Trama
La chiamavano Leila Tequila a casa e al lavoro, nell’edificio color palissandro sulla viuzza cieca che acciottolava giù verso il porto, annidata fra una chiesa e una sinagoga, negozi di lampadari e kebabberie: il vicolo che ospitava i più antichi bordelli autorizzati di Istanbul. Dieci minuti e trentotto secondi dopo che il cuore di Leila smette di battere la sua mente è in piena coscienza e quello che accade è sorprendente: scene cruciali della sua esistenza rivivono attraverso il ricordo dei sapori più intensi che abbia mai provato. Lo stufato della capra che suo padre aveva sacrificato per celebrare la tanto attesa nascita di un figlio maschio; la miscela di zucchero e limone che sobbolliva sul fornello, usata dalle donne per la ceretta mentre gli uomini andavano a pregare nella moschea; il caffè scuro e forte al cardamomo, per sempre legato alla via dei bordelli Leila sta morendo, ma la sua anima lavora, implorando di essere salvata mentre abbandona il corpo. Ma cosa è successo a Leila, la prostituta, trovata cadavere di fronte a un campo di calcio umido e buio, dentro un bidone dell’immondizia con i manici arrugginiti?
Recensione a cura di Marika Campeti
Quello che la scrittrice fa già dalle prime pagine del romanzo, è far vivere al lettore un diffusissimo cliché. Chissà quante volte ci siamo ritrovati a leggere, o a dire noi stessi ”Mi è passata tutta la vita davanti”.
E’ proprio così che fa Leila, la protagonista del romanzo. Le passa tutta la vita davanti nel momento in cui sta per morire, anzi, è morta già, gettata in un cassonetto alla periferia di Istanbul. Quando dura questo istante in cui tutta la vita ci scorre davanti come in un film? Tanto per Leila, ai limiti del sopportabile. Esattamente 10 minuti e 38 secondi prima che la sua testa si spenga definitivamente verso l’oblio. Leila rivive il suo passato di bambina, un passato fatto di abusi che la famiglia le fa vivere con il senso di colpa cucito addosso, un passato in cui l’unico amore sincero è quello per il fratellino affetto da un grave ritardo mentale, un passato di menzogne, dove persino sua madre e sua zia hanno mischiato le carte in tavola per tessere la precarietà del suo futuro. E così Leila per sfuggire alla sua infelicità di bambina, si ritrova in un bordello di Istanbul. La sua storia è raccontata attraverso le sue amicizie più vere, quegli amici che come lei vivono al margine di una città che fagocita le loro esistenze, eppure di cui loro non possono fare a meno. Si susseguono i capitoli con i nomi delle persone che hanno fatto parte della sua vita, ognuno ha la sua storia di miseria ed emarginazione, una storia che ben si integra con quella di Leila, senza far perdere al lettore il quadro generale della trama, senza infastidire la lettura cambiando il punto di vista e la centralità del personaggio. Verso il finale, il libro prende uno stile completamente inaspettato, dalla drammaticità inziale, il ritmo rocambolesco e avventuriero delle ultime pagine, precipita nel grottesco, tanto da farti fermare un secondo a riflettere” ma davvero sto leggendo questo?” per poi renderti conto che è un grottesco necessario, che si spalma perfettamente nella terra dimenticata dei cimiteri che ha lo stesso odore stanco e marcio dei quartieri bassi. Un libro a tratti commovente e divertente allo stesso modo, ironico nero, e che emana odori forti e penetranti mentre lo si legge. Perfetto per chi come me, ha amato Istanbul ma non ha potuto vedere cosa si nasconde dietro la bellezza accecante della sua architettura, del suo patrimonio storico artistico, e dei suoi profumi inebrianti.
Dettagli
- Genere: Narrativa
- Copertina rigida: 365 pagine
- Editore: Rizzoli (25 giugno 2019)
- Collana: Scala stranieri
- Lingua: Italiano
- ISBN-10 : 8817117900
- ISBN-13: 978-8817117906