Una sirena a Settembre
Nella città della Sirena le cose non sono mai come sembrano. Una doppia sfida per Mina Settembre, l’irresistibile assistente sociale del Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest. Accadono due fatti. Due fatti che appaiono chiari, eppure a Mina i conti non tornano. Un’anziana viene scippata, cade e finisce in coma. Sin qui nulla di strano, purtroppo; è la soluzione del caso, il modo in cui arriva, a non convincere. E convince poco pure il secondo episodio, una scena di povertà estrema mandata in onda da una televisione locale: un bambino che si contende del cibo con un cane fra montagne di spazzatura. No, a Mina i conti non tornano proprio. Così, con l’aiuto dell’innamoratissimo Mimmo Gammardella, il ginecologo più bello dell’universo, e a dispetto del suo caustico ex marito, il magistrato Claudio De Carolis, decide di indagare. Solo che deve stare attenta, perché di mezzo, in questa vicenda, ci sono parecchie sirene, e le sirene, si sa, incantano. Per fortuna, a far da guida tra inganni e malintesi, c’è la Signora, straordinario personaggio che attraversa tutto il romanzo, una delle invenzioni più poetiche nate dalla fantasia di Maurizio de Giovanni.
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Sempre più De Giovanni diventa un “raccontatore di storie”, come ama definirsi, e i suoi romanzi con sempre più difficoltà possono essere per forza inseriti in un contesto specifico di genere. Non sono più prettamente gialli o noir, ma sono un tutto, sono narrativa allo stato più puro con le incursioni da tanti mondi diversi e modi differenti di scrivere. Ovviamente non cambia nella sua essenza l’autore, che si diverte e far incontrare i suoi personaggi con i lettori e a rendere il rapporto tra tutti sempre più stretto. Ci sembra di poterli vedere camminare per strada, ci sembra, leggendo, di poterli incontrare anche noi, dal vivo, uscendo dal portone di casa. A volte c’è quella straordinaria sensazione che non siano personaggi “di carta” ma siano vivi e vegeti, che vivano le loro passioni a Napoli, in una città mirabolante e piena di tanto, a pochi chilometri da noi. Ecco la magia del raccontare storie di Maurizio de Giovanni. I suoi personaggi prendono sostanza, diventano di carne e ossa, escono dall’immaginazione del lettore e lo affiancano mentre si scorrono le pagine. Quasi ci si può compenetrare, non si è solo più degli occhi fuori campo a osservare le scene, non è più solo immaginazione.

Scene teatrali e storie tangibili. Che altro si può desiderare dalla lettura di un ottimo romanzo. E poi la ciliegina sono le risate che si possono fare grazie alla sottile e affilata ironia dell’autore. Come dice sempre, “ridere fa parte della vita, è necessario anche questo”.

A Maurizio de Giovanni riesce facile, dunque, una cosa per cui bisogna solo essere portati, far ridere il pubblico. Ciò dimostra ancora una volta, se ce ne fosse un barlume di dubbio, quanto in questi anni sia evoluto e cresciuto come autore e come sia ampliata la sua scrittura.

Le storie sono piene e non è possibile distrarsi, in poco tempo (troppo poco tempo) si arriva alla fine e inizia la nostalgia e quella attesa di poter incontrare di nuovo tutti i personaggi delle storie di De Giovanni.

Ultimo, ma non ultimo, il personaggio della Signora, quella voce fuori campo che indica allo scrittore come sono le storie. Le racconta mentre prepara da mangiare. Maurizio ci chiede “cosa fa in fondo una madre?” e poi ci spiega “una madre racconta storie e prepara da mangiare. Ecco cosa fa una madre”.

La più dolce e la più affettuosa delle dediche di un figlio molto fortunato.

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