Rose di Capodanno
Un’operatrice sanitaria viene assassinata in circostanze scabrose e con modalità strambe nel corso di un incontro carnale clandestino sul posto di lavoro. È la vigilia di Capodanno e la Questura di Teramo è a corto di personale. La PM in servizio, un’ultracinquantenne di intenso glamour e raro fiuto investigativo, incarica l’ispettore capo Vera Ferri della conduzione delle indagini. Reduce da una relazione abusiva, la Ferri ravvisa presto nel delitto la mano di uno psicopatico. Ad affiancarla nell’inchiesta, l’incantevole ispettore Stella Bellosguardo, appassionata di film horror, e lo psichiatra forense Massimo Dejana, clinico brillante e nerd incallito. Il commissario Mariano Forandola, perdutamente innamorato di Vera e al momento in malattia, collabora dietro le quinte con la sua sostituta. La scena del delitto è una vecchia scuola trasformata in istituto di riabilitazione. Un edificio disarmonico, labirintico, che fronteggia la serra monumentale adattata a convento in cui risiedono quattro consacrate decisamente sui generis: le Suore Gertrudine, che non disdegnano la cura di sé.
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Lo dico subito: il finale non mi è piaciuto. Per ovvi motivi non posso raccontarvelo ma tant’è, leggete il libro e capirete la mia dichiarazione di apertura. Nonostante il finale, la narrazione mi ha convinta. Caterina Falconi ci regala una storia forte, scrivendo di un tema che generalmente è trattato nei saggi: l’abuso narcisistico. Lo fa con mano sicura non eccedendo in tecnicismi e rendendo la storia vera e credibile. C’è tutto; storia, protagonista, coprotagonisti, movente, ambientazione. A libro chiuso e lettura finita, ho cercato di fissare le mie sensazioni. La prima è stata la sensazione di sospensione: in generale quella che si intuisce nelle persone che dopo il terremoto vivono in una sorta di attesa, quella della protagonista, Vera Ferri, che ha deciso di non avere storie d’amore impegnative, quella delle suore Gertrudine, così diverse dalle suore che conosciamo e che vivono in una serra monumentale riadattata con ampie vetrate, protette come fiori. Quella della vittima, che apparentemente vive una vita tutta casa e lavoro ma…

La seconda sensazione è quella del piacere di leggere protagoniste femminili, vittime, carnefici, un corollario (ecco i fiori che tornano) di personalità, di caratteri che raccontano del nostro mondo, che a volte pare stereotipato ma che invece è fatto di innumerevoli sfumature.

Dopo aver lasciato spazio alle mie sensazioni ho pensato anche alla struttura del libro e alla storia, esercizio che faccio sempre dopo aver letto un libro, indipendentemente che lo recensisca o no, e posso dire che l’ho trovato interessante, originale, con descrizioni essenziali e con una scelta di parole limate, calzanti. Riporto qui un paio di frasi che mi hanno colpito, ma vi assicuro che sono molte di più.

… Questa storia è per gli uomini che vessano gli innocenti con falsi pretesti. (Fedro, citazione iniziale)

…Dopotutto stava andando a morire di piacere. 

…La campagna teramana non è tutta così. È ubertosa e verdeggiante sul versante litoraneo scolpito da dolci declivi collinari.

…Massimo Deiana era Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) da almeno un lustro, ma amava definirsi, e mentre lo faceva si accarezzava la pancia rotonda, uno psichiatra TUC, come la marca dei cracker salati…

…La Ferri varcò la soglia del convento con la sensazione di penetrare in una bolla di inconsistenza… Le suore avevano rivestito le vetrate di un complesso apparato di tende blu che potevano essere aperte o tirate a piacimento e trasudavano un riverbero azzurro…

…C’era un ricordo, apparentemente scollegato dai rimpianti, che piano piano si era formato nella sua testa e reclamava attenzione con urgenza gravitativa…

…”In questa vita” pensò “solo il male riesce a lambire una sorta di spaventosa perfezione. Chi sceglie il bene si fa spigolatore di briciole.”…

Ne consiglio la lettura agli amanti del thriller psicologico ma mi permetto di sottoporlo anche all’attenzione di chi cerca un libro scritto bene con una storia forte.

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