Il titolo originale dell’ultimo libro di Teresa Driscoll è: “The promise”, titolo che, seppur manchi di originalità, è centrato con la storia. La traduzione in italiano, “La promessa dell’assassino”, invece, pur mantenendo assenza di originalità, è fuorviante, cercando di accattivare il lettore con un presupposto volutamente errato. In questo libro infatti, anche se può sembrare strano, non c’è un assassino. E tantomeno un assassino che promette qualcosa. La promessa a cui si riferisce l’autrice nel titolo originale è fatta da tre ragazzine.
Anche gli “strilli” sulla copertina non calzano affatto con questa storia, che infatti non è “agghiacciante”, non “toglie il fiato” e non può onestamente suscitare un commento come “mai letto nulla del genere”.
Purtroppo infatti ci troviamo di fronte a un libro ben scritto ma con un sacco di cliché, un puzzle ben costruito di argomenti già visti, come le bambine nel college di suore, l’infanzia violata di una di esse, familiari assenti e ambigui, un investigatore privato lacerato dai rimorsi, un marito che non è quello che sembra. Potrei continuare ma non vorrei correre il rischio di fare spoiler.
Il meccanismo narrativo è quello classico inglese, con il punto di vista in prima persona singolare di più personaggi e un’alternanza fra presente e passato. La Driscoll è molto brava a portare avanti la storia e a tenerti incollato alle pagine, nonostante non accadano cose agghiaccianti o da togliere il fiato. La narrazione scorre fluida e ben oliata in una noia latente e sempre più forte man mano che i meccanismi della trama si rivelano, senza suscitare sorpresa alcuna. Tutto torna, tutto è gestito nel migliore dei modi ma questo libro non ha veri e propri colpi di scena, non emoziona.
Peccato, perché Teresa Driscoll merita la notorietà e il successo che riscuote, ma il talento narrativo e la grande tecnica non bastano quando la storia è debole.