Recensione a cura di Dario Brunetti
Come luna per le maree è il nuovo romanzo dell’autore genovese Vincenzo Galati edito per la Oakmond Publishing.
Ritorna l’ex poliziotto Ghigo Rodero, diventato ormai un investigatore privato, accetta pochi casi e trascorre il tempo nel bar Moretti, l’unico che gli fa ancora credito.
Dodero è seduto a un tavolo a sorseggiare del whisky, quando si palesa davanti a lui, un signore anziano. Si tratta di Francesco Corsini, presidente della compagnia assicurativa International Lloyds di Milano; l’uomo gli mostra la foto di sua nipote Camilla, una graziosa ragazza che ha perso la vita in circostanze misteriose e propone all’ex poliziotto di essere ingaggiato per scoprire chi l’ha uccisa.
Camilla era farmacodipendente e in cura alla Comunità, un centro di recupero sulla Riviera di Levante gestita da Jonas Da Rold, un arrogante quanto presuntuoso guru che riesce ad avere un controllo totale sui suoi assistiti.
Un’indagine complessa e scomoda per Ghigo Rodero che dovrà insediarsi in questo centro di recupero per cercare di ricostruire gli ultimi attimi di vita della giovane.
Il protagonista troverà diffidenza e avversità da parte di molti personaggi della Comunità soprattutto dell’infimo Jonas Da Rold, ma cercherà di non demordere, proprio perché sentirà quel desiderio di dare giustizia a una vittima innocente.
Dodero è sempre piuttosto restio nell’accettare dei casi, ma questa indagine ha qualcosa di particolare che lo spinge ad andare oltre, perché vede in Da Rold, una forza prevaricatrice che mira a lucrare sui più deboli e se vi è un caso di omicidio, l’ex poliziotto è spinto ulteriormente dalla spasmodica voglia di ricostruire i fatti, per restituire alla vittima rispetto e dignità.
Un giallo strutturalmente ben congegnato con dei personaggi tratteggiati alla perfezione dal Galati, che per alleggerirne i toni si serve di una sottile ironia (non passata inosservata già nei precedenti romanzi) che ne diventa un punto di forza nel quale riesce a contraddistinguersi.
Questo romanzo non è solo un giallo dove si miscelano mistero e ironia, ma ha una storia forte dai contorni torbidi capace di offrire delle interessanti chiavi di lettura.
Il potere del denaro esercitato sugli oppressi ne diventa fonte di guadagno diventando una forma di dittatura per menzionare un saggio di Vittorino Andreoli uscito quest’anno per Solferino editore, in cui lo psichiatra mette in evidenza come il denaro se esce dalla sua dimensione di strumento, genera egocentrismo e maniacalità che porta a qualcosa di compulsivo.
Se una storia così ben scritta è capace di poter dare degli spunti di riflessione, vuol dire che l’autore è riuscito ad andare oltre le attese, grazie a una prova decisamente maiuscola che non relega il giallo solo a un genere di spensierato intrattenimento, ma a qualcosa di più rilevante ed efficace che va a vantaggio della sua stessa qualità.
Buona lettura!