Intervista a cura di Vienna Rao
Abbiamo il piacere di incontrare per Giallo e cucina Franco Limardi, in libreria con “La porta del buio”: intanto grazie per aver accettato l’intervista del nostro blog.
Grazie a te Vienna e a Giallo e Cucina per l’ospitalità.
Ne “La porta del buio” Giorgio Brentani è la figura centrale del romanzo. Quali pensi siano i pregi e difetti del protagonista.
Chissà se Giorgio Brentani ha più pregi o più difetti? In realtà devo pensarci con attenzione, anche perché al personaggio che ho immaginato, si sommano le impressioni, le idee che mi ritornano dai lettori e che mi svelano lati del carattere di Brentani che non conoscevo. Diciamo che Brentani ha un profondo senso della giustizia, compie fino in fondo il proprio dovere ma è anche dotato di una forte umanità; è un uomo leale e onora i propri debiti. Ha senso dell’umorismo ed è sicuramente intelligente e proprio per questo è consapevole dei propri limiti. I suoi difetti sono forse i suoi pregi visti da un altro punto di vista: è ostinato, a volte testardo; talvolta è troppo rigido e corre il rischio di dover, metaforicamente, sfondare porte che più facilmente potrebbe aprire con un po’ di diplomazia. Nella vita privata la sua intelligenza, la sua acutezza, non sempre lo assistono o forse, se è un po’ impacciato con le figure femminili, dipende da una dimestichezza che ha perduto, anche a causa di una vicenda drammatica che ha segnato il suo recente passato.
Giorgio Brentani dimostra ampliamente le sue capacità come indagatore. Potrebbe essere il personaggio ideale per una serie?
Se parliamo di una serie di romanzi, diciamo allora che Brentani si è conquistato un posto in prima fila nei miei progetti di lavoro, nel senso che ho in mente una nuova vicenda che lo potrebbe vedere come protagonista; peraltro questa sarebbe una novità assoluta, visto che fino a “La porta del buio” i miei romanzi non hanno avuto protagonisti “seriali”, tranne che in un caso, dove un personaggio è stato presente in due romanzi, anche se non con un ruolo principale. Se parliamo di una serie televisiva… bisognerebbe che i produttori di qualche rete ascoltassero i lettori che hanno già letto il romanzo e che più volte mi hanno detto: “Ma lo sa che ci vedo proprio bene una serie TV?”
Nel libro viene menzionato l’orfanotrofio, elemento cruciale. Hai preso spunto da fatti realmente accaduti oppure è una scelta del tutto casuale?
No, non ho preso spunto da fatti realmente accaduti, ma quelli che ho narrato potrebbero essere plausibili. Un orfanotrofio poi, come altri luoghi particolari come ospedali psichiatrici, carceri, case dall’architettura e dalla storia fuori dal comune, così come luoghi naturali dal forte impatto emotivo, esercitano sempre un grande fascino e sono una fonte di ispirazione per un narratore e per una vicenda, soprattutto se di genere come un thriller.
Durante la scrittura del tuo ultimo libro, c’è stato un luogo particolare fonte d’ispirazione?
Mi ricollego proprio alla domanda precedente; nelle immediate vicinanze di Viterbo, la città dove vivo e lavoro, c’era una vecchia villa che credo fosse risalente al Settecento o all’Ottocento. Una facciata imponente con delle finestre alte, dai vetri piombati, un piccolo parco attorno, tagliato da un breve vialetto che portava dall’ingresso della villa fino al cancello, alto e in ferro battuto annerito dal tempo, che si affacciava sulla strada. Ovviamente la villa era disabitata e correvano voci su cosa accadesse di notte in quelle stanze deserte… purtroppo ora la villa non c’è più, è stata abbattuta e al suo posto è sorta una modernissima palazzina eco-autosufficiente, peccato. Ovviamente la villa è stata l’ispirazione per l’orfanotrofio.
A bruciapelo ci sapresti dare tre motivi validi per leggere “La porta del buio”?
È un thriller che rispetta i canoni del genere ma propone elementi di novità nell’intreccio e nelle ambientazioni; c’è un giusto dosaggio di indagine, azione e suspense; i personaggi sono accattivanti e simpatici… i buoni, terribilmente malefici i cattivi…
Stai già lavorando sul tuo prossimo libro?
