Dopo il ben riuscito “ Trappola per topi “ eccoci con “ La rabbia del topo “ e la coppia di investigatori: il contadino Pietro Bensi ed il commissario Vitaliano Draghi. Pietro Bensi che nel suo essere contadino alle dipendenze dell’onnipresente Conte, non è mia stato al Comunale, nonostante il suo amore per l’opera, come del resto amante della lettura, amore agevolato dai libri messi a disposizione dal conte. Questo piacevole avvenimento subisce un imprevisto che cambia il corso delle cose: presso la Certosa vengono trovati due cadaveri: un monaco ed un padre priore. Pietro, invalido di guerra, antifascista che vive con gli incubi dei morti delle trincee della prima guerra mondiale, la sindrome del sopravvissuto e la rabbia dentro messa sotto controllo dalla meditazione ed il pensare aiutato, strano ma vero, dal lavorare la terra. Pietro che leggendo i titoli dei giornali in occasione dell’anniversario delle sanzioni che esaltano l’autarchia non possono non suscitarne l’ilarità. Quanto ci viene descritto da Silei ci mette a tu per tu con la famosa calma dei certosini, calma che è messa in discussione dagli avvenimenti delittuosi che si susseguono, la struttura gerarchica dell’ordine ecclesiastico con i padri emeriti ed il loro voto al silenzio e le istituzioni ecclesiastiche intoccabili e poi abbiamo il commissario Draghi, timido, impacciato e romantico se si considera il suo invaghimento per Nausica, la contessina, che non si è mai abituato alla vista di un cadavere e che quindi deve fare i conti con gli stati d’ansia di spavento, che finalmente, grazie alla frequentazione di Pietro ragiona con la testa. E che dire di luoghi come la mescita, luoghi di ritrovo per soggetti in bilico verso l’illegalità e che vive con l’arte di arrangiarsi in tempi in cui piuttosto che criticare il regime, anche attraverso le barzellette, è meglio rubare. Un clima difficile per chi è affamato di giustizia, un clima che vede i fascisti picchiare i contadini, sfasciare le camere del lavoro ed incendiare le case dei capi lega,che non disdegnano affatto l’uso della tortura che fa sì che tutto debba restare riservato, come si vede dall’atteggiamento del questore che mette in primo piano riservatezza, cautela rispetto agli omicidi visti gli intrecci tra potere ecclesiastico e lussuoso bordello che svolge un servizio di pubblica utilità,che emergono e che mettono in subbuglio la Firenze Bene, la “ fascistissima “ come la definisce il gerarca Pavolini, pagine di vera e propria critica agli “ Italiani brava gente “, alla guerra di conquista per acquisire colonie attraverso l’uso indiscriminato di bombardamenti chimici\. Il mangiare da una parte, mai ricercato ma sempre e comunque buono come i gobbi in umido, il baccalà alla livornese, il lampredotto e le bestemmie dall’altra con l’inventiva tutta fiorentina come con“ macalupente “. Archiviata la seconda indagine, possiamo avviarci alla prossima sotto la buona aspettativa che nasce da “ La rabbia del lupo “.

Noir
Ho atteso l’antologia “Noir in abito da sera” con trepidazione, curata da Dario Brunetti, una delle colonne del blog Giallo e Cucina, lettore e recensore