Il male che fa bene
Trent’anni di fuga da tutto – da una condanna, da se stesso, dalle responsabilità verso gli altri – per diventare un mercenario, un avventuriero senza etica. Ma l’incontro con una ragazza rapita dall’Isis riporta alla luce il rimorso per tutto il male fatto: non un amore, ma la speranza di un’impossibile redenzione. Un’odissea individualistica che, tra la Milano degli anni Settanta e quella del terzo millennio, tocca il deserto siriano, le rovine della guerra civile, i palazzi di cristallo di Beirut, i vicoli di Istanbul, il centro storico di Brescia, l’India. Un’avventura mozzafiato e sorprendente.
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RECENSIONE a cura di Edoardo Todaro

Essendo  rimasto colpito, positivamente, nel leggere “ IO NON SONO COME VOI “ e “ ROSSO NOIR “ mi sono dedicato a  “ IL MALE CHE FA BENE “. Si parte con una rapina alle poste nel 1979 a Milano, una rapina messa in atto da quei tanti che in quel periodo appartenevano alle realtà sociali e politiche che emergevano dalle proteste presenti nel territorio. Banditi politici che poco si differenziavano dalle cosiddette batterie di rapinatori che imperversavano, tra uffici postali, gioiellerie ecc….  e quant’altro fosse portatore di reddito, in particolare nel nord Italia.La rapina non va a buon fine producendo conseguenze a cascata su Fausto: dall’amico/compagno che c’ha lasciato la propria vita al collettivo politico che lo scarica ed, ovviamente,all’essere ricercato da polizia e carabinieri. Fausto sceglie di lasciare tutto questo e lo ritroviamo a Beirut. Una città che vede le appartenenze di parte, dai falangisti ai drusi, dagli sciti ai maroniti; ai sunniti ecc…. essere elemento centrale delle divisioni. Quanto leggiamo ci porta  a conoscere un mondo che anche una convenzione delle Nazioni Unite ha vietato e cioè il mondo dei mercenari, sempre più utilizzati negli attuali conflitti. Mercenari che non sono assolutamente, nonostante siamo portati a crederlo, i moderni contractor. Mercenari che si attengono alla lettera a ciò che prescrive il manuale del buon mercenario: calma e senza correre, ma soprattutto seguire attentamente alcune modalità importanti per quella particolare attività: attacco, irruzione; bonifica; stabilizzazione. Tra finzione e realtà ci viene descritto un lavoro che non è certamente tra i settori in crisi, tutt’altro. Nel divenire mercenario, Fausto diviene Frank seguendo un principio base: non rimpiangere nulla del proprio passato sentendosi appagato di ciò che si è vissuto. Grazie a quanto scritto, e letto, oltre alla questione mercenari/contractor; troviamo una sintesi importante ed esplicativa di ciò che è l’ ISIS, sintesi che potrebbe benissimo essere letta da altre parti, in altri documenti ed analisi; ad esempio, perché no ad esempio sulla rivista LIMES ecc. Le fonti di reddito e di rendita finanziaria dal commercio clandestino di armi al traffico di esseri umani ridotti in schiavitù, dal contrabbando di reperti archeologici al mercato nero delle risorse petrolifere al traffico di droga; perché come detto in passato, “ L’ISIS è roba nostra che ci è sfuggita di mano”. Le contraddizioni esistenti nel sostenersi con fonti di reddito espressamente messe al bando da un interpretazione, rigida, della sharia. Beirut,la capitale globalizzata, commerciale e finanziaria, con  il socialismo islamico antisionista e scita degli Hezbollah, ma non solo; il deserto siriano con il progetto del confederalismo democratico insediatosi nell’utopia del Rojava; Istambul, nella quale è opportuno restarci il meno possibile; impossibile da rapportarsi alla sua ambiguità ed ipocrisia. Città che si susseguono l’una con l’altra, come del resto le identità di Fausto/Frank, ora Filippo che fa i conti con i ricordi della propria militanza che affiorano, che non disdegna il farsi la doccia non tanto per igiene ma piuttosto come momento per tirare le somme, per decidere i programmi, cioè per fare il punto della situazione e lubrificare i pensieri, che desidera emigrare verso luoghi che permettano relazioni umane semplici. Ma non è solo Fausto/Frank/Filippo ad essere il protagonista di queste pagine, che dire di Leyla?La bambina trovata e “ salvata “, iI suo mutismo; il dolore che ha vissuto e che ha dentro; sveglia ed ingenua, più la prima che la seconda; con le sue attenzioni letterarie per i romanzi storici, che ha qualcosa di sbagliato Il ritorno in Italia, che ci fa vedere le città che cambiano sotto i colpi degli sconvolgimenti sociali con la cosiddetta riqualificazione urbana che mette tutto al servizio dell’interesse economico, questo addirittura a Brescia nella quale abitudini, socialità e rapporti si modificano e dalla tradizionale bettola si passa ai cosiddetti locali a tema. Se abbiamo detto che quanto scritto, e letto, a proposito dell’ISIS sarebbe ritrovabile in altri testi, che dire allora degli accenni di geopolitica rispetto alla GUERRA FREDDA che nonostante gli avvenimenti che la mettono in discussione, continua;oppure  sul cos’è la guerra che individua nel nemico “ la risultante di una moltitudine di forze che agiscono in rapporto dialettico ma soprattutto il conflitto a bassa intensità ed asimmetrico, per dirla come i generali maggiori dell’aeronautica cinese, tra produttori di sostanze chimiche adibite agli effetti emozionali del genere umano ed i narcotrafficanti del triangolo d’oro. Pensate che “ Il male che fa bene “ non sia un noir, a mio avviso lo scoperchiare la realtà oggettiva con la quale facciamo i conti, invece lo inserisce a pieno titolo unendo un intrigo internazionale con una vissuta con il male che fa bene .

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