Il nome del male – Una nuova indagine del magistrato Aldo Marano (Alessandro Carlini)
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<strong>Il nome del male – Una nuova indagine del magistrato Aldo Marano (Alessandro Carlini)</strong>

Trama

Nel maggio del 1944, la ricca contessa Maria Gherardini Franchi viene violentata e assassinata. Le autorità della Repubblica di Salò, invece di indagare seriamente, insabbiano la vicenda, che viene dimenticata negli ultimi terribili mesi della guerra. Subito dopo la fine del conflitto, il caso torna sulla scrivania del sostituto procuratore Aldo Marano. Ma l’indagine appare subito irta di insidie, tra omertà, reticenza e, soprattutto, paura: tutti, dai carabinieri ai domestici della contessa, sembrano collegare l’omicidio a oscure e demoniache apparizioni. Col passare dei mesi, la ricerca del colpevole si arena, mentre Marano deve concentrarsi sulla caccia alla spietata banda della 1100. Ma le due vicende finiscono per incrociarsi, e il magistrato sarà costretto a mettere in gioco tutto ciò in cui crede, per arrivare a scoprire la verità e fare finalmente giustizia.

Recensione a cura di Achille Maccapani

Ci aveva davvero stupiti il primo episodio della serie del pubblico ministero Aldo Marano, ispirato alla figura (realmente esistita) di Antonio Buono, magistrato campano assegnato agli uffici giudiziari di Ferrara negli anni della Seconda Guerra Mondiale. I diari e i memoriali del magistrato, forniti dai familiari al giornalista e scrittore Alessandro Carlini, ferrarese doc, hanno permesso a quest’ultimo di dare vita ad un ciclo seriale giallistico di indubbio interesse. Anzitutto perché è ambientato a Ferrara e nelle località della Bassa, in quei luoghi a noi cari, specialmente perché sono già stati immortalati dalla produzione narrativa di Giorgio Bassani. E in secondo luogo perché la scelta di focalizzare l’azione nel periodo storico successivo alla conclusione dei conflitti bellici contrassegnata dalla caduta del regime nazifascista consente di percepire le atmosfere, i vissuti, le tensioni, le situazioni maturate e sviluppate nell’arco degli anni, dove niente è davvero come sembra, anzi dove accade il tutto e il contrario di tutto, dove la giustizia “fai da te” si sovrappone a quella delle leggi, dei codici, dei processi, e in tutto questo marasma, come già nel primo pregevolissimo episodio, “Gli sciacalli”, l’autore sviluppa la sua narrazione con una capacità di analisi, di scavo, di descrizione di quel piccolo mondo di provincia, in preda alla fine di un’epoca e nel contempo agli albori di una nuova stagione sociale, civile e politica. In tutto questo mutamento, sono proprio le emozioni, le reazioni dei vari soggetti coinvolti in questo cruento omicidio della contessa Gherardini Franchi, a farci capire le dinamiche, gli aspetti emotivi, di un universo provinciale estremamente bollente, ai confini tra il bene e il male.

È davvero emblematico, peraltro, il fatto che pian piano la narrativa noiristica italiana stia rivolgendosi sempre di più verso il passato storico, verso un periodo che, per quanto apparentemente lontano sotto il profilo della temporalità, risulta ancora oggi vicino, attuale, fatto di emozioni, vissuti, carne, sangue, angosce, gioie, dolori, del tutto simili a quanto viviamo oggi. È vero, gli influssi delle testimonianze vissute, dei racconti orali dei testimoni oculari, possono apparirci lontani, e per questo permettono forse all’autore di raccontare questo microcosmo con un coraggio e un realismo a dir poco ammirevole. Ma proprio il fatto di raccontare, mostrare, coinvolgere, emozionare, senza cadere nel rischio di un facile revisionismo storico, seguendo gli esempi positivi di altri autori (basti pensare al ciclo di Carlo Lucarelli dedicato al Commissario De Luca o, in epoca più recente, alla serie del Commissario Boccadoro firmata da Armando d’Amaro), consente al lettore di vivere l’esperienza di una nazione in rinascita dalle ceneri di una guerra con tantissimi sconfitti, macerie ovunque, e la necessità di rialzarsi e ricostruire da zero una società civile, una comunità coesa nello sviluppo e nella crescita pacifica, democratica e soprattutto antifascista. “Il nome del male” rappresenta dunque un ulteriore esempio di come si possa fare narrativa di genere, anche con elementi di crudezza, di realismo, ma col fine di raccontare un territorio, un’epoca storica, un vissuto che – ripeto – è ancora oggi attuale e merita di essere compreso, con una capacità di saperci coinvolgere al pari delle produzioni di saggistica storiografica. Perché ciò che conta, rispetto all’esposizione di documenti, carte, episodi significativi legati alla storia, sono le emozioni, le storie individuali, i conflitti, le contrapposizioni, le tensioni che si percepivano a Ferrara e nei paesi e cittadine della Bassa, a darci il segnale di ciò che i nostri genitori, i nostri nonni, hanno vissuto nell’epoca immediatamente antecedente e successiva la fatidica data del 25 aprile 1945. E questo è un esempio di memoria da non sottovalutare, ma anzi da valorizzare, da conoscere e far conoscere. Il che non è poco, di questi tempi.

Dettagli prodotto

Editore ‏ : ‎ Newton Compton Editori (7 aprile 2022)

Lingua ‏ : ‎ Italiano

Copertina flessibile ‏ : ‎ 352 pagine

ISBN-10 ‏ : ‎ 8822762606

ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8822762603

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