Così crudele è la fine
In una Roma attraversata da omicidi silenziosi ed enigmatici, che gettano una luce nera sulla città, il commissario Mancini per la prima volta dopo molto tempo accoglie la sfida con nuova determinazione. Perché ora Enrico Mancini non è più l’ombra di se stesso: supportato dalla psichiatra della polizia che l’ha in cura, e affiancato dalla fedele squadra di sempre, si lancia alla ricerca di indizi che gli permettano di elaborare il profilo del killer. Costretto a rincorrere l’assassino passo dopo passo, vittima dopo vittima, tra i vicoli e le rovine della Roma più antica e segreta, il commissario capisce ben presto che il killer è anomalo, sfuggente come un riflesso. E in un gioco di specchi tra presente e passato, tra realtà e illusione, la posta finale non è solo l’identità del serial killer, ma quella dello stesso Mancini.
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Recensione a cura di Dario Brunetti

Così crudele è la fine è il terzo romanzo della trilogia dedicata al poliziotto Enrico Mancini, ritorna quindi Mirko Zilahy che ci regala un’altra inquietante storia, carica di tensione e di quel giusto pathos che lo scrittore ci ha già abituato anche nei precedenti scritti.

In questa terza avventura ritroveremo un Mancini malinconico e stanco, la precedente indagine l’ha consumato e svuotato tanto da ricorrere da una psichiatra che lo tiene in cura.

Gli altri personaggi della squadra sono costretti a dargli un supporto maggiore per cercare di scoprire cosa si nasconde nel cuore della notte, dove tra le antiche rovine di una Roma sempre più enigmatica, un camaleontico serial killer agisce nell’oscurità e nel silenzio più assoluto apparendo come un’entità astratta.

Un thriller dove la tensione non manca, e i delitti non nascondono la loro efferatezza e appaiono al lettore come dei flash, ma Zilahy si focalizza maggiormente su due temi fondamentali l’identità e l’esistenza.

I personaggi si trovano di fronte al loro specchio e a mettere in risalto il proprio io, per poi precipitare negli abissi dell’oscurità.

Un romanzo strutturalmente complesso ma scritto con la giusta sagacia che contraddistingue il buon Zilahy dove i suoi protagonisti dovranno districarsi in un gioco di specchi per ritrovare la loro identità perduta.

Intelligente anche l’idea di utilizzare gli scavi romani e gli strati di quella parte archeologica come luogo dove vengono messi in scena i delitti che ne fanno del killer, una figura inafferrabile.

Sarà molto probabilmente l’ultimo romanzo della trilogia dedicata a Mancini, ma anche questa volta l’autore, grazie ad un thriller psicologico e oserei dire claustrofobico è riuscito con una scrittura più compassata, ma adrenalinica nel finale a servirci una storia che riesce ad esplorare la mente umana, l’identità e le sue molteplici forme.

Anche il nero emette la sua luce che ci porta attraverso le tenebre, un mondo lontanissimo e quasi sperduto dove la profondità è così netta e trova la sua dimensione, la sua vera forma e consistenza.

Zilahy colpisce ancora ed è riuscito a stupirci per la terza volta !!

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