Donatella Di Pietrantonio, con questo romanzo intenso e profondo, si è guadagnata il Premio Strega 2024, che segue il Campiello vinto nel 2017 con L’Arminuta.
Il racconto prende spunto da un fatto di cronaca realmente verificatosi nel 1997, noto come il delitto del Morrone, ricostruito con una narrazione a posteriori concentrata soprattutto sulle conseguenze che un evento traumatico produce sui sopravvissuti e sulle diverse capacità di affrontarne il superamento.
Lo zigzagare del tempo, congeniato in maniera coerente e logica, apre a ventaglio le pieghe della memoria e scava nelle anse della consapevolezza senza mai perdere di vista il filo della narrazione.
L’autrice analizza le complessità tipiche dei legami famigliari e amicali, imbrigliati in obblighi morali e speranze disattese che costringono i personaggi, vittime dell’incapacità di esprimere gli stati d’animo, ad avanzare paralleli sulle tracce solitarie dell’esistenza, schiacciati dal peso dei non detti.
Le pagine scorrono veloci, incalzanti, ricche di una prosa asciutta e pulsante, che calamita l’attenzione e alimenta la curiosità di chi legge.
Di Pietrantonio, senza mai cedere alle semplificazioni dei luoghi comuni, indaga le difficoltà dei rapporti asimmetrici, quali madre-figlia e figlia-padre, perennemente ostacolati dalla frustrante incapacità di un dialogo efficace, capace di abbattere il muro dell’incomprensione generazionale.
Interessante la scelta di affidare alla protagonista il duplice ruolo di figlia e madre.
L’autrice riesce a pennellarne nitidamente i contorni e le intersecazioni, contrapponendo la rassegnata subordinazione al padre alla carente autorevolezza nei confronti della figlia.
Maturata la consapevolezza di dover interrompere la catena di anaffettività che ha caratterizzato la sua storia, la protagonista cercherà il coraggio per superare i limiti alla ricerca di nuovi equilibri.
L’età fragile, pare dirci Di Pietrantonio, è quella che abbiamo, e dura per tutto il tempo che ci è dato vivere, insinuata tra le paure e i sensi di colpa. Ognuno, a modo proprio, ne è schiavo e coinvolto. Per sempre.