Trama
Ognuno ha con il destino un appuntamento che non è in grado di dirottare. Quello di Giorgio Marro, brillante avvocato penalista, si è compiuto nel momento in cui un dramma ha colpito la sua famiglia in diversi modi, tutti disastrosi: il figlio piccolo ora in un’immagine sorridente da una lapide, il maggiore in sospensione tra un inganno di vita e la morte che se la prende comoda, sbeffeggia anche, la moglie in un delirio doloroso che l’ha indotta a scendere dal mondo, lui impaziente che si consumi la caduta interminabile e giunga il tonfo. Mentre annaspa tra limacciosi pensieri di distruzione, Giorgio intravede i bagliori di una battaglia che è disposto a combattere solo chi non ha più niente da perdere, solo chi, dopo aver vissuto con le spalle voltate a non vedere, può smettere di avere paura: c’è la ‘ndrangheta dietro la pressante richiesta di acquistare un suo terreno a picco sul mare dello Stretto, brullo e arso dal sole, e che non vale nulla; c’è la ‘ndrangheta dietro la scomparsa di due malavitosi, padre e figlio, che lui è stato l’ultimo a vedere vivi, lassù nella proprietà contesa, e che immagina incappati nella lupara bianca; c’è la ‘ndrangheta dietro le prepotenze per convincerlo a vendere. E da quelle parti la ‘ndrangheta è zi’ Masi, un capobastone che non sa rinunciare all’antico, la ‘ndrangheta sono i Survara, che hanno abbracciato la modernità delittuosa e le nefandezze a essa appiccicate. Marro indaga. Si spinge lontano, fino a disturbare l’avidità feroce, fino a restare ingabbiato nei contrasti tra le due ‘ndrine, fino a impattare nella brutalità della violenza criminale, fino a stagliarsi ombra solitaria, lunga di un sole già basso.
Voce di Paola Varalli
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Recensione a cura di Achille Maccapani
Si parte sempre dalle proprie radici, dal proprio humus, dal proprio vissuto per raccontare il territorio, per far rivivere nelle storie, nella narrativa, nei prodotti di finzione, la vita reale, le sue emozioni, le tensioni che trasudano nell’ esistenza dei personaggi. È proprio questo il leitmotiv che contraddistingue i romanzi di Mimmo Gangemi, che non ha mai mancato di vivere nei luoghi nativi dell’Aspromonte, e ha saputo descriverli con una passione, un’energia totalizzante, ma senza fare sconti a se stesso e al lettore. Chi accetta di leggere un suo nuovo romanzo, è sicuramente consapevole della sfida che lo aspetta: l’immersione nel suo mondo, nella sua Calabria, nelle faide delle due locali di ‘ndrangheta che combattono per la realizzazione – nella parte costiera di una non menzionata località calabrese, affacciata sul mare e di fronte alle isole Eolie – di un villaggio turistico estremamente appetitoso per gli interessi economici di più soggetti ufficiali (oltre a quelli nascosti) e nei conflitti vissuti dal protagonista principale, l’avvocato penalista Giorgio Marro. Perché all’autore non interessa porre in rilievo gli aspetti meramente criminosi dell’intreccio narrativo, né tantomeno dal clima incalzante delle attività investigative (che sono ridotte a pochi ed essenziali punti chiave, all’interno della struttura narrativa) – e questi fattori permettono di capire che ci si trova di fronte a un superamento dei confini e delle coordinate tipiche della narrazione noiristica –, bensì immergere il lettore nell’esposizione delle situazioni individuali, dei fatti, dei conflitti, e di tutti gli sviluppi, attraverso una scrittura densa, fortemente influenzata da uno “slang” territoriale italianizzato, e nel contempo estremamente colta, al punto da farsi assaporare pagina dopo pagina. Il registro narrativo assume infatti una funzione strategica all’interno della struttura del romanzo, perché ne costituisce una parte fondamentale, necessaria ad entrare dentro quel mondo, quella Calabria di entroterra, quei modi di ragionare, quei rapporti relazionali, quel tipico modo di vivere le tradizioni territoriali. Ed è proprio questa la cifra di “Marzo per gli agnelli”, che si configura come un vero e proprio dramma a più voci, dove le tensioni esistenziali esplodono in tutta la loro drammaticità, dove la sofferenza della vita, giunta a metà (se non oltre) del cammino di ciascuno dei personaggi coinvolti, esplode in tutta la sua pienezza, mettendo in luce pregi e limiti di ciascuno. Distinguere tra buoni e cattivi, dunque, non serve a nulla, perché le esistenze sviluppate in quel determinato territorio sono, in fin dei conti, condizionate dai vissuti, dai legami parentali, dalle scelte effettuate e portate avanti fino alla fine, fino a quelle morti violente che si consumano in modo cruento. E l’attesa delle vendette finali si dipana in quei lunghi ed estenuanti tempi di attesa, tali da far emergere come quello raccontato da Gangemi sia davvero un mondo a parte, una realtà di vissuti, sofferenze, conquiste, condivisi e combattuti fino in fondo, ponendosi sempre al di fuori dello Stato, e vedendo anzi lo Stato come un nemico incombente.
È dunque riduttivo definire questo romanzo un noir italiano, perché la scrittura densa, ampia e avvolgente ci descrive un mondo narrativo non evocato, non tratteggiato con poche ed essenziali pennellature, ma dettagliato in ogni sua parte, e nel quale lo sviluppo tragico dei percorsi dei vari personaggi, dove non v’è alcuno spazio per la speranza e la redenzione individuale, si consuma in tutta la sua pienezza, ed esprimendo dunque una toccante lezione di narrativa di impegno civile, tale da lasciare un segno profondo nell’animo del lettore, invitandolo nel contempo a riflettere con attenzione. Elementi, questi, che non vanno sottovalutati, e che ci spingono a consigliare con entusiasmo a leggere “Marzo per gli agnelli”, un romanzo straordinario e che sicuramente non lascerà indifferenti i lettori.
Dettagli
- Genere: narrativa contemporanea
- Copertina rigida: 285 pagine
- Editore: Piemme (12 febbraio 2019)
- Collana: Piemme
- Lingua: Italiano
- ISBN-10: 8856668610
- ISBN-13: 978-8856668612