Recensione a cura di Emanuela Di Matteo
Il punto di forza dello scrittore americano James Ellroy non è tanto in quello che racconta ma nel suo modo di raccontarlo. Nato a Los Angeles nel 1948 Ellroy è conosciuto come il maestro del genere noir, nel quale un’indagine per omicidio diventa teatro di atmosfere cupe, ambigue, inquietanti, ossessive, dove si muovono poliziotti, malviventi e sempre, misteriose figure femminili. Nel suo ultimo romanzo, “Cronaca Nera” in poco più di cento pagine di omicidi ne vengono descritti due, entrambi autentici fatti di cronaca che hanno segnato l’America. Narrato in prima persona dal detective incaricato di risolvere i casi, il romanzo è caratterizzato dallo stile inconfondibile dello scrittore: asciutto, secco, brutale, infarcito di allusioni sessuali e in perenne corsa. Lo scrittore ha affermato che gli interessa il crimine e ama vivere nel passato. Infatti con cura minuziosa ha ricostruito, attraverso verbali di interrogatorio e testimonianze, l’assassinio brutale di due career girls, due giovani e belle ragazze americane in carriera, di buona famiglia e con tutta la vita davanti. Era il 1963, si sarebbero sposate e bene, socialmente parlando, vivevano in un quartiere elegante, Mahatthan. Invece sono state ritrovate a casa propria, con braccia e gambe legate, pugnalate da coltelli da carne e bottigliette di pepsi, violentate. Gli uomini del New York Police Department indagano, come fossero un solo uomo. Ed infatti si tratta di Ellroy, che vuole dare un volto e un nome al male che c’è là fuori. E’ sempre Ellroy, che si è preso una cotta per le ragazze e vuole giustizia. Lo scrittore, da bambino, visse la perdita della giovane madre, uccisa brutalmente da un misterioso omicida, per la strada. Non sarebbe mai più rientrata a casa. Il tema della perdita, inspiegabile, di una donna, che non si conosce del tutto – Elloy aveva appena 10 anni – eppure si ama, è ricorso spesso nei suoi lavori. Basti pensare al bellissimo Dalia Nera, anch’esso tratto da un reale fatto di cronaca che sconvolse l’America alla fine degli anni 40. Il lavoro del detective è uno scavo nel passato della vittima, nel tentativo di riavvolgere il tempo, indagare la psicologia della scomparsa, il suo carattere e naturalmente la rete delle sue frequentazioni. Si potrebbe dire che Ellroy abbia trovato nelle indagini sul crimine, un modo per esorcizzare una paura antica. Quella frenesia disperata, quella corsa contro il tempo, che sfugge, cancella impronte e tracce, fa sparire i testimoni, si avverte anche nei suoi romanzi ed in particolare in Cronaca Nera. L’ansia di trovare un colpevole è tale che viene messo dentro un innocente che, guarda caso, è nero e guarda caso, proprio nei giorni della grande marcia per i diritti civili che attraversa le strade di Washington, quando Martin Luther King pronuncia al mondo: «I have a dream». Quando l’uomo alla fine sarà scagionato, verrà anche abolita la pena di morte nello Stato di New York. L’omicidio dell’attore Sal Mineo nel 1976, offre allo scrittore l’occasione di raccontare una frazione d’America. L’attore è omosessuale, reso famoso grazie a un piccolo ruolo in Gioventù Bruciata, nel quale affiancava James Dean, ma vive di espedienti, spaccia, è sempre senza un soldo. La sua morte brutale sembra una predestinazione, la maledizione del film. Ma anche lui avrà la sua giustizia, grazie a indagini serratissime, che non dimenticano nessun dettaglio, e a un colpo di fortuna dell’ultimo momento. Gli uomini si affannano, cercano, interrogano, lottano contro il tempo, ma è sempre il destino alla fine, secondo James Ellroy, ad avere ultima parola.