Il romanzo inizia con la narrazione della quotidianità di Agneta, una ragazza ribelle che ha ben chiaro cosa vuole dalla vita, nonostante il suo status di donna in una famiglia di nobile discendenza. Il destino però ha in serbo per lei un’altra strada, e così sarà costretta a rinunciare innanzitutto all’amore e poi anche alla sua libertà. In questa fase iniziale del romanzo, la forza d’animo della ragazza e il suo senso di responsabilità, prendono il sopravvento sul suo istinto, e il lettore vive insieme a lei l’angoscia dell’essersi ritrovata improvvisamente alla guida di quella famiglia e della proprietà a cui aveva rinunciato per i suoi sogni. Molto belle le ambientazioni descritte dall’autrice: la natura che circonda la tenuta, l’amore di Agneta per i cavalli, i progressi della medicina nel piccolo ospedale finanziato dalle donazioni della sua famiglia.
Ho apprezzato particolarmente la descrizione degli stati d’animo dolorosi della protagonista. Un dolore che lei vive fisicamente, e che l’autrice riesce a descrivere molto bene, mettendo nero su bianco il netto contrasto tra le emozioni tangibili di Agneta e l’atmosfera soffocante e artefatta della casa in cui vive con sua madre e i domestici.
La descrizione del lavoro delle cameriere al servizio di Agneta e sua madre, offre a chi legge uno spaccato di vita lussuosa e agiata, segnata però dal silenzio e dalla rigidità di alcuni comportamenti imposti. Lo spirito indomito della ragazza nonostante la situazione che vive, esce fuori nella relazione con l’affascinante Max, l’amministratore delle scuderie, che farà vivere ad Agneta una storia di passione travolgente. Un libro delicato, dove tutta la narrazione si mantiene eterea e sospesa nell’atmosfera fredda della tenuta. Anche i colpi di scena sono raccontati con naturalezza, senza marcare troppo sull’effetto sorpresa, per mantenere costante la fluidità di un racconto immerso in un’altra epoca. Anche il finale è dettato dalla ragionevolezza, da una ritrovata armonia e maturità della protagonista.