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Palato da Detective

#10 – DA CHEF S’INDAGA MEGLIO. Al ristorante o in agenzia investigativa?
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Alzi la mano chi ha il coraggio di negare che gli chef, stellati o meno, telegenici in varia misura, amichevoli o marziali, sono i nuovi divi dei nostri giorni. Dalle loro ipertecnologiche cucine, dagli schermi televisivi o dalle pagine patinate dei rotocalchi dispensano ai comuni mortali imperativi categorici su qualità, quantità e preparazione del nostro cibo quotidiano. La loro parola è legge e noi, in riverente branco, corriamo a farci rapinare nei loro sacri templi.

Fioriscono sempre nuove filosofie nutritive, che si affiancano ai precetti alimentari di molte religioni. E, anche se presso numerose culture cibi particolari sono associati al rito della commemorazione dei defunti, è comunque universalmente riconosciuto il ruolo insostituibile del cibo nello scacciare l’idea della morte e dunque il suo valore consolatorio.

Sarà per queste ragioni che, da qualche anno, gli chef sono diventati protagonisti anche della scena narrativa e cinematografica? L’estensione del fenomeno parrebbe confermare l’ipotesi, almeno per quanto riguarda il genere light crime, ovvero il racconto d’indagine che si apre spesso al sorriso.

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Fig.1 – Fritz Brenner e Pepe Carvalho

La mente corre subito a due tra i più celebri protagonisti di carta: Fritz Brenner di Rex Stout e Pepe Carvalho di Manuel Vàszquez Montalbàn (Fig.1 – Fritz Brenner e Pepe Carvalho).  Il primo è il cuoco svizzero di Nero Wolfe, con i suoi stravaganti cimeli – 294 libri di cucina, conservati nella sua stanza, insieme a una stoviglia appartenuta  al cuoco di Giulio Cesare, ai busti di Escoffier e Brillat-Savarin e alla testa di un cinghiale selvatico da lui cacciato nei Vosgi – e l’indomito coraggio nel tener testa al suo padrone, nelle loro pepate e irresistibili discussioni sugli ingredienti di alcune ricette. Fritz però, per quanto personaggio di primo piano nella saga creata da Rex Stout e presente fin da La traccia del serpente del 1934, è un cuoco professionista ma non ha mansioni investigative.

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Fig.2 – Chef/detective al cinema e in TV

Pepe Carvalho d’altronde, che compare per la prima volta nel romanzo Tatuaggio del 1976, è sì un investigatore privato ma, per quanto appassionato di cucina, non è uno chef.

Chef di rango invece, nel doppio ruolo di cuochi e investigatori, affollano da anni il grande e il piccolo schermo (Fig.2 – Chef/detective al cinema e in TV). A partire dal cinema e da quel gustoso e dissacrante Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d’Europa (Ted Kotcheff, 1978), per poi proseguire in televisione con: la serie britannica Pie in the sky, andata in onda su BBC1 tra il marzo 1994 e l’agosto 1997, in cui l’ispettore di polizia Henry Crabbe realizza il sogno di ritirarsi dal servizio attivo per aprire un ristorante di buona cucina inglese, il Pie in the sky appunto che dà il titolo alla serie, e divenirne lo chef; la serie italiana I Delitti del cuoco, trasmessa da Canale 5 nel 2010 e interpretata da Bud Spencer nel ruolo di Rosario, l’ex commissario dell’Isola di Ischia, che dopo la pensione apre un ristorante e lo gestisce con vecchie e discutibili conoscenze incontrate nella sua vita di poliziotto; la serie statunitense Gourmet detective, andata in onda tra il 2017 e il 2018 su Paramount Channel,  nella quale l’affascinante consulente culinario Henry Ross affianca la detective Maggie Prince nella risoluzione di misteriosi omicidi avvenuti nella cucina di un ristorante stellato di San Francisco.

Non si contano poi gli chef detective della nostra narrativa di genere (Fig.3 – Chef/detective italiani). A partire da Marco Malvaldi (Odore di chiuso, Sellerio, 2011) che spedisce in Maremma, nel castello del barone Bonaiuti, niente meno che il gastronomo Pellegrino Artusi, costretto a indagare sull’omicidio del maggiordomo Teodoro, una vera seccatura che rischia di fargli saltare i pasti. E lo stesso storico gastronomo è fonte d’ispirazione anche per i ventuno autori di Misteri e manicaretti con Pellegrino Artusi (Edizioni del Loggione, 2018), che lo hanno parimenti immaginato  nelle vesti di detective. Si prosegue poi con Luca Iaccarino, giornalista e critico enogastronomico, che nel suo Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi di Torino (EDT, 2017) regala il ruolo di investigatore al più grande cuoco del pianeta e, facendo il verso al già citato film di Ted Kotcheff e all’indimenticata Donna della domenica di Fruttero e Lucentini, inscena esilaranti delitti nei più celebri ristoranti del capoluogo piemontese.  Non vanno altresì dimenticati: Giordano Minoli, nella vita apprezzato chef dell’Hotel Brescia di Boario Terme, e il suo alter ego letterario Giordy, titolare di un locale milanese e protagonista di ben due indagini (Intrighi e ricette, Ske

