Fred Vargas è lo pseudonimo che la scrittrice francese Frédérique Audouin-Rouzeau ha deciso di adottare in omaggio alla sorella gemella Jo, una pittrice che nelle sue opere si firma appunto Vargas (Vargas è il cognome del personaggio interpretato da Ava Gardner nel film La contessa scalza).
È ricercatrice di archeozoologia presso il CNRS ed è specializzata in medievistica. Per cinque anni ha lavorato sui meccanismi di trasmissione della peste dagli animali all’uomo. Scrive ogni suo romanzo in ventuno giorni, durante il periodo di vacanza che si concede ogni anno. Rivede poi il testo per tre o quattro mesi, con il suo editor privilegiato: la sorella Jo.
Ha pubblicato dieci romanzi, un libro di racconti e un fumetto con protagonista il suo celebre commissario sui generis Jean-Baptiste Adamsberg. È un uomo introspettivo, spesso considerato non convenzionale dai suoi colleghi, disordinato, distratto, che suscita irritazione a volte per il suo essere distaccato e nelle nuvole. Il suo approccio intuitivo alla risoluzione dei crimini contrasta con i metodi più logici dei detective tradizionali. Insomma un anti-Poirot per eccellenza. Fa il paio con il suo vice Danglard, colto e preciso, due tipi e due poliziotti antitetici con due metodi d’indagine contrapposti che si compensano.
Questo libro è il terzo della serie ed ha una trama insolita e accattivante allo stesso tempo. La storia si concentra infatti sulle indagini effettuate da Adamsberg quando grandi “4” rovesciati vengono dipinti sulle porte di un palazzo parigino. Ben presto il numero dei palazzi nei giorni successivi aumenta e un uomo che abitava in uno dei palazzi ma la cui porta era priva di segni viene trovato ucciso.
Joss le Guern, un ex marinaio e galeotto bretone ha saputo reinserirsi nella società parigina con un’idea innovativa: ha reinventato il mestiere del banditore, una tradizione ottocentesca, scomparsa ai tempi di Joss, che non vende più le informazioni della stampa, ma i messaggi di tutti. Chi paga può lasciare il suo messaggio nella sua scatola marinaresca e lui lo leggerà all’incrocio Edgar Quinet-Delambre. C’è il lecito, che non pone problemi come i messaggi d’amore, le minacce appena nascoste o la vendita di verdure. E poi c’è l’illecito, che Joss non legge perché è troppo volgare. In mezzo, ci sono gli speciali. Da qualche settimana infatti, qualcuno infila messaggi allo stesso tempo spaventosi e intriganti in costose buste. Decambrais, un residente locale con un passato inquietante, decide di indagare su questa letteratura lasciata all’asta. Geniale Vargas in questa riabilitazione della professione di banditore.
Il suo commissario intuisce il nesso tra i segni sulle porte e i messaggi di sventura inviati al banditore che si scoprono sempre più legati alla peste.
L’universo molto particolare di Fred Vargas, dove le leggende del passato incontrano eventi storici reali, l’ha ispirata a utilizzare il neologismo “rompol” per descrivere i suoi romanzi polizieschi che si distinguono dai “thriller” oscuri e violenti.
Fred Vargas ha scritto sia una storia all’apparenza improbabile sia un romanzo molto ben documentato sull’epidemia di peste nera della metà del Trecento, ma anche quelle del 1720 a Marsiglia e quella degli straccioni a Parigi nel 1920, chiamata dalle autorità “malattia n° 9” per non spaventare la popolazione e il tocco storico si inserisce bene nell’avventura e non si ha mai l’impressione che l’autrice stia solo cercando di mostrare quanto sia erudita.
Adamsberg indaga con il suo vice nell’ambiente in cui vive Le Guern mentre il panico si diffonde in città e si fa aiutare da specialisti ricercatori storici e archeologi, già protagonisti di altri libri della Vargas, conoscitori della peste. Approfondisce la conoscenza della fauna umana che abita il quartiere di Joss Le Guern e tutti i personaggi raccontati, bizzarri, inconsueti, caratteristici, suggestivi, si fanno amare e apprezzare, le loro storie sono uno spaccato di vita reale. I due bretoni Le Guern e Decambrais sono centratissimi.
La ricerca del novello untore che uccide le proprie vittime mentre semina una nuova epidemia, passa per la ricerca archeologica delle fonti, dei testi originali perché “non si tritura un testo di un Antico, lo si rispetta e lo si onora” e l’epidemia che ha fatto più morti della peste si chiama superstizione. La parte dell’untore che è psicologicamente legata alla sua storia inquietante, insieme a credenze legate alla storia della sua famiglia è ben ponderata e coerente.
Originale il mix di serial killer ed erudizione medievale. Riporta alla mente le grandi paure di ieri, e allo stesso tempo una leggerezza stupefacente.
Il romanzo col passare delle pagine diviene sempre più avvincente, più interessante, tanto da raggiungere un climax assoluto in alcuni momenti prima del finale.
Il titolo del romanzo originale si ispira a un’espressione apparsa per la prima volta durante il Medioevo, durante epidemie come la peste e nel libro ne è spiegato il significato: è un “rimedio” contro la peste. “Cito, longe fugeas et tarde redeas” significa letteralmente “Presto, fuggi lontano e torna tardi” Incomprensibile il motivo della modifica in italiano (ritengo non dovuta alle traduttrici, tra l’altro bravissime: Manuela Balmelli e Margherita Botto).

