Il buon vecchio zio Stephen King ci ha abituato da sempre a uscite molto regolari, se non una all’anno, quasi. Il 2023 non ha fatto eccezione e ci siamo ritrovati tra le mani Holly, thriller di impianto piuttosto classico con protagonista – lo avrete capito dal titolo – la detective privata Holly Gibney.
Quando Holly è comparsa la prima volta, a circa metà del bel poliziesco Mr. Mercedes, il suo pareva il tipico ruolo da comprimario di lusso, un bel personaggio che – come tutti i caratteri di King – era sì approfondito e accativante, ma sembrava destinato a non andare lontano. E invece, con Holly siamo alla sua sesta apparizione, la prima come protagonista assoluta di un romanzo.
Conoscendo il modo di lavorare di Stephen King, non è da escludere che Holly gli sia, per così dire, esplosa tra le mani. King è infatti quello che in gergo viene definito esploratore, ovvero scrive i suoi romanzi senza una scaletta ben precisa. Pare proprio che Holly, destinata a una breve apparizione, abbia finito per stregare il suo creatore, anche se continua a suscitare un certo scetticismo in una piccola parte dei suoi lettori.
È difficile recensire un thriller senza fare troppi spoiler, ma qui il buon King ci viene incontro: già nelle prime pagine si capisce chi siano i cattivi, addirittura anche leggendo solo la quarta di copertina. Inutile, quindi, menare il can per l’aia, la coppia degli Harris costituisce un duo di villain sorprendenti ma da antologia e l’assenza totale di aspetti soprannaturali fa sì che la nostra Holly debba fare affidamento sulle sue capacità deduttive.
L’evento scatenante di Holly è la scomparsa della giovane e sveglia Penny. La madre, disperata, si rivolge alla Finders Keepers, l’agenzia investigativa che Holly ha ereditato da Bill Hodges e che manda avanti con l’ex collega dell’uomo, Pete, e altre due conoscenze dei romanzi precedenti: Barbara e Jerome, due ragazzi di colore e da sempre amici di Bill.
Holly è cresciuta molto dalla sua prima apparizione, dove veniva dipinta come una donna geniale per certi versi, ma ostaggio di una madre iperprotettiva e affetta da varie manie ossessivo compulsive. La sua situazione è però difficile. Il periodo è infatti quello del lockdown durante la pandemia, e Holly ha appena perso proprio la madre, morta per il Covid. Lo stesso Pete è malato e non può aiutarla.
Holly decide comunque di accettare il caso e, da qui in poi, sta solo al lettore capire come e se riuscirà a scoprire i crimini degli Harris. Proprio coi due coniugi King pare essersi divertito particolarmente. I due rappresentano all’apparenza la tipica coppia di vecchini inoffensivi, amati e rispettati. Professori universitari a riposo, i due godono della stima della società e – tra qualche acciacco e alcune manie – sembrano proprio un raro esempio di coppia unita che si ama ancora dopo decenni.
In realtà, i due – si scopre subito – sono degli spietati rapitori che sequestrano giovani vittime con vari stratagemmi e li segregano nel loro seminterrato. Lo scopo, signori, lo scoprirete solo leggendo.
I cliché del thriller sono presenti e in gran quantità: dal modus operandi dei sequestratori al seminterrato adibito a prigione, dal cambio continuo di punto di vista ai frequenti salti temporali. Lo stile è quello a cui King da sempre ci abitua, senza fronzoli nel linguaggio, sempre diretto e colorito, ma con quella tendenza che è croce e delizia ad allungare il brodo – e la suspense – senza annoiare. Il vecchio miracolo di Stephen King.
A questo proposito, a risultare forse eccessivamente approfondite sono alcune vicende di contorno che hanno come protagonisti proprio Jerome e Barbara, sebbene le loro storie finiscano per intrecciarsi alla trama in modo proficuo.
La storia è ben costruita e credibile, senza buchi di sceneggiatura e con risvolti sicuramente non adatti ai lettori più sensibili. Un cenno a parte lo merita qualche polemica di troppo su certi contenuti. Nel romanzo, infatti, si parla tanto di Covid e di Donald Trump. Molti si sono irritati per una così insistente presenza dei due argomenti e lo stesso King, nella postfazione, ne parla.
Il personaggio di Holly, tuttavia, pieno di manie, sarebbe stato meno credibile se non si fosse lasciato ossessionare dalla pandemia. Tra l’altro, si tratta sempre e comunque di opinioni dei personaggi, che non devono per forza collimare con quelle dell’autore, anche se è probabile che lo facciano. Chi si è poi stupito delle frecciate a Trump, forse ha letto distrattamente le opere e la vita di King, da sempre sostenitore dei Democratici e fiero oppositore di certe drive autoritarie.
Holly, con le sue circa cinquecento pagine, rientra nel novero dei romanzi di media lunghezza dell’autore, a metà tra lavori come Carrie o Joyland, piuttosto brevi, e It o L’ombra dello scorpione, veri mastodonti. Certo non è il capolavoro della sterminata bibliografia di Stephen, ma si lascia leggere con grande piacere e scorrevolezza.
Holly è insomma un thriller classico, con una grande impronta kinghiana, ma con tutti i tour de force narrativi del genere, una lettura che ci propone una dimensione fantastica popolata da fatti terribili ma rassicuranti al tempo stesso, molto più degli orrori ben più tangibili che qualsiasi telegiornale ci propone ogni giorno.
Consigliato agli amanti di King e dei thriller, anche se sarebbe opportuno – ma non obbligatorio – recuperare magari i lavori precedenti con il personaggio di Holly.