Eredi Piedivico e famiglia
Tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento, la saga, senza eccessi, di un’inquieta famiglia lombarda. Una storia divertente e amara che infine, come una fiaba, apre il cuore alla speranza. «La pianura è sorella del lago. Per questo ne ho subito il fascino ancor prima di conoscerla, quando leggevo i racconti di Guareschi» (Andrea Vitali). Oreste Piedivico, classe 1901, veterinario di Manerbio, provincia di Brescia, è ben visto da tutti nella zona della Bassa che è la sua condotta. Sempre disponibile, sempre pronto a sfrecciare sulla sua Benelli per visitare un mulo e far nascere un vitello, o magari un bambino. È anche un buon partito, e quando decide che non vuol più essere signorino, trova subito moglie: la Lidovina, figlia unica di un allevatore. Il matrimonio, però, si rivela più complesso del previsto. Lui non è mai stato tipo da relazioni fisse, e anche se si impegna, nei panni del marito è un po’ impacciato. Mentre lei, in quelli della moglie, è proprio spaesata. Oreste accoglie la vita senza farsi troppe domande, Lidovina non smette mai di rimuginare. Sono diversi, e ancor più diversi saranno i loro eredi. Proprio questi, anni dopo, scopriranno una semplice verità: non c’è bisogno di assomigliarsi per volersi bene.
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Le saghe familiari sono da sempre una mia passione, mi piace conoscere un personaggio e seguire nel tempo la linea delle discendenze frutto delle sue scelte spesso sconsiderate, ma avventurose. Mi appassionano anche i drammi, vivo con trepidazioni le mille peripezie, le disgrazie, le perdite e le grandi conquiste che la famiglia subisce negli anni. D’altronde intrattenere il lettore con una storia che cavalca i decenni mica è cosa semplice, bisognerà abbondare con le sorprese, no?

Andrea Vitali ci dimostra l’esatto contrario con il suo nuovo romanzo Eredi Piedivico e famiglia, raccontandoci le vicende di una famiglia piemontese tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento. Una vita modesta senza eccessi e senza gloria, pacata e fatta di piccole cose, un focolare da curare, oneri da rispettare, figli da crescere e desideri da far tacere per non interrompere l’imperturbabile regolarità di un’esistenza onesta e senza fronzoli.

Oreste Piedivico è un giovane veterinario di Manerbio, paesino in provincia di Brescia. Veterinario per passione, benché il padre, facoltoso notaio desideri per il figlio una carriera nel settore legale a continuazione di una tradizione familiare. Oreste è stato coraggioso e ha seguito la sua vocazione: in sella a una moto Benelli di terza mano, gira per le campagne e per le fattorie a curar bestie, far nascere vitelli e castrare cavalli. Sarebbe ora di prendere moglie, e l’incontro giusto arriva come un fulmine a ciel sereno… galeotta, proprio l’offesa virilità di un equino della cascina di Erio Anzibene, vedovo e con una bella figliola in età da marito, la Lidovina. Questo matrimonio s’ha da fare e la ragazza accetta ben volentieri la proposta del pretendente, l’alternativa sarebbe la vita di campagna accanto al fedelissimo e innamorato Ottaviano Pendoli che da mesi spera di portarla all’altare. Moglie di un medico in una casa agiata o di un fattore che le promette terra e sudore? La scelta non è poi così difficile e inaspettatamente l’unione funziona tanto che arriva il primo figlio, Felicino. Ma “Del doman non v’è certezza” e per la famiglia Piedivico ed eredi la strada non è certo costellata di spensieratezza.

Quarant’anni di cambiamenti, a volte funesti, altre benevoli, vissuti con contegno e senza melodrammi, la pacatezza della narrazione accompagna pacifica l’animo dei protagonisti forse inclini fino all’inverosimile alla rassegnazione, all’accettazione quasi passiva degli avvenimenti ai quali non si limitano a sopravvivere: ognuno si adatta trovando nel mutamento la propria serenità.

La scrittura di Andrea Vitali è la forza trainante di ogni romanzo, divertente, giocosa e spietatamente sincera. I nomi dei personaggi sono sempre uno spasso: dal Felicino alla Versalia (la tata tuttofare della casa) tutti concorrono a dare colore alla grande tela che l’autore espone per i suoi lettori. Un dipinto variegato e sempre armonico, lo ammiriamo con garbo per poi accorgerci che il pensiero torna sui dettagli, ricorda le sfumature e siamo semplicemente felici.

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