Grande Meraviglia
L’infanzia di Elba scorre tra i confini di un mondo parallelo, che per lei diventa il Mezzomondo, e che in realtà è il manicomio nel quale è confinata sua madre, internata quando era ancora incinta. Pur non essendo affetta da alcuna patologia mentale la bimba cresce convinta di avere ereditato, per proprietà transitiva, la pazzia materna, che si manifesta attraverso una serie di peculiari manie, quali l’ossessione per la numerazione degli oggetti, la rima per declinare i concetti, l’attrazione per il fuoco, la compulsione per la catalogazione di ogni comportamento dei pazienti. Il suo nome, il nome di un fiume del nord, suona come un paradosso, la proiezione impossibile di un flusso continuo di acqua confinato in una palude priva di sorgente e sbocco. A nove anni viene mandata in un istituto esterno, per frequentare le scuole, e quando rientra, ottenuta la licenza media, non trova più la madre, misteriosamente scomparsa. Elba si trova quindi a continuare a crescere da sola nell’unica casa che abbia mai avuto, senza mai perdere la speranza di ritrovare la madre. Attraverso il filtro dei suoi occhi quel luogo terribile, che trasuda dolore e puzza di cloroformio, assume contorni talvolta grotteschi e a tratti buffi, che la ragazzina racconta alle nuove arrivate con la pacata accettazione di chi pensa che le persone normali non esistano, nemmeno nel mondo fuori. L’arrivo di un giovane e ambizioso psichiatra, Fausto Meraviglia, finirà per modificare il corso della sua vita. È stata da poco approvata la legge Basaglia, e il terapeuta aderisce fermamente alla nuova dottrina psichiatrica, che sostituisce i metodi brutali e repressivi della psichiatria tradizionale con una logica nuova, basata sull’attenzione alle esigenze dei malati e volta al loro reinserimento nel mondo esterno. Elba, figlia di una distonia sociale che l’ha relegata ai margini della società, va a vivere a casa del medico che, pur non avendo mai esercitato la propria figura genitoriale con i figli naturali, decide di offrire un progetto di salvezza a questa paziente senza patologie. Il legame tra i due diventerà esclusivo, come spesso accade per gli affetti elettivi e non genetici. Lei è una figlia scelta, e lui è il padre che lei non ha mai avuto.
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Il filo narrativo che unisce i tre romanzi di Viola Ardone può a buon titolo rilegare l’intera opera con il nastro della trilogia. Pur costituendo tre storie autonome, infatti, i tre racconti sono collegati tra loro da richiami che ne costituiscono un legame di continuità.

Fausto Meraviglia, che era riuscito a salire sul “Treno dei bambini” ideato e realizzato dall’UDI (Unione Donne Italiane), la stessa associazione che tanta parte avrà nel sostegno a “Oliva Denaro”, restituisce il favore offrendo a Elba l’opportunità di ribaltare il proprio destino.

Con la sua scrittura morbida, densa di pieghe fonetiche e armonie di colori, Viola Ardone riesce a coniugare l’orrore e la bellezza della vita con un racconto di formazione che scava nella profondità dei protagonisti per restituirci un ritratto credibile della complessità dell’animo umano.

La sensibilità dello psichiatra, vero protagonista del romanzo, nei confronti dei malati che ha in cura, stride e battaglia con il senso di estraneità e disinteresse nei confronti della propria famiglia. L’anaffettività di Meraviglia, che campeggia fastidiosa lungo tutto il racconto, trova giustificazione solo nel finale, quando l’uomo mostra la propria fragilità, legata alle origini umili da sempre mortificate e rimosse. È significativo che solo per Elba, figlia scelta e non generata, riesca a provare un sentimento di paternità viscerale, che sconfina finemente nella proiezione del proprio sé, nella tensione alla realizzazione dei propri sogni attraverso la manipolazione dei figli.

La difficile applicazione della legge Basaglia, che come ogni legge si riferisce ad una generalità senza considerare le peculiarità degli individui nella loro singolarità, fa da sfondo sociale ad una realtà gestita con metodi arcaici e antiscientifici.

La narrazione, sviluppata con il meccanismo dei salti temporali, attraversa le vite dei due protagonisti con un singhiozzo quasi schizofrenico, mentre sullo sfondo scorrono le vite dei famigliari di Fausto e dei pazienti dell’istituto, comparse funzionali al compimento dell’intimo percorso di rivoluzione che ha, per entrambi, come unico vero scopo e traguardo la libertà.

Elba trasforma il dolore per la madre, ridotta in stato catatonico dai troppi trattamenti con l’elettricità ricevuti, in dolore universale, per tutte le donne alle quali è stata negata una vita normale in base a principi senza alcun valore né fondamento, e consacra la sua vita a questa causa.

Fausto nasconde i sensi di colpa dietro un apparente nichilismo, che relega i valori della famiglia e della fedeltà a concetti sopravvalutati.

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