L’estate del mirto selvatico
Le stagioni della vita ti aggrediscono a tradimento, ti ghermiscono l’anima e cancellano la nostalgia dei ricordi. Federico Canestri, scrittore in crisi con la moglie e in difficoltà creativa, è chiuso in una bolla indolente nel suo appartamento di Roma, finché apprende dal web che in una cavità del monte Circeo è stato ritrovato uno scheletro di un adolescente. Federico forse sa di chi sono quei resti. È lì che affiorano i ricordi su quell’estate che ti cambia, che appartiene a quel periodo dell’adolescenza in cui scopri l’amore, l’invidia, la gelosia, i tradimenti. È l’estate in cui sulle spiagge di Sabaudia la banda dei buoni, guidata da lui, detto Barabba, insieme allo sbruffone Hollywood, al timido Tasso Mannaro, alla bella Camicetta e all’impacciato Dracula, si fronteggia con la banda dei bulli, capeggiata dall’arrogante Hammer, i rissosi Crisantemo, Kamikaze e Moscarda, più le disinibite Mantide e Raffa. Federico deciderà di tornare all’ombra del Circeo per affrontare finalmente il passato, la misteriosa scomparsa di Dracula, il rapporto conflittuale col padre, la vita felice vissuta con Veronica, cercando decisive risposte nel presente. Ma chi erano veramente i suoi amici? E il padre? E lui? Lui è veramente chi crede di essere? In un doppio percorso temporale e narrativo Federico cercherà di scovare gli amici e i nemici di quell’estate che lo ha cambiato per sempre, per scoprire in un perverso gioco di verità, reticenze e bugie cosa è accaduto in quella tragica notte del 3 luglio 1990.
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Recensione a cura di Dario Brunetti

L’estate del mirto selvatico segna l’approdo in casa Frilli di Gian Luca Campagna, ho potuto apprezzare il talento narrativo di un autore che riesce a sorprendere e al tempo stesso a scuotere il lettore.

La storia di questo libro affronta una tematica di grande rilevanza sociale. Il bullismo e la pericolosità di un branco che divide i buoni e cattivi e dove a prevalere sembra la legge del più forte.

Un romanzo intriso di nostalgia, di quei ricordi che affiorano con prepotenza, di un’ estate forse maledetta che ha visto la scomparsa di Antonio Cardamone soprannominato Dracula, di uno scrittore in crisi coniugale e poco ispirato da quella vena creativa che sembra abbandonarlo e così apprende tramite una ricerca fatta sul Web che in una cavità del monte Circeo è stata fatta una macabra scoperta, sono stati rinvenuti i resti di un adolescente.

Ma quei resti non apparteranno forse a quel povero ragazzo indifeso di nome Antonio, detto Dracula, tanto schermito e vessato da quella maledetta banda di bulli capeggiata da Hammer,un arrogante che sapeva farsi valere e i suoi amici Crisantemo,Kamikaze e Moscarda e le ragazze Mantide e Raffa. Se questi ragazzi rappresentavano i cattivi, a loro si contrapponevano i cosiddetti buoni con Federico ora scrittore in crisi, ma prima per gli amici e nemici era Barabba, poi c’erano Hollywood,Tasso Mannaro, la bella Camicetta e Dracula.

Ma cosa è realmente accaduto la notte del 3 luglio 1990 ? Era l’estate dei Mondiale che tutti ricordano, l’Italia di Azeglio Vicini, di Roberto Baggio,Franco Baresi e Salvatore Schillaci che ci ha fatto prima sognare e poi illudere, ma quel sogno è stato quantomeno accarezzato perché alla fine l’Italia ha gettato la spugna in semifinale e ai calci di rigore dall’Argentina del Dio del calcio, Diego Armando Maradona.

Dopo la sigla iniziale “Un estate italiana” cantata dalla coppia Nannini-Bennato che introduceva l’evento sportivo che tutta l’Italia attendeva, il popolo italiano era incollato alle proprie poltrone e sperava e nello stesso tempo non si perdeva una gara di calcio, ma la partita dei nostri azzurri rappresentava una trepidante attesa da non lasciarsi certamente sfuggire.

Ma nella piacevole sorpresa di un popolo sognatore quasi ipnotizzato dalla tv, c’era al tempo stesso un mistero che angosciava la famiglia di Antonio, una madre come Assunta implorava con tutte le sue forze il ritorno di suo figlio, bersaglio di una sfacciata arroganza che ha messo dura prova il suo vivere quotidiano.

Era proprio buono Antonio, ma ogni ragazzino a contatto con i cosiddetti più forti, vuole sentirsi un eroe per un giorno, vuole cercare quell’insperato senso di avventura, vuole mischiarsi con gli altri a costo di cadere in una trappola più grande di lui.

Con sapiente maestria, l’autore ci porta in due epoche diverse dove i protagonisti sono i ragazzini ormai diventati adulti che dopo anni rivivono quella tragica vicenda, così li ritroveremo assai tormentati, i segreti, le omissioni e le paure verranno espulse una volta per tutte e la verità sarà come un peso difficile da sopportare segnando forse per sempre le vite di quei protagonisti che hanno deciso di trasformarsi in veri e propri carnefici.

Federico, allora Barabba vive un rapporto assai complesso con il proprio padre e sembra perdere i punti di riferimento maggiori proprio quelli della famiglia per correre o meglio rincorrere un passato che sembra sfuggire e a cui deve fare luce.

L’autore è riuscito a plasmare una storia a darle quella giusta consistenza, ho molto apprezzato il suo stile di scrittura che al bisogno sa essere tagliente, ma a sua volte anche dolce, dove le parole emettono un suono e forse una voce perdendosi nell’incanto di una narrazione che accarezza l’anima facendolo con delicatezza e con un tocco leggero.

L’estate del mirto selvatico è un romanzo intimo e profondo che concentra l’attenzione sugli errori degli esseri umani e di un tempo che passa inesorabile e che al momento opportuno, anche quando meno te l’aspetti, ti presenta il conto da pagare, solamente che a volte il prezzo è salato e non ci sono sconti neppure per quelle esistenze che come viene sottolineato nel romanzo, dovranno sottoporsi al giudizio di Dio, alla fine ci si piega perchè si è rosi dai morsi della propria coscienza che alla fine sono quelli che si fanno più sentire.

Prova maiuscola dell’autore, non posso che attendere un’altra emozionante storia, non farà che giovarne la buona lettura se queste sono le premesse.

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