Non ho una buona notizia da darti
Nelle prime ore del mattino il Vicequestore aggiunto Parodi Marco viene contattato telefonicamente presso la propria abitazione dal capoturno della Squadra Volante, ufficio da lui diretto. Un suo capopattuglia è stato accoltellato nel corso di un intervento. Durante il tragitto che Parodi percorre per raggiungere la Questura, transita nelle vicinanze dello stadio comunale che lo porta a ricordare i suoi primi servizi di ordine pubblico svolti quando era di stanza presso il Reparto Celere. Non sono stati anni facili; dal carattere ansioso, Parodi rievoca i momenti particolarmente delicati della propria professione: le “cariche di polizia”, i disordini allo stadio, gli scontri con gli accesi e irriducibili gruppi ultrà. Rivede quelle facce paonazze urlanti, quelle bocche schiumanti, gli slogan infamanti, gli sputi. Molti di quei servizi sono stati motivo di conflitti interiori. Peraltro, la vita presso il Reparto ha anche determinato momenti emotivamente intensi come il particolare affiatamento nato tra lui ed il cane poliziotto Mark. Appassionato ciclista ha come valvola di sfogo le rilassanti pedalate che, libero dal servizio, svolge nella verde campagna dell’entroterra genovese. Il romanzo termina con l’arrivo di Parodi in Questura dove lo attende un’amara verità, che scoprirà coordinando le indagini per scoprire l’autore dell’accoltellamento del suo capopattuglia.
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Davvero curiosa, questa “opera prima” di Leonardo Massabò, vicequestore della polizia di Stato, in pensione da qualche anno, e che ora propone questo romanzo di esordio, interamente ambientato negli anni di apprendistato del protagonista Marco Parodi. Che si tratti del suo alter-ego? La domanda si impone da subito, perché queste vicissitudini, che si sviluppano nell’arco di qualche anno, si soffermano sul vissuto all’interno della polizia, sulle dinamiche dell’organizzazione dei servizi di ordine pubblico, in una realtà complessa e affascinante come quella genovese, e soprattutto sanno coinvolgere in modo diretto e sincero il lettore.

Proprio questo fattore di sincerità, ben camuffata dalla finzione narrativa, riesce comunque a farci assaporare le atmosfere reali della vita interna ai corpi di polizia, di fronte alle situazioni più disparate, dalle manifestazioni operaie con tanto di blocco della linea ferroviaria a tutela dei posti di lavoro al corteo improvvisato degli ultras di fronte alla sede di un club calcistico di serie A (in corso di lettura, ho immediatamente pensato al Genoa dell’epoca del presidente Aldo Spinelli). Ed è ciò che ci spinge avanti nel corso della narrazione, pur mancando un movente, un omicidio, una vicenda devastante che lasci il segno nel corso dello sviluppo di questo romanzo. Perché ciò che rileva per l’autore è la fase di formazione del giovane sbirro Marco Parodi, alle prese con un apprendistato graduale, molto particolare, e pieno di difficoltà e aneddoti curiosi.

Come si può dunque classificare il romanzo “Non ho una buona notizia da darti2? Come un romanzo noir? Non saprei rispondere in modo netto alla domanda. Ma è evidente che si tratti di un romanzo dedicato al mondo delle forze dell’ordine, alle sue dinamiche interne, al rapporto tra lo Stato e la comunità territoriale, nelle sue varie sfaccettature, ed è ciò che emerge in modo molto evidente, con una dinamica monodirezionale, quella cioè degli uomini in divisa. Un approccio diverso, rispetto a quello febbrile, intenso, e multi angolato, che aveva contraddistinto “A viso coperto” di Riccardo Gazzaniga, tanto per fornire un esempio di narrativa al quale ho pensato, proprio mentre leggevo questo romanzo di Leonardo Massabò. E che, spero, possa avere un seguito, per scoprire le nuove e ancor più intriganti avventure del vicequestore Marco Parodi, magari alle prese col lato oscuro della Liguria criminale.

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