Sono felice, dove ho sbagliato?
Vincenzo Malinconico è tornato ed è alle prese con un’ingiusta causa. D’amore. Già, c’è di mezzo l’amore anche stavolta, ma un tipo d’amore con cui Malinconico non ha avuto ancora a che fare, professionalmente parlando: l’amore impantanato, quello di chi pensa di avere diritto a un risarcimento per il dolore. Perché è proprio questo che gli chiedono gli Impantanati, sei donne e due uomini uniti in una strampalata associazione: di intentare una causa epocale per danni da sinistri sentimentali. E l’assurdo può sembrare a tratti possibile, al più eccentrico avvocato d’insuccesso di sempre. Sono anni, e tanti libri, che le parole di Malinconico ci risuonano in testa. Qualche volta abbiamo persino seguito i suoi consigli non richiesti. Ed eccolo di nuovo qui, fedele nel ridersi addosso un attimo dopo aver detto una cosa che sembrava quasi vera. L’amore può ingolfare una vita, metterla in attesa, in balia degli anni che passano. Tutti conosciamo coppie sfinite da rapporti senza futuro: amori dove i progetti, i desideri e persino i diritti ristagnano. A volte è proprio il legame, il problema. I rapporti di forza, il tempo sul groppone, il presente che dà dipendenza. Poi capita che una mattina la parte debole si svegli e decida che è venuto il momento di fare i conti. È quello che succede nella sesta avventura di Vincenzo Malinconico, l’avvocato delle cause perse ancor prima d’essere discusse, quando Veronica, la sua compagna, gli manda in studio una coppia di amici che gli chiedono d’intentare, con una class action, una causa epocale per l’infelicità di coppia. La pretesa dei due, apparentemente demenziale (ma Malinconico è avvezzo a questo genere di situazioni), si basa su un assunto neanche così sbagliato: se esiste un diritto privato, perché la sfera privata dei sentimenti non dovrebbe andare soggetta alla stessa legge che regola i rapporti patrimoniali? Fosse per Malinconico la chiuderebbe lì, anche perché ha altro di cui occuparsi (Alagia che sta per farlo diventare nonno, Alfredo in fibrillazione per il suo primo cortometraggio, uno strano figuro che lo pedina), ma finisce per cedere alle insistenze del suo socio Benny e si ritrova a partecipare con lui agli incontri degli Impantanati. E noi lo sappiamo bene: quando Malinconico si fa trascinare in una situazione che gli sta stretta, sbrocca ma riesce persino a divertirsi. Sicuramente a farci divertire come non mai, in questo che è uno dei romanzi più mossi e vivi di Diego De Silva. Fra risate, battibecchi, colpi di scena e ordinarie drammaturgie familiari, Malinconico riuscirà ad articolare una stralunata difesa. Ma di se stesso, soprattutto.
Il pantano amoroso è così: uno stallo che può avere tipologie diverse!

Il titolo del libro è la domanda che l’avv. Vincenzo Malinconico fa al suo amico e collega Benny Lacalamita alla fine della storia. Questa volta l’avv. Malinconico, stralunato personaggio nato dalla penna di Diego De Silva, è alla prese con una richiesta bizzarra. Si tratta di iniziare una causa collettiva, una class action, per l’infelicità di coppia. Troppo anche per Malinconico, l’avvocato d’insuccesso, che però, per amore della sua compagna Veronica, prova a capire di cosa si tratti. Ne escono delle pagine esilaranti che, ancora una volta, ci mostrano il Malinconico-pensiero. Il personaggio è protagonista di una serie di libri e quindi per chi lo seguisse dall’inizio i suoi modi di fare, la sua svagatezza, i suoi vizi, la sua profondità di pensiero, i suoi gusti musicali e filmici, sono conosciuti. Il libro però va benone anche per chi si avvicinasse per la prima volta al personaggio. Le prime pagine ci danno subito un esempio di come ragiona l’avvocato Malinconico, fornendo la descrizione dei pantani possibili (riferendosi a pantani amorosi): Pantano A (o pantano del figliol prodigo), Pantano B (o della ritrovata maturità), Pantano C (o del falso problema), Pantano D (o della rivalsa). Il libro vale la pena anche solo per queste pagine iniziali.

Avrete capito, l’avvocato Malinconico è un personaggio che mi piace molto. Il “caso” di questa volta è di quelli impossibili, ma come sempre Malinconico non riesce a dire parole chiare, definitive, a rifiutare. Ha paura di far arrabbiare la sua compagna Veronica, il fatto che Benny, il suo collega, si interessi della possibile causa lo demotiva ancora di più. A corollario di questa situazione, ci sono anche le minacce di un losco figuro e l’interessamento di una giudice, metteteci poi che la figlia Alagia gli annuncia che sta per diventare nonno e capirete che tutte queste cose, tante per il povero Malinconico, gli rendono faticoso pensare a tutto.

Quelle di Diego De Silva sono pagine piene di ironia ma anche di pensieri profondi, con il sorriso si è indotti alla riflessione. Per esempio, mentre sta pronunciando l’arringa finale in un processo per stupro, Malinconico si ferma e viene riportato alla realtà anche con una gomitata del suo socio ripresosi, perché ufficialmente stava raccogliendo le idee, finisce il suo ragionamento così… :” Allora vi chiedo: per favore, basta. In questo processo di dolore ne abbiamo visto e sollecitato abbastanza. Sapete quanto vi serve per decidere. La parte lesa vi ha detto ogni cosa, e l’ha fatto malgrado le strategie tentate dal suo aggressore per sporcarne il racconto e iniettarvi il dubbio di un tacito assenso. Datele ascolto. Date un valore al dolore aggiuntivo che Valentina si è inflitta rinunciando al diritto di tenere la bocca chiusa.”
Le vicende narrate trovano una loro conclusione e ho apprezzato molto anche l’appendice finale titolata Allora perché era rimasta in sospeso una vicenda che meritava, non dico un finale, ma almeno qualche parola in più.

Da leggere se vi piacciono i tipi svagati.

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