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Fig.3 – Chef/detective italiani

na, 2013; Le coccinelle dal bacio assassino, Albatros, 2015); Umberto Cutolo, giornalista, e la sua trilogia edita da Clichy I delitti della scogliera (Omicidi all’acqua pazza, 2017; La scapece assassina, 2018; Capitoni coraggiosi, 2019), dove a indagare è Omero Squaglia, lo chef dell’Hotel Furore, sulla Costiera Amalfitana, che detesta gli chef stellati e i turisti d’assalto e ama i piatti della tradizione;  Filippo Venturi, patron della storica trattoria La Montanara di Bologna, e autore de Il tortellino muore nel brodo (Mondadori, 2018) nel quale lo chef Emilio Zucchini, proprietario de La vecchia Bologna, trae nefasti auspici da una sfoglia che non vuol saperne di assumere la giusta consistenza, presaga infatti del rapimento di una bambina e di atri sciagurati eventi che egli dovrà dipanare; e, per finire, il giornalista gastronomico Matteo Colombo, autore del recentissimo qb (Unicopli, 2019), a suggerire il familiare “quanto basta” delle ricette ma anche le iniziali di Quinto Botero, lo chef del momento, nel cui esclusivo ristorante Beckett, e precisamente in una cella frigorifera, viene rinvenuto il cadavere di un giovane cuoco di grande talento, ucciso con un colpo di pistola alla nuca.

Non si pensi però che la figura dello chef detective attragga solo i romanzieri italiani, perché non è così e gli esempi d’oltralpe sono illustri (Fig.4 – Chef/detective stranieri). Il campione d’incassi James Patterson, che con i suoi 375 milioni di copie guida da anni le classifiche di vendita mondiali, ha dedicato al tema uno dei suoi bookshot, Killer chef (TEA, 2017), nel quale Caleb Rooney, detective della Omicidi di New Orleans ma anche formidabile chef di street food, insegue un assassino che ha preso di mira i più rinomati ristoranti della città. E che dire di Tom Hillenbrand, celebre giornalista tedesco, che nell’ultimo decennio ha pubblicato le avventure del cuoco lussemburghese Xavier Kieffer, alle prese con delitti ferali che condiscono il pasto di celebri critici gastronomici (Frutto del diavolo, Atmosphere, 2013), cene di stato (Oro rosso, Atmos

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Fig.4 – Chef/detective stranieri

phere, 2015) o fiere estive (L’ultimo raccolto, Atmosphere, 2018)?

Una menzione particolare la merita però Brigitte Glaser, e non solo perché è l’unica – con il nostro Giuseppe Pederiali, cui dedicherò uno dei miei prossimi articoli – ad aver creato una cuoca detective, la rossa e procace Katharina Schweitzer, ma soprattutto perché il personaggio è genuino e di convincente scandaglio psicologico. Pasticciera nell’anima ma chef per ambizione, Katharina lascia la natia Foresta Nera e l’osteria dei genitori, alla conquista del mondo. Riuscirà ad aprire con successo il suo locale, il Giglio bianco a Colonia, a prezzo di innumerevoli sconfitte sentimentali e di un buon numero di cadaveri che incontra sulla sua strada. Dal Baden, a Colonia, all’Alsazia, nelle sei avventure finora pubblicate da Emons in Italia, l’irresistibile cuoca guida con polso fermo una variopinta brigata di cucina, mentre si scontra con crimini di varia natura, spesso d’impatto anche sociale e politico: il cinismo immobiliare, la mafia, il terrorismo, la moria delle api, sacche di mai sopito antagonismo franco-tedesco. Ci descrive, Katharina, e con penna poetica, il natio Baden, “un paesaggio di rigogliosa vitalità, [che ricorda] con la pioggia il verde intenso dell’Irlanda e con il sole la Toscana in primavera” e intanto si prova a imitare l’eccelso Deville nell’arte di fabbricare macaron, tutti uguali, di precisione millimetrica. Occorrerebbe una mano da chirurgo, ma Katharina non può, la sua mente è in subbuglio, persa a elucubrare  su fori di proiettili, ferite e armi da taglio. Non manca però, a ogni nuova avventura, di dividere con noi le sue succulente ricette che ci inducono a rivedere i nostri innumerevoli pregiudizi sulla qualità della cucina tedesca (Fig.5 – Le ricette di Katharina).

#10 - DA CHEF S’INDAGA MEGLIO. Al ristorante o in agenzia investigativa?
Fig.5 – Le ricette di Katharina

 

 

 

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Rex Stout, Nero Wolfe e i ragni d’oro, BEAT, 2015

Manuel Vàzquez Montalbàn, Tatuaggio, Feltrinelli, 2015

Marco Malvaldi, Odore di chiuso, Sellerio, 2011

Autori Vari, Misteri e Manicaretti con Pellegrino Artusi, Edizioni del Loggione, 2018

Luca Iaccarino, Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi di Torino, EDT, 2017

Giordano Minoli: Intrighi e ricette, Skena, 2013; Le coccinelle dal bacio assassino, Albatros, 2015

Umberto Cutolo: Omicidi all’acqua pazza, Clichy, 2017; La scapece assassina, Clichy, 2018; Capitoni coraggiosi, Clichy, 2019

Filippo Venturi, Il tortellino muore nel brodo, Mondadori, 2018

Matteo Colombo, qb, Unicopli, 2019

James Patterson, Killer chef, TEA, 2017

Tom Hillenbrand: Frutto del diavolo, Atmosphere, 2013; Oro rosso, Atmosphere, 2015; L’ultimo raccolto, Atmosphere, 2018

Brigitte Glaser: Delitto al pepe rosa, Emons, 2015; Morte sotto spirito,  Emons, 2016; Assassinio à la carte, Emons, 2017; Miele amaro, Emons, 2018; Buffet al veleno, Emons, 2019;  Crimini al pistacchio, Emons, 2020

 

 

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