Furia
Brindisi, 1981. Teo ha quindici anni, è un ragazzo irrequieto, promessa della pallacanestro locale. Suo fratello maggiore Carmine è un pilota sospeso dalle gare che trova nelle corse clandestine un modo facile per fare soldi (più difficile per lui non spenderli tutti subito). I due fratelli vivono una situazione familiare delicata, con la madre morta in un incidente stradale e il padre, meccanico dei contrabbandieri conosciuto come Silvan, che pare non pensare troppo a loro. Tutto precipita quando Bruno, un criminale in passato legato a Silvan, viene liberato dopo sei anni di carcere. Seguendo gli ordini di un capo misterioso, Bruno s’impegna a organizzare un gruppo che estrometta i napoletani dal controllo delle sigarette di contrabbando sulla Puglia. È l’alba della Sacra Corona Unita. Bruno tenta invano di coinvolgere Silvan nel progetto, poi avvicina Carmine e Teo e li usa come un’arma di ricatto contro il padre. Andrea Martina scrive un romanzo che va veloce ed emoziona, un noir a Sud tra violenza e speranza.
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Il noir non ha sempre bisogno di colpevoli, di indagini, di poliziotti, di investigatori ecc …, il noir è strumento importante per prendere in esame fenomeni sociali che spesso e volentieri passano in secondo piano; conoscere e capire attraverso un libro, un noir. A mio modesto avviso, “ FURIA “ di Andrea Martina rientra, a pieno titolo, in quanto ho scritto. Un noir con la sua ambientazione, con il suo contesto. Puglia, Brindisi. Le gare automobilistiche ufficiali che divengono notturne, ma soprattutto clandestine che vedono, in Carmine, la vita che cambia di prospettiva e la pallacanestro. Sì, la Pallacanestro che divide in due una città già divisa, la pallacanestro come una malattia. Pallacanestro che non è altro che la forma di riscatto possibile e per questo da prenderla in considerazione positivamente.  Da una parte ASSI ( Associazione Sportiva Socialisti Italiani ) Brindisi, a cui fanno riferimento: figli di operai del petrolchimico, pescatori, contrabbandieri ecc … e la Libertas/Pallacanestro Brindisi, riferimento di coloro che hanno simpatie, e non solo, con l’allora Democrazia Cristiana. Brindisi, una città dove regna la disoccupazione e quindi, un posto di lavoro al Petrolchimico, è quanto mai ambito, nonostante sia un’industria di morte, e tutte le generazioni che crescono in quella città hanno il proprio destino di crescita istruttiva già scritto: tutti all’Istituto Tecnico Industriale per un diploma di perito che sia porta d’accesso verso quel dannato posto; c’è sempre un’ alternativa a tutto questo: il contrabbando, la strada. Strada, che non è certamente quella nella quale si regola la viabilità, che nonostante le promesse rimarrà piena di buche, strada che è metro di misura del vivere quotidiano. E se cresci in questi luoghi, non puoi entrare in contatto con il traffico di “ stemma mercedes “, con il cosiddetto cavallo di ritorno. Controllo del territorio, altro che contrabbando: napoletani, calabresi, brindisini e mafiosi balcanici con i conseguenti traffici. Alleanze che nascono e muoiono a seconda degli interessi da salvaguardare, in questo caso è il contrabbando, con la sua morale e la propria autonomia rispetto a guerre imposte, che è ambito. Controllo del territorio che fa maturare il progetto di dar vita a ciò che sarà la Sacra Corona Unita. Un controllo del territorio che inevitabilmente porterà allo scontro sia in carcere che fuori. Ma se prendi in considerazione la Puglia, non puoi fare a meno di parlare del super carcere di Trani, dell’uso della forza da parte delle forze dell’ordine incapaci di relazionarsi con il contesto sociale con il quale devono rapportarsi e del ruolo che il genere femminile riveste nelle famiglie: donna, vedova, con figlio tossico, quando va bene. Se qualcuno si aspetta un finale, a lieto fine assolutamente no, non lo troverete. Troverete una dura ricostruzione di un mondo che il quale non si vorrebbe avere a che fare,con il quale invece è importante farci i conti.

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