Nel peggiore dei modi
«Sparatoria con morto». La chiamata della volante arriva alle otto e mezza del mattino negli uffici della Terza Sezione della Questura di Milano, meglio nota come Squadra Omicidi. Ancora in piedi accanto all’attaccapanni, senza aver ottemperato al solito rito del caffè mattutino, il commissario Cavallo si rimette il loden e si dirige con l’ispettore Montano sul luogo del delitto. Quando arrivano, l’area della sparatoria non è stata ancora transennata. Il cadavere giace in una chiazza di sangue e terra, e il cappotto di cachemire della vittima ne è intriso. A mezzo metro dal corpo, una scarpa ancora allacciata, persa probabilmente nella caduta. Poco distante, una Mercedes parcheggiata di sbieco sul marciapiede. L’ispettore Montano si china sul cadavere e infila una mano nella giacca. Ne estrae un portafogli di coccodrillo, poi una patente che dice Giacomo Riva, nato a Milano, residente in via Compagnoni. È il 1990, e il commissario Cavallo sa che quelli sono gli anni dell’espansione delle grandi organizzazioni criminali a Milano: esecuzioni mafiose con tutti i crismi, e con delinquenti più o meno noti come vittime, si sono già succedute in discreto numero in città. Tutto fa supporre che l’assassinio dell’uomo che risponde al nome di Giacomo Riva sia maturato nell’ambito della criminalità organizzata, con un killer freddo e spietato piombato a Milano dal profondo della Sicilia o da qualche metropoli del Nord Europa. Una storia semplice, in cui l’unico testimone sembra essere il figlio della vittima che, rannicchiato sul sedile posteriore della Mercedes, ha assistito, impietrito dall’orrore, all’omicidio del padre. Ma il commissario Cavallo l’adagio lo conosce bene: mai fidarsi delle apparenze, seguire sempre l’istinto. L’istinto del vero poliziotto. Giacomo Riva ha infatti la tipica fedina penale immacolata di chi può coltivare senza ritegno amicizie pericolose con esponenti del crimine. Il suo tenore di vita era inoltre troppo alto per essere il titolare di una modesta agenzia immobiliare. Tuttavia, vantava anche amicizie altolocate con politici di lungo corso, e il suo passato presenta una zona d’ombra su cui ogni buon poliziotto dovrebbe indagare: durante gli Anni di piombo era scomparso… e i suoi amici con lui.
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Dopo il brillante esordio del romanzo “Il nome del padre” torna Flavio Villani con un altro giallo d’autore dal titolo “Nel peggiore dei modi”.

Siamo nel novembre del 1990, Milano è avvolta dalla nebbia e da quel freddo pungente che penetra nel loden del commissario Cavallo chiamato in causa per indagare sull’uccisione di Giacomo Riva, titolare di un’agenzia immobiliare. L’omicidio è una vera esecuzione in piena regola, tre colpi di pistola di cui l’ultimo al volto, sono opera di un killer freddo e spietato.

Nella città imperversa la criminalità organizzata che ormai si è radicata in tutto il territorio, soprattutto quella proveniente dal Sud: le cosche calabresi riescono ad infiltrarsi con una certa facilità e a gestire i traffici legati alla droga e agli appalti, instaurando rapporti con l’imprenditoria per arrivare alla politica. Ecco perché l’omicidio dell’agente immobiliare – avvenuto sotto gli occhi innocenti del figlio undicenne Andrea, unico testimone – porta ad una domanda: cosa nasconde il passato di Giacomo Riva, sarà per caso colluso con la criminalità organizzata? Il commissario Cavallo dovrà riavvolgere il nastro indagando sulla vita della vittima, ricomponendone i tasselli per arrivare alla soluzione.

L’autore ricostruisce magistralmente una delle tante storie avvenute nella città più ricca d’Italia, dove ci sono luci e tante ombre, e che con il passare del tempo, secondo me, è diventata la Milano dell’apparire più che dell’essere: quella dei salotti alla moda, “da bere” e del vizio, in cui il titolare di una modesta agenzia immobiliare ci tiene ad essere un perfetto dandy, con il cappotto di cachemire, il portafoglio di coccodrillo, la Mercedes e le “sue” donne,  perché oltre la moglie Paola, ci sono tante ragazze che hanno perso la testa per Riva. A questo si aggiungano la politica e i personaggi della criminalità organizzata: troppo per uno come lui.

Saranno il commissario Cavallo e la sua squadra a riannodare i fili di questa intricata storia; interessante il protagonista: un antieroe disilluso, un uomo di legge dedito ad assicurare il colpevole alla giustizia ma che non sempre riesce nel suo intento, nonostante sia un bravo investigatore.

Villani dà autenticità ai suoi personaggi: sono spontanei sia nel bene che nel male, in un mondo dove si ha la necessità impellente di essere dei vincitori e si finisce irrimediabilmente per essere degli sconfitti.

“Nel peggiore dei modi” è un giallo di ottima fattura e dall’indiscutibile qualità, stilisticamente perfetto: gli amanti del genere potranno godere ore gradevoli di una lettura che solo un grande e direi finalmente affermato autore può regalare.

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