Ho diversi progetti in mente e per ognuno sono ancora nella fase di documentazione. Cerco di portare avanti le diverse idee e poi, nel momento in cui una di esse comincerà a crescere, a lievitare, tanto per usare una metafora culinaria, allora mi concentrerò su quella e comincerò a scrivere.
Hai un modus operandi per la stesura di un libro o sei istintivo?
Sono sicuramente legato ad un metodo. Dicevo nella risposta precedente che faccio sempre un lavoro di documentazione che talvolta è veramente minuzioso, come è accaduto quando preparavo il mio romanzo precedente “Il bacio del brigante”, un romanzo storico per il quale ho svolto una serie di ricerche estremamente approfondite. Devo essere sicuro che i posti che descrivo, gli oggetti che i miei personaggi usano, le strade che percorrono, siano veri o verosimili, perché mi piace che i lettori sentano il sapore della realtà nelle mie pagine e perché, da lettore, l’approssimazione mi ha sempre dato una sensazione spiacevole.
Quali sono le letture preferite di Franco Limardi? E inoltre ci sapresti indicare uno scrittore italiano e uno straniero che al giorno d’oggi consiglieresti ad un lettore?
Sono un lettore disordinatissimo e leggo di tutto, soprattutto narrativa, ma anche saggistica e poesia, seguendo le indicazioni della mia curiosità o le suggestioni che possono arrivarmi da blog, articoli o semplicemente chiacchierando con amici e colleghi. Uno scrittore straniero che mi sento di consigliare… non è facile… va bene, indico un autore americano che amo particolarmente e che, ogni anno, mi auguro vinca il premio Nobel, si tratta di Cormack McCarthy. Un autore italiano… scelta ancora più difficile, mi vengono in mente tanti nomi e non vorrei far torto a nessuno. Mi rifugio in un classico e indico Cesare Pavese, per la sua capacità di descrivere la psicologia dei personaggi attraverso le loro azioni.
Sei un professore di lettere quindi la scrittura e lo stile narrativo sono gli elementi fondamentali per elaborare un buon romanzo, che suggerimento daresti ad un giovane che vuole diventare un futuro scrittore? Sei d’accordo sul concetto che se uno vuole scrivere bene deve partire dai classici nonché dai padri della letteratura italiana e straniera?
So di dire una banalità, forse è un suggerimento scontato, ma è sicuramente vero che per poter scrivere bisogna prima aver letto e poi continuare a leggere, anche quando sei diventato un narratore; è evidente quindi che è necessario leggere i classici italiani e stranieri, magari privilegiando gli autori dell’Ottocento e del Novecento, perché nelle loro pagine ci sono ottime lezioni di scrittura creativa, perché analizzando i capitoli dei loro romanzi, s’impara a usare tutti gli strumenti della narrazione, a organizzare un plot narrativo, a dare “tridimensionalità” ai personaggi, insomma a scrivere al proprio meglio una storia.
Come da tradizione, per il nostro blog Giallo e Cucina, chiediamo all’autore il suo piatto preferito.
Domanda difficilissima, per ogni portata potrei indicare almeno cinque piatti di cui sono ghiotto… facciamo così, scelgo un piatto della mia infanzia che preparava mia madre bergamasca d.o.c.: i casoncelli o come li chiama lei i casonsèi, con burro fuso, parmigiano e salvia.
Grazie per il prezioso tempo che ci hai dedicato ed in conclusione ci teniamo a chiederti: qual è la tua citazione preferita?
Grazie ancora a te e a Giallo e Cucina per avermi ospitato. La mia citazione preferita è una citazione teatrale, fa riferimento ad un personaggio straordinario creato da Shakespeare che ancora oggi può ispirare un autore di romanzi gialli o thriller, si tratta del personaggio di Macbeth e della conclusione del monologo che pronuncia dopo la morte di sua moglie Lady Macbeth; la frase è più o meno questa: “Spegniti, spegniti breve candela. La vita non è che un’ombra che cammina, un povero attore che si agita e si pavoneggia sulla scena per un’ora per poi scomparire. È una favola raccontata da un idiota, piena di urla e furore e non significa nulla.”