Norferville
Léonie è una “mela”: rossa fuori, bianca dentro. Così l’hanno sempre chiamata i nativi americani della riserva, perché è figlia di una madre innu e di un padre bianco. È cresciuta a Norferville, una piccola cittadina mineraria tagliata fuori dal mondo, nel Grande Nord canadese. Dopo la chiusura della miniera, Léonie abbandona la sua terra di ghiaccio e si ripromette di non rimetterci mai più piede, perché Norferville l’ha brutalizzata lasciandole una ferita che non si rimargina. Ma la vita decide altrimenti e, vent’anni più tardi, Léonie si ritrova costretta a tornare in quel luogo maledetto e affrontare una volta per tutte i fantasmi del passato. Ad altre latitudini, Teddy Schaffran – un criminologo di successo che indossa un’enigmatica benda da pirata sull’occhio sinistro – è tormentato da un antico dolore. Anche lui ha un grosso conto in sospeso con Norferville e le sue sorti sono destinate a incrociarsi con quelle di Léonie. Al centro di tutto, un efferato omicidio che solleva enormi interrogativi e scoperchia un vaso di Pandora di cui Léonie è determinata a vedere il fondo. Il maestro Thilliez ha colpito ancora: in quest’ultimo straordinario thriller il freddo del profondo Nord quebecchese penetra nelle ossa del lettore e lo accompagna fino all’ultima pagina mentre i vari ingranaggi si incastrano perfettamente, rivelando un quadro d’insieme tanto complesso quanto mostruoso.
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Decisamente da leggere l’ultimo di Thilliez, “ Norferville “. Thilliez ci porta a conoscere Norferville, nel Quebec in Canada. Un luogo ricco di giacimenti di ferro, che in passato ha dato un po’ di lavoro agli indigeni e che ora vede presenti anche uomini d’affari, noti sportivi, turisti per apprezzare l’aurora boreale, biologi, geologi ecc … ma allo stesso tempo una triste prigione, che inghiotte e cancella, città cimitero che ti seppellisce, con lo stesso trantran giorno dopo giorno, all’infinito, la noia fatta città, notti invernali 9 mesi su 12 interminabili che fanno andare fuori di testa i suoi abitanti; famiglie che vivono nell’ozio, anestetizzate dai sussidi governativi dall’alcol e dalle droghe, con i poliziotti, ovviamente bianchi, che instaurano un regime di paura verso le comunità indigene nelle quali c’è una vera e propria epidemia di suicidi; indigeni rinchiusi nelle riserve per assimilare la cultura bianca con i giovani che se ne vogliono andare. Una cittadina a doppia velocità: indigeni nella miseria che manifestano a difesa delle loro terre ancestrali, e lusso; con il color mercurio dominante, il colore della nebbia; anche se è stato detto tanto, si può dire che non è stato detto tutto in quanto Norferville non si può spiegare a parole ma va sentita nel profondo delle viscere. In questa cittadina si incontrano i destini dei due protagonisti di queste 380 pagine. Da una parte Leonie, di madre Innu, nativi che si tramandano la propria cultura oralmente e, incredibile ma vero: la parola libertà non esiste perché non si può definire qualcosa che è dappertutto ed allo stesso tempo da nessuna parte, gli spazi sono privi di recinzioni e nemmeno gli animali sono rinchiusi; e padre bianco, una “ mela “ rossa fuori e bianca dentro, nata,cresciuta, e traumatizzata,a Norferville è obbligata, a causa di una professione che non da scelte, a tornarvi, ufficiale di polizia sottoposta a discriminazione di genere e razziale; dall’altra Teddy Schaffran, investigatore psicologo criminale affermato, che gli eventi della vita lo catapultano a Norferville, consapevole del fatto che l’essere criminologo se non può risolvere il caso sul quale si svolgono le indagini, certamente può dare un punto di vista utile, come del resto accade in questo vero e proprio thriller, con una vita costellata di dolori, infinitamente solo. Un thriller che è un intreccio riuscitissimo ed interessantissimo tra l’indagine che i due portano avanti, il rapporto negativo dei canadesi, le cui forze dell’ordine si contraddistinguono per l’indifferenza del crimine che i nativi subiscono,che fanno uso ed abuso della cosiddetta “ cura geografica “ ( prendere gli indigeni “ esuberanti “ed abbandonarli lontano dalla città), nativi che vengono definiti “ banda di delinquenti “, “ canaglie “ diceva Sarkozy, che subiscono non solo la distruzione del territorio, la natura stravolta, maltrattamenti ed aggressioni sessuali, ma soprattutto l’imposizione di una violenta deculturazione; a tutto questo c’è da aggiungere la scomparsa delle native nell’apatia politica ed indifferenza dei mass-media, scomparsa che in quanto tale non può permettere di elaborare il lutto ed è quindi peggio della morte. Razzismo e violenza contro le donne Un thriller che ci interroga, anche, su cosa è il progresso e la tradizione. Con questo thriller Thilliez conferma il suo talento che già in passato era emerso.

Talento che lo porta ad essere tra i protagonisti del noir francese.

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