Il popolo dell’autunno – Ray Bradbury
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Trama

Green Town, Illinois. Manca una settimana alla festa di Halloween, quando la sonnacchiosa cittadina viene sconvolta da un circo misterioso che sembra promettere l’avverarsi di tutti i desideri e l’eterna giovinezza. Saranno due amici tredicenni, James Nightshade e William Halloway, a sconfiggere le forze del Male e a riscattare le anime dell’intera comunità. Ma impareranno fin troppo presto a fare i conti con i propri incubi.

Recensione a cura di Emanuela Di Matteo

“Il popolo dell’autunno” è stato scritto successivamente all’opera che ha reso Bradbury celeberrimo, Farhenheit 451, nove anni più tardi. Lo scrittore ha superato i quarant’anni, è abbastanza giovane, famoso e si avvia verso la maturità. Non ci sono più roghi che ardono, donne vuote, come libri mai scritti e ragazze cariche di avventure e promesse da raggiungere. Stavolta è il momento della riflessione e anche della nostalgia. Bradbury torna ragazzo, letteralmente, nella sua Illinois, in cui è  nato, guarda a sé sesso per come era, dividendosi a metà – i protagonisti sono due quasi quattordicenni – e si rivolge con indulgenza e profondo amore alla figura paterna.

“Il popolo dell’autunno” è un’opera matura e complessa del più filosofico degli autori di fantascienza, di certo colui che più di tutti amava e venerava i libri e del quale ogni opera è il  tassello di un puzzle che aspira a dare una spiegazione al senso della vita e ai suoi misteri.

Leggendo questo libro meraviglioso, cioè carico di meraviglie, sia nella forma che nel contenuto, inevitabilmente ci si rende conto di quanto il grande Ray Bradbury abbia con esso influenzato la letteratura fantastica successiva, in particolare quella di Stephen King: da “It” fino a “Doctor Sleep”, il seguito di “Shining”, balzati poi dalla carta al grande schermo.

Si può forse dire che la maestria di Bradbury stia anche nella capacità di sentire le cose, più che nel vederle. Qualità peculiare dei poeti, dei veggenti e dei visionari. Per questo la sua fantascienza, talvolta, si avvera. Il politicamente corretto a tutti i costi, che uccide le differenze e il sapere, il disamore per i libri, che non sono platealmente bruciati ma semplicemente dimenticati, che proviene da Farhenheit 451, è una realtà in divenire. Le sue parole sono (ben rese nella traduzione di Remo Alessi per l’edizione Mondadori 2020) immagini figurate che introducono ad un mondo di emozioni, consapevolezze, esperienze, attraverso colori, ma anche sapori ed odori. Sono davvero parole alate, pienamente consapevoli del loro significato magico e auto realizzante, mentre vengono pronunciate. Leggendo Bradbury se ne scoprono spesso di nuove, di dimenticate, che sono lì, come foglie di un albero dalle sfumature infinite e che brillano a seconda di come le colpisce il sole.

Siamo in prossimità di Halloween, mancano pochi giorni alla notte più oscura dell’anno, e i due amici per la pelle James Nightshade e William Halloway, l’uno castano e l’altro biondo come il grano, sono nati a distanza di un solo minuto, poco prima e poco dopo la mezzanotte di Ognissanti. Sono a un passo dal diventare quattordicenni ma un evento inaspettato li farà crescere prima del dovuto, costringendoli a lasciare alle loro spalle la spensieratezza dell’infanzia. Durante la notte, alle tre per precisione, l’ora più buia di tutte, si ferma un treno nella campagna poco distante alla cittadina in cui abitano. Si tratta di un Luna Park che annuncia il suo arrivo tramite volantini dispersi nel vento.

Le stagioni, la natura, il vento, i temporali e i fulmini fanno profondamente parte del racconto, perchè le vite degli uomini e di coloro che calcano il suolo terrestre, in qualsiasi forma appaiano, sono intimamente connesse al destino dell’universo, alla sua sostanza mutevole. Qualcosa di malvagio, di nero come la notte, sta per arrivare. Infatti il titolo originale del libro è: Something Wicked This Way Comes.

