Recensione di Elia Banelli
Lo scrittore spagnolo Artur Perez Reverte, intervistato da Luca Crovi per il saggio “Noir, istruzioni per l’uso” (Garzanti), pronunciò queste parole: “Noi popoli mediterranei, abbiamo una cultura diversa da quella dei popoli del Nord, i tedeschi e gli anglosassoni. La nostra cultura è fatta di Bibbia, di Talmud, di olio d’oliva, di vino, di marmo, di pittura e di letteratura: un’eredità stupenda. Noi mediterranei siamo dunque molto fortunati perchè possiamo ricorrere a svariate forme di consolazione e di analgesico“.
Una di queste svariate forme di consolazione è senza dubbio la letteratura, come testimonia la vita dello scrittore Jean-Claude Izzo, apparso e scomparso nel panorama del poliziesco francese come una meteora, una meteora folgorante e inafferrabile.
Deceduto nel 2000 a soli 55 anni, Izzo ha conosciuto un successo travolgente con la trilogia noir dedicata alla sua Marsiglia, che ha come protagonista il poliziotto “di strada” Fabio Montale, uno dei personaggi che più ha lasciato il segno nella narrativa di genere contemporanea.
Casino Totale è il primo romanzo di questo trittico che continua con “Chourmo” e si conclude con “Solea”.
Parafrasando Perez Reverte, rispetto al giallo inglese e al thriller americano, il noir mediterraneo ha la peculiarità di non soffermarsi soltanto sugli omicidi, le tecniche d’indagine, la soluzione del delitto, quasi come se il mondo sottostante e i sentimenti che lo abitano fossero un mero arredamento di scena. Al contrario, si distingue per la capacità di alternare i momenti di azione e suspense, necessari dal punto di vista della trama e dei personaggi, all’introspezione psicologica, l’analisi sociologica, la cronaca del reale.
Non a caso la scrittura di Izzo è viva e palpante, infarcita di riflessioni profonde e tormentate sulla società e il destino dell’uomo, sui problemi delle periferie metropolitane e dell’integrazione tra culture diverse e a volte distanti.
La Marsiglia degli anni Ottanta e Novanta raccontata in “Casino Totale” è una miccia sempre pronta ad accendersi, una città che si regge su un fragile equilibrio di convivenza forzata tra arabi, spagnoli, francesi e italiani, dove ognuno, a modo suo, cerca di ritagliarsi un angolo di felicità e dignità.
Fabio Montale è un poliziotto originale, un cane sciolto cresciuto per strada e nella strada: “Non mi vedevo neppure nel ruolo di giustiziere. Non mi vedevo più in nessun ruolo, neanche in quello di poliziotto. Non vedevo più niente. Ero frastornato. L’odio, la violenza. I malavitosi, gli sbirri, i politici. E la miseria come sfondo. La disoccupazione, il razzismo. Eravamo tutti come insetti intrappolati nella ragnatela. Ci si dimenava, ma il ragno avrebbe finito per divorarci”. Il rapporto con l’altro sesso è passionale, irrequieto e tormentato.
“Dopo l’amore, ripassavo dall’altro lato della frontiera, di nuovo. In quel territorio dove ho le mie regole, le mie leggi, i miei codici. Idee fisse, da stronzo. Dove mi perdo. Dove perdevo le donne che ci si avventuravano”. L’amore per le donne, tante e diverse, molte prostitute, descritte con affetto e ammirazione. I ritratti femminili sono potenti, intrisi di pathos e sofferenza.
Jean-Claude Izzo con i suoi romanzi indaga la “sensualità delle vite disperate”, perché “la poesia non ha mai dato risposte. Testimonia, e basta. La disperazione.”
Alcune frasi e pensieri possono far trapelare una visione dello scrittore cupa, rinunciataria, remissiva rispetto alle difficili ed enigmatiche condizioni dell’uomo (e della donna) nei loro contesti urbani e sociali:
“Le belle giornate esistono solo al mattino presto. Avrei dovuto ricordarlo. Le albe non sono che l’illusione della bellezza del mondo. Quando il mondo apre gli occhi, la realtà riprende i suoi diritti. E riappare il merdaio”.
Ma non è così. Nella sua prosa essenziale e carica di ethos, Izzo rivendica il suo amore per la vita, rappresentata anche dalla naturale passione per la cucina declinata in tutte le svariate forme di odori, sapori, contaminazioni, attraverso la descrizione di varie prelibatezze culinarie che il poliziotto Montale (in realtà il suo creatore) ha sempre manifestato nella realtà insieme alle altre passioni irrinunciabili: la barca, la pesca e il mare.
Una volta lo stesso Izzo fece notare che “a volte mi dicono che i miei libri sono cupi e pessimisti. Ma il complimento più bello che mi hanno fatto è che quando si finisce di leggerli, viene una maledetta voglia di vivere”.
È la nuda e cruda verità.
Buona lettura.