Il filo narrativo che unisce i tre romanzi di Viola Ardone può a buon titolo rilegare l’intera opera con il nastro della trilogia. Pur costituendo tre storie autonome, infatti, i tre racconti sono collegati tra loro da richiami che ne costituiscono un legame di continuità.
Fausto Meraviglia, che era riuscito a salire sul “Treno dei bambini” ideato e realizzato dall’UDI (Unione Donne Italiane), la stessa associazione che tanta parte avrà nel sostegno a “Oliva Denaro”, restituisce il favore offrendo a Elba l’opportunità di ribaltare il proprio destino.
Con la sua scrittura morbida, densa di pieghe fonetiche e armonie di colori, Viola Ardone riesce a coniugare l’orrore e la bellezza della vita con un racconto di formazione che scava nella profondità dei protagonisti per restituirci un ritratto credibile della complessità dell’animo umano.
La sensibilità dello psichiatra, vero protagonista del romanzo, nei confronti dei malati che ha in cura, stride e battaglia con il senso di estraneità e disinteresse nei confronti della propria famiglia. L’anaffettività di Meraviglia, che campeggia fastidiosa lungo tutto il racconto, trova giustificazione solo nel finale, quando l’uomo mostra la propria fragilità, legata alle origini umili da sempre mortificate e rimosse. È significativo che solo per Elba, figlia scelta e non generata, riesca a provare un sentimento di paternità viscerale, che sconfina finemente nella proiezione del proprio sé, nella tensione alla realizzazione dei propri sogni attraverso la manipolazione dei figli.
La difficile applicazione della legge Basaglia, che come ogni legge si riferisce ad una generalità senza considerare le peculiarità degli individui nella loro singolarità, fa da sfondo sociale ad una realtà gestita con metodi arcaici e antiscientifici.
La narrazione, sviluppata con il meccanismo dei salti temporali, attraversa le vite dei due protagonisti con un singhiozzo quasi schizofrenico, mentre sullo sfondo scorrono le vite dei famigliari di Fausto e dei pazienti dell’istituto, comparse funzionali al compimento dell’intimo percorso di rivoluzione che ha, per entrambi, come unico vero scopo e traguardo la libertà.
Elba trasforma il dolore per la madre, ridotta in stato catatonico dai troppi trattamenti con l’elettricità ricevuti, in dolore universale, per tutte le donne alle quali è stata negata una vita normale in base a principi senza alcun valore né fondamento, e consacra la sua vita a questa causa.
Fausto nasconde i sensi di colpa dietro un apparente nichilismo, che relega i valori della famiglia e della fedeltà a concetti sopravvalutati.


