune esperienza del riformatorio, tutti e tre irrimediabilmente criminali (è impossibile redimersi per chi ha passato numerosi anni in carcere), ma diversissimi nella psicologia e nella personalità. Diesel conduce una vita “quasi” normale, ha una moglie e un figlio piccolo, se la cava con modesti crimini su commissione, rifiuta il delitto gratuito e ha una sua “morale” che risente dell’educazione religiosa dell’infanzia e che lo rende più permeabile alla paura, ai sensi di colpa, al desiderio di vita tranquilla. Mad Dog è invece considerato, fin dagli anni del riformatorio e dagli stessi compagni di crimine, un pazzo sanguinario, che uccide chiunque gli possa creare qualche problema o fastidio senza alcuna remora anche se la vittima è un bambino o una donna indifesa. Dominato dalla droga, prova un unico sentimento: l’assoluta ammirazione per Troy Cameron, il terzo protagonista del romanzo. Troy non ha alle spalle un’infanzia dominata dalla miseria e dall’emarginazione come gli altri due, ma anche per lui l’alcolismo del padre, che pure apparteneva a una classe sociale elevata, è stato all’origine della sua devianza. Intelligente, colto, dentro di sé conserva il rimpianto per una vita diversa, ma sa di non poterla più avere: la società che lo circonda non glielo permetterà mai. E intorno ai tre il quadro di una California crudele, con paurose divisioni di classe, dove la disperazione più cupa sfiora la ricchezza più esibita, dove si passa un pochi minuti dalle ville sontuose delle celebrità ai ghetti che offrono solo droga e violenza. Il finale del romanzo è tragico ed è il logico epilogo di vite segnate, fin dall’inizio, da un destino sventurato. Voce di Roberto Roganti [bandcamp width=100% height=120 track=233440308 size=large bgcol=ffffff linkcol=0687f5 tracklist=false artwork=small]
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” Talvolta la vita criminale ti obbliga a far secco qualcuno, ma perdio, non tutti, o chiunque, senza un buon motivo “

Edward Bunker è puro intrattenimento. Ci mostra il suo talento per la scrittura sporca, ci racconta la storia scioccante di tre amici ed ex-galeotti. Il romanzo sembra quasi schierarsi con i malavitosi, diciamo che non li glorifica come fossero bravi ragazzi, anzi, li disegna cattivi quanto basta, però, a tratti, ce ne mostra anche il lato umano. È un libro “autentico” brutale e crudo.

Una trama elettrizzante, coinvolgente, che lascia sulle spine, che travolge e non annoia mai. La perfetta conoscenza delle meccaniche malavitose dell’autore ci trascina con maestria al centro delle situazioni, senza risparmiarci i più piccoli dettagli, anche quelli più inquietanti: ci farà sentire parte dell’azione, ci farà “essere” con i protagonisti che si muovono sullo sfondo di una Los Angeles che aliena loro e che fa altrettanto con  noi lettori. Qui subentra la sensibilità dell’autore nei confronti delle problematiche sociali.

È un romanzo maturo, strutturato, più ragionato che impulsivo. Un libro appassionante, duro e assolutamente plausibile come la vita del suo autore: Edward Bunker. L’autore, infatti, con un passato importante e scomodo, ha scoperto il suo talento per la scrittura in carcere, diventando, nel corso degli anni, uno degli autori “crime” più quotati e apprezzati. Solo uno scrittore che ha vissuto certe situazioni può permettersi di portarle nero su bianco in maniera tanto sentita. E lui le ha vissute praticamente per una vita intera.

Una storia noir mossa da personaggi “veri” con le loro emozioni e i loro problemi che finiscono per entrare nella mente e nel cuore. Un vero romanzo per caratteri forti e per chi non ha paura di scoprire un mondo che, in fin dei conti, circonda un po’ tutti. Anche se non tutti se ne rendono conto.

I protagonisti sono tre uomini, ormai segnati dal loro passato, dagli errori commessi quando ancora erano ragazzi, errori che li accompagneranno per tutta la vita, proiettando le loro ombre, ombre di criminali, ombre lunghe di cui non si riesce a vedere la fine, ombre nere che possono gettare nello sconforto, ombre brutte che spaventano i cittadini per bene, macchie la cui responsabilità va imputata, in parte, alla famiglia e all’ipocrisia della società.

Tre uomini che comunque si danno da fare con tutte le loro forze, per uscire dal vicolo cieco in cui li ha cacciati un sistema carcerario spietato e incapace, che non perdona e che forse non ha interesse a perdonare. Con le leggi inasprite fino al limite, rischiando l’ergastolo anche commettendo un piccolo reato, trovando precluse le opportunità di reperire un lavoro in grado di riabilitarli, come potranno mai far parte del cosiddetto “sogno americano”?

E allora sia! Mettere tutto sul piatto, cercando di accaparrarsi la mano decisiva, sarà la scelta obbligata, perché sono pur sempre degli uomini e per essere trattati come tali dovranno obbligatoriamente fuggire oppure ripresentarsi con un bel completo, magari italiano, una macchina sportiva, una casa sulle colline, e soprattutto con un bel mazzetto di banconote ripulite e allora nessuno farà più caso ai loro tatuaggi da galeotti né alle loro brutte facce. Sarà dalla loro parte la fortuna? Dio solo sa se ne avranno bisogno, perché al tavolo su cui si stanno sedendo gioca il destino, e si sa che il destino è il più grande bluffatore che ci sia.

In sintesi un libro maturo, che non mancherà di divertire ma che ci permetterà di riflettere a fondo. Nella prima parte sono le figure dei discepoli a riempire le pagine, e la storia anticipata dell’atteso Troy; l’autore descrive la vita fuori dal carcere come una sorta di limbo, attratto in modo gravitazionale e nefasto dal “male” stesso, che negli anni ha finito per riempire il futuro dei protagonisti. Edward Bunker ci racconta del terrore provocato dal costante inasprimento delle pene e delle condizioni delle prigioni americane, nonché della norma delle “tre condanne” (oltre la terza c’è l’ergastolo) ci fa capire che uno dei perni su cui si fonda il sistema carcerario “made” in U.S.A. è soltanto punitivo e mai correttivo, privato completamente del principio rieducativo che dovrebbe essere primario. Nel contempo è la stessa reiterazione della ricerca facile del vivere, soldi, donne e comodità, a definire i soggetti. Un mondo “altro”, costruito sul crimine, sulla solidarietà tra carcerati ma anche sulla certezza che non vi è altro modo di esistere se non trovando una via per arricchirsi che tenga il più lontano possibile dalla cattura con conseguente nuova privazione della libertà. L’autore fa dire al colto e ancora umanamente equilibrato Troy che non si farà più incarcerare, “meglio la morte che la certezza di finire tra le pareti di una prigione”. La storia ha, nella seconda parte, lo svolgimento del tema e la nemesi correlata: Edward Bunker entra nel romanzo “legando” due scene di partenza quasi nel ruolo di sceneggiatore, il resto è una coerente e fredda narrazione di quella che lui stesso ha conosciuto bene, una realtà che lo ha formato e dalla quale egli ha desunto, uno tra pochi, l’arte di scrivere.

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