Amarga
La morte, apparentemente accidentale, del giovane Mirko Rizzuti, appassionato di parkour, l’arrampicata urbana, catapulta il maresciallo De Mattei e la brigadiera Longano in un dramma profondo, nero, impossibile. Un’indagine che si snoda fra due quartieri di Napoli, prossimi ma ambivalenti: i Quartieri Spagnoli e la collina di Posillipo, e un gruppo di giovani traceurs che inseguono un sogno dettato dalla libertà e dalla fuga. Fughe, amori, intrighi sono gli ingredienti di questo noir partenopeo dai colori forti, simboli di una Napoli drammatica e malinconica, ma così bella da spezzare il fiato.
Una nuova indagine per Titta Longano

Recensione a cura di Dario Brunetti

Gradito ritorno dell’autrice Paola Iannelli che dopo l’esordio letterario con il romanzo Il paradiso non ha un angolo retto, sigla il suo secondo noir edito Homo Scrivens dal titolo Amarga.

Una nuova indagine per la protagonista, la brigadiera Titta Longano e la sua squadra capeggiata in primis dal commissario Vittorio De Mattei, il vice brigadiere Sommella, la dottoressa Maffettone e dar man forte come sempre lo scaltro giornalista di cronaca nera Gegè, tutti impegnati ad affrontare un caso di morte accidentale, si tratta del giovane Mirko Rizzuti, un abile parkeur.

Ma questa volta la classica arrampicata urbana è destinata a finire in tragedia stando agli eventi e alla dinamica della morte del ragazzo. Ma sarà davvero così? Gli inquirenti, Titta in particolare non ci vedono chiaro, servirà un’attenta e accurata analisi della dottoressa Maffettone per stabilire se si sia trattato di un incidente o di tutt’altro.

Napoli, città incantevole e misteriosa, dai mille volti, proprio come i suoi personaggi, in ogni storia che si racconti fanno il bello e il cattivo tempo giocando un ruolo sempre di altissimo piano, li apprezziamo per la loro spontaneità e genuinità ma al tempo stesso ci spiazzano per il loro lato oscuro e nascosto, proprio come i protagonisti di questa opera letteraria, narrata con lo stile e l’eleganza che contraddistingue ancora una volta l’autrice,  già da me molto apprezzata nel romanzo precedente.

Una disciplina dal coefficiente di difficoltà elevato come il Parkour, che nasce in Francia agli inizi degli anni 80, si trasforma in un terribile fatto di sangue sconvolgendo esistenze di giovani, con le forze dell’ordine che sembrano doversi quasi arrendere e servirà solo un’intuizione per dare scacco matto all’intera vicenda per un finale amaro e struggente.

Il lettore troverà facile empatia con tutti i protagonisti di una storia che si tinge di nero, sono anime torbide che sembrano vagare in direzioni opposte ma congiunte, alla fine basterà una flebile voce per confessare il proprio male trasformatosi in crimine, per un solo fatidico attimo quanto basta per consegnarsi alla giustizia.

L’ autrice tratta le sue storie con garbo e delicatezza attraverso pennellate di inchiostro efficaci, sa imprimere la giusta incisività alla narrazione, una peculiarità rilevante ma destinata non a molti che si cimentano in questo genere letterario.

Ogni giovane ha il diritto di inseguire il suo sogno sentendo l’impellente necessità di evadere e per essere libero per sempre, ogni tanto nella cronaca di tutti i giorni come in questa storia, a qualcuno viene negato e un quartiere piange un’anima strappata alla vita forse troppo presto.

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