Il mare non bagna Napoli – Anna Maria Ortese

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ll libro che vi propongo “Il mare non bagna Napoli” uscì nel 1953 per i tipi di Einaudi nella collana I gettoni ed era composto da cinque racconti e causò qualche problema alla sua autrice: Anna Maria Ortese. Il libro di Ortese fu oggetto di dibattiti accesi, con alcune persone che elogiarono il suo coraggio nel sollevare tematiche trascurate, mentre altre contestarono la sua visione negativa e dura della realtà. La forza critica delle parole di Ortese ha continuato a scuotere le coscienze, portando a una riflessione più ampia sulla società italiana e sulle questioni sociali. “Il mare non bagna Napoli” è un’opera che va oltre il suo tempo, è un’analisi critica e profetica della società italiana. Per lettori e lettrici contemporanei il libro offre la possibilità di esplorare una città nel dopoguerra con tutte le sue contraddizioni.

Nel corso della sua vita, Anna Maria Ortese ha svolto un’intensa attività giornalistica, scrivendo per vari giornali e riviste. L’attività giornalistica di Ortese è stata complementare alla sua produzione letteraria, consentendole di esplorare in profondità i temi sociali e culturali che tanto l’hanno appassionata. Anna Maria Ortese ha trascorso gran parte della sua vita lontana da Napoli, dopo la pubblicazione di “Il mare non bagna Napoli”, tornò raramente, anche a causa delle alle reazioni negative e alle polemiche suscitate dal suo libro all’interno della società napoletana.

Oltre alle critiche perché l’immagine della città di Napoli usciva devastata, un’altra critica pesante che le venne mossa fu che all’interno del racconto “Il silenzio della ragione” avesse usato i nomi reali delle persone di cui scriveva, provocando in alcuni di loro fastidio misto a indignazione e rabbia. Ortese dichiarò in più occasioni che la richiesta di utilizzare i nomi veri dei personaggi dei suoi scritti le venne da Elio Vittorini. Le parve che la richiesta fosse ragionevole perché senza i nomi  il ricordo avrebbe perso il senso.  Dichiarò inoltre che ripensava a quelle pagine con senso di colpa.

Né alla prima lettura, né alla rilettura di questi giorni per la rubrica, ho avuto la sensazione che Ortese volesse mettere in cattiva luce Napoli, anzi credo che la sua lucidità nel descrivere la città e i suoi abitanti,  per quanto forte, fosse e sia ancora una fotografia del periodo storico.

La sua produzione letteraria le valse alcuni premi tra cui il Premio Strega con “Poveri e semplici ” nel 1967.

 

Trama

Al suo primo apparire, nel 1953, Il mare non bagna Napoli sembrò a molti inserirsi in quel filone che allora e dopo venne chiamato «neorealismo». Era tutt’altra cosa. Nato dall’incontro della scrittrice con quella città – che era e non era la sua – uscita in pezzi dalla guerra (un incontro che fu insieme un addio: a Napoli la Ortese non tornerà, in seguito, praticamente mai), il libro è la cronaca di uno spaesamento. La città ferita e lacera diventa infatti uno schermo sul quale l’autrice proietta ciò che lei stessa definisce la propria «nevrosi»: una nevrosi metafisica, una impossibilità di accettare il reale e la sua oscura sostanza, la cecità del vivere, un orrore del tempo che ogni cosa corrode e divora – e insieme il riconoscimento del «cupo incanto» della città, del mondo. Tutto il libro, con la sua scrittura «febbrile e allucinata» e al tempo stesso rigorosissima, è un grido contro questo orrore, da cui lo sguardo – come quello della bambina Eugenia il giorno in cui mette gli occhiali, nel primo, indimenticabile racconto – vorrebbe potersi distogliere: e non può.

Recensione a cura di Manuela Baldi

Il mare non bagna Napoli” scritto nel dopoguerra è un’opera letteraria di straordinaria qualità, soprattutto per la sua capacità di affrontare tematiche sociali e culturali profonde. Già dal titolo si può comprendere che ci aspetta una lettura da una prospettiva diversa. Ortese si distingue per il suo sguardo penetrante sulla realtà, portando alla luce le contraddizioni della società italiana del tempo. La Napoli descritta nel libro non è l’immagine stereotipata di una città pittoresca bagnata dal mare, ma piuttosto un luogo intriso di disagio sociale, povertà e alienazione.

Il libro è composto da una serie di racconti e articoli che esplorano la condizione umana in diverse sfaccettature. Storie di vita quotidiana delle persone, la dura realtà del dopoguerra, la lotta per la sopravvivenza, ma anche “il Gruppo Sud”  composto da giovani intellettuali napoletani che, come disse Ortese, furono all’origine del suo libro.

Le descrizioni spesso crude e impietose, ma al contempo cariche di una profonda empatia per le persone comuni scritte in modo ricco, penetrante e poetico, con una capacità di catturare le sfumature più profonde della realtà. La vita quotidiana è descritta in modo realistico, aiutando chi legge ad immergersi nei luoghi a capirne le atmosfere. Nei suoi scritti si percepisce il suo impegno sociale e politico. È indubbia la sua capacità di ritrarre la complessità della vita urbana.

Nell’edizione del 1994, Ortese cercò di spiegare le sue ragioni, inevitabilmente si riaccese il dibattito e le polemiche legate all’opera vennero riportate alla luce.

In sostanza, la Napoli descritta da Ortese è una città che si confronta con le sfide del dopoguerra, con le sue contraddizioni e con la difficile vita quotidiana di molte persone. L’autrice offre uno sguardo penetrante sulla realtà della città, andando oltre gli stereotipi per esplorare gli strati più profondi della sua società.

Consigliato a chi cerca una lettura impegnativa, densa di significati e pronta a offrire una riflessione critica sulla società e sulla condizione umana, riferita al primo dopoguerra.

 

Dettagli

  • Genere: narrativa
  • Copertina flessibile: 176 pagine
  • Editore: Adelphi (21 maggio 2008 16^ed. – 1^ edizione 1953 per Einaudi)
  • Lingua: Italiano
  • ISBN – 10: 8845922855
  • ISBN-13: 9788845922855
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