La fragilità degli angeli
Sono giorni di angoscia per Firenze dopo la misteriosa scomparsa di un bambino di quattro anni che stava giocando nel giardino della sua casa in collina: di lui rimane solo la piccola bicicletta grigia, appoggiata a un albero. Mano a mano che passano i giorni, le speranze di ritrovare Stefano in vita si affievoliscono, e in città si torna a respirare lo stesso terrore dei tempi del “Mostro”, il famigerato serial killer che uccideva e mutilava le coppiette appartate in campagna. Per il giornalista di cronaca giudiziaria Carlo Alberto Marchi e il suo collega della “nera”, l’Artista, sono ore di ansia e lavoro frenetico fra la redazione, i luoghi del delitto e un Palazzo di Giustizia sempre più cupo, proprio come il suo soprannome: Gotham. Un’inchiesta serrata che non dà tregua agli inquirenti, la tenace pm Simonetta Vignali, grande amica di Marchi, e il capo della Mobile Settesanti, segnato da un passato violento che non gli concede sconti. A dare una svolta alle indagini sarà l’inaspettata confessione di uno studente di psicologia: è stato lui a uccidere Stefano, per poi abbandonarne il corpo sulle rive dell’Arno. Sta dicendo la verità? O si tratta solo di un mitomane? E mentre le sponde del fiume vengono battute a tappeto, un altro colpo di scena riaccende la paura. In una celebre basilica sulle oscure colline di Firenze viene ritrovata una lettera anonima che annuncia nuovi orrori: Stefano è stato il primo, ma non sarà l’ultimo… Poi, il caos si trasforma in silenzio, finché un’intuizione ribalta tutto, anche le storie personali, anche quella di Carlo Alberto Marchi, che si ritrova davanti a qualcosa che mai aveva visto prima. Voce di Rino Casazza [soundcloud url=”https://api.soundcloud.com/tracks/563564232″ params=”color=#ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true” width=”100%” height=”166″ iframe=”true” /]
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Nel genere giallo è molto difficile inventare qualcosa di nuovo. Lo è altrettanto imbattersi in storie che ripropongano con eleganza ed efficacia schemi classici, contribuendo alla vitalità e piacevole intramontabilità della letteratura poliziesca.

La fragilità degli angeli di Gigi Paoli appartiene a questa seconda categoria.

Come d’uso, non diremo nulla sul congegno narrativo, godibilissimo e ben calibrato, che merita di essere assaporato tutto dal lettore.

Merita invece un discorso a parte un aspetto di pari importanza nella narrativa gialla: il punto di vista o voce narrante che dir si voglia.

Il romanzo di Paoli si avventura con successo nel terreno minato della prima persona, facendoci vivere la storia con gli occhi di uno dei protagonisti, il giornalista di cronaca giudiziaria Carlo Alberto Marchi, alter ego dell’autore, cui tocca, come al solito, occuparsi di un tragico caso di duplice omicidio infantile, opera di un maniaco, tra l’incudine delle esigenze dell’informazione e il martello di quelle della magistratura inquirente.

Un compito che, come si può immaginare, lo porterà ad immergersi nel lato oscuro della natura umana, traendone un doloroso arricchimento.

Siamo nella splendida Firenze, ritratta quasi con pudore, senza compiacimento descrittivo, e Marchi ci introduce nei segreti (e sarebbe forse più appropriato dire “ferri del mestiere”) della sua professione, “sempre meglio che lavorare” secondo un conosciutissimo adagio, ma tuttavia assai simile, per l’impegno assorbente che richiede, ad una vocazione.

Marchi ha una vita privata tutt’altro che regolare, conseguenza diretta di un lavoro dai ritmi schizofrenici. “Ragazzo padre” di una figlia adolescente che tira su da solo con amore e fatica, manca di un rapporto sentimentale stabile, anche se non è insensibile al fascino femminile, che fatalmente gli si propone sotto forma di donne della cerchia della carta stampata e dei tribunali.

Tra i molti modelli di “voce narrante” poliziesca, accosterei Marchi, per l’approccio spigliato, il dinamismo e il gusto della battuta (senza trascurare il cronico stress da superlavoro…) all’ Archie Godwin di Rex Stout, abile e sveglio braccio destro operativo di Nero Wolfe.

Marchi ha persino un capo non meno scorbutico ed esigente del detective oversize di Manhattan amante delle orchidee.

Insomma: il romanzo di Paoli è raccomandato non solo a chi ama gli intrighi polizieschi ben strutturati, ma anche a chi vuol conoscere la tumultuosa, ma alla fine gratificante, quotidianità di un esponente “di trincea” della carta stampata.

  • Collana: M
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