Andrà tutto bene. Questa frase accompagnata dal disegno di un arcobaleno ci è diventata familiare. Ci ha dato la speranza di riuscire a superare uno dei momenti peggiori degli ultimi anni. Tre parole per provare a instillare quella fiducia che il mondo sta perdendo.
Andrà tutto bene.
Ça va bien aller.
Un piccolo logo può però cambiare la sua accezione se viene pronunciato con intenzioni diverse. L’arrivo dei vaccini ci ha liberati da un incubo, ora è necessaria una ripartenza. L’uscita dalla pandemia ha aperto scenari drammatici anche dal lato economico, quindi se i Paesi vogliono tornare ai livelli pre Covid-19 la soluzione migliore è quella di sbarazzarsi delle cosiddette persone inutili: anziani e disabili. Tutto questo attraverso l’eutanasia e l’aborto obbligatorio in caso di feto imperfetto. Un tale comportamento porterebbe al risparmio di soldi da riutilizzare per la ricostruzione economica post Covid. Semplice, no?
Ça va bien aller. In questo modo tutto andrà bene.
Una folle teoria manifestata dalla professoressa di statistica Robinson. La donna sta cercando di convincere le masse che questo sia l’unico modo per fare ripartire l’economia. E, per rendere più veritiere le sue affermazioni, la scienziata sta girando il Paese per tenere conferenze su questo assurdo progetto. Ottiene il permesso per un convegno proprio a Three Pines, il villaggio del Canada dove esercita la sua attività Gamache.
Il commissario si rende conto che ospitare un personaggio così discutibile può costituire un rischio anche in quel minuscolo borgo e si attiva per evitare le eventuali proteste causate dai detrattori. Ma il timore diventa un’orribile realtà.
Durante l’assemblea viene sventato un attentato ai danni della Robinson e, la sera di Capodanno, la sua assistente viene uccisa.
La squadra del commissario si mette all’opera per trovare i colpevoli e, dalle prime indagini, emergono fatti che costringono Gamache a tornare a un passato dal quale affiorano problematiche importanti.
Si punta il dito sulla diversità, sulle imperfezioni che vengono considerate delle piaghe da debellare. Esattamente come chi è anziano, chi è disabile non ha il diritto di vivere perché è solo un peso per la società.
Parole dure che puntano il dito su una collettività che ragiona con canoni predefiniti, dove conta più l’apparire che l’essere, dove non esiste la libertà: tutti devono adeguarsi ai canoni stabiliti. Canoni che non si sa nemmeno da chi siano deliberati, ma che molti seguono per indolenza.
Louise Penny ha una straordinaria capacità di fare emergere i lati oscuri dei personaggi. Gamache, Beauvoir, Lacoste sono costretti a fare i conti con la loro coscienza, a interrogarsi e a cercare risposte che sembrano scontate ma che insinuano nella mente tarli difficili da debellare.
Pagine lievi si alternano ad altre più crude, giorni di festa si avvicendano a momenti di buio e tematiche frivole si scambiano con temi importanti.
Penny riesce a farci vivere l’atmosfera di questa piccola borgata dove le persone si conoscono da sempre, dove il freddo cattura l’attenzione, dove la neve rende affascinante persino un bosco misterioso.
In un paese candido, coperto dalla neve, concetti così duri stridono con la nitidezza dei luoghi che l’autrice riesce a rendere quasi incantati.
Un thriller incalzante che, se da una parte affascina per l’ambientazione e la semplicità dei personaggi, dall’altra fa inorridire per la crudezza delle teorie esposte, in nome della libertà e della realizzazione personale.