I due ragazzini, pur molto legati, hanno nature diverse, e una spiegazione è presto data dal loro vissuto familiare. James  Nightshade, il cognome parla, vive solo con la mamma che ha vissuto vari lutti. William ha una madre sempre felice e un buon padre più anziano del dovuto, di poche parole e schivo, che è anche il custode della biblioteca della città.

Il grigio custode di libri, ossessionato dall’età e dalla sua incapacità di stare al passo col figlio, di instaurare con lui un dialogo e un filo generazionale che li unisca, ha però una risorsa immensa, nel suo essere in apparenza dimesso e sempre dubbioso: i libri. Il tema tanto caro allo scrittore ritorna, e rende eroici e paladini del bene coloro che amano sapere e conoscenza, ma che soprattutto dubitano, si interrogano, talvolta con malinconica solitudine.

Se le atmosfere del libro, nelle quali la realtà si deforma, si piega, si scioglie, assumendo contorni grotteschi all’arrivo del Male, riportano alla memoria “La notte del drive in” di John Lansdale, l’intento di Bradbury è ben più alto del mero racconto del terrore.

Il popolo dell’autunno si può considerare un talismano da consultare o da stringere – se il libro è oggetto magico – nei momenti freddi e bui dell’esistenza, quando il rimpianto, il dolore e il desiderio di ciò che è stato o poteva essere prendono il sopravvento e fanno sembrare labile il confine fra luce e oscurità.

“Dunque, che cosa siamo? Siamo creature che sanno, e sanno troppo. E questo ci carica di un fardello che ci impone una scelta: dobbiamo ridere o piangere. Nessun altro animale può ridere e piangere. Noi possiamo, a seconda di quanto ci impone il bisogno e il momento. In un certo senso, so che il luna park vigila, per vedere ciò che stiamo facendo, e come e perchè, e si avventerà su di noi quando saremo maturi”

La Walt Disney, nel 1983, si appropria del romanzo e ne trae un film intitolato “Qualcosa di sinistro sta per accadere” per la regia di Jack Clayton – visionabile interamente gratis su YouTube – ma anche se lo stesso Bradbury partecipa inizialmente alla sceneggiatura, la Major cambia il finale portando lo scrittore ad allontanarsi dal progetto. In effetti la storia, pur ben interpretata e narrata, diventa un film per ragazzi con una morale semplice. Non era facile e sarebbe stato troppo coraggioso portare sullo schermo il messaggio che il Male, più banale e terreno di quanto lo immaginiamo, si genera e si nutre del nostro dolore, dell’insoddisfazione e della debolezza, e che tra le armi per combatterlo c’è soprattutto quella conoscenza profonda delle cose della vita, ottenuta con sofferenza, dedizione e amore, che genera l’arma, fatale per le sordide nebbie: un sorriso, o  un’aperta risata.

“Che poteva dire che avesse senso, anche per loro? Poteva dire che l’amore era, soprattutto, una causa comune, un’esperienza condivisa? Quello era il cemento vitale, no? Poteva dire ciò che provava per il fatto che fossero lì, quella notte, su quel mondo pazzo che ruotava attorno a un grande sole, il quale si precipitava attraverso uno spazio ancora più grande, e questo spazio precipitava attraverso un’immensità ancora più grande, forse avvicinandosi o forse allontanandosi da qualcosa? … Abbiamo in comune la causa contro la notte. Bisognava cominciare da piccole cause comuni. Perchè amiamo un ragazzino, su un campo di marzo, con un aquilone lanciato a sfidare il cielo”.

Dettagli

Genere: romanzo avventura

Editore ‏ : ‎Mondadori (29 gennaio 2020)

Lingua ‏ : ‎Italiano

ISBN-10 ‏ : ‎8804720832

ISBN-13 ‏ : ‎978-8804720